Il Cile, al secolo Lorenzo Cilembrini, nasce ad Arezzo nel 1981; fin da piccolo rimane affascinato dalla musica, la composizione e tutto quello che gira intorno. Dopo aver vinto il Festival di San Marino insieme ad una band decide di tentare la carriera solista, e nel 2012 pubblica per Universal Music il suo primo singolo intitolato Cemento armato che ben presto invade le classifiche italiane di airplay e vendite diventando uno tra i successi più suonati dell’anno. Segue un album Siamo morti a vent’anni che verrà successivamente ristampato dopo la partecipazione tra le nuove proposte del Festival di Sanremo con Le parole non servono più che pur non arrivando tra i finalisti, regala all’album un ulteriore e florida permanenza in classifica. Nel frattempo Lorenzo è inarrestabile: dall’esperienza come unico artista italiano in cartellone all’Heineken Jammin Festival, alle “aperture” live dei concerti italiani di Ben Harper e The Cranberries, passando anche per diverse collaborazioni illustri con i big della musica italiana come Negrita e Club Dogo. Noi di All Music Italia l’abbiamo raggiunto telefonicamente per farci raccontare come è nato il suo nuovo lavoro uscito a settembre dal titolo emblematico In Cile veritas, le anticipazioni sul tour in partenza il prossimo 11 dicembre e qualche curiosità per conoscere meglio uno, tra i più promettenti songrwriter della nuova generazione. Vivo, ispirato e sincero ecco a voi Il Cile:
Ciao Lorenzo, innanzitutto grazie per il tempo che hai deciso di dedicarci e per entrare subito nel vivo vorrei chiederti qualche anticipazione sul tour che partirà a breve, farai infatti tappa a Milano l’11 di dicembre..Che tipo di concerto dobbiamo aspettarci? Seguiranno altre date oltre alle già confermate di Milano – Firenze – Roma?
Per adesso ci sono queste. Ci sarà un ritorno elettrico con tutta la band, il tutto ben preparato e ben pre-prodotto. Sarà l’occasione giusta per dare al pubblico una chiave di lettura diversa dell’album appena uscito in una situazione a me quantomai congeniale e piacevole come il live, fatto di volumi più alti, chitarre più potenti e una dimensione ancora più rock alle canzoni che per motivi sull’album risultano più patinate, mentre live tutto diventa più aggressivo e più simile a come l’ho immaginato in fase di composizione.
Con il 2015 arriveranno altre date ma per il momento mi preme concentrarmi su queste che sono importantissime per fare un po’ il resoconto della situazione e del contatto col pubblico in tre città che amo molto.
Parlando di live non posso non fare una piccola digressione temporale sull’Heineken Jammin Festival del 2013 in cui sei stato l’unico artista italiano ad esibirsi, che ricordo hai di quella performance?
L’Heineken Jammin Festival è stata una grande emozione, un’esperienza importante che mi ha fatto scoprire la professionalità estrema e il conseguente prestigio personale, oltre che artistico, soprattutto da parte delle band straniere; i Cure su tutti. Robert Smith, che non è l’ultimo dei frontman non si è fatto problemi a fermarsi a parlare un po’ con noi o a chiacchierare con gli altri dietro al palco. Non di meno, le altre occasioni in cui ho aperto i live di Ben Harper e The Cranberries, artisti internazionali di grande successo che conservano l’umiltà e il rispetto verso la musica, non a caso nei loro paesi, la musica ha un peso molto più importante.
Con gli Italiani invece?
Fortunatamente tutte le volte che ho condiviso il palco con altri artisti ho incontrato sempre delle gran persone dall’altra parte: Ligabue, Jovanotti o i Negrita, che sono per me dei musicisti che stimo oltre che amici. Però a volte capita che incontri un ragazzo uscito da un talent, in un Festival di quelli itineranti, e ti accorgi che magari vive quel contesto con tutta un’altra mentalità, che non va d’accordo con la mia. ma va bene così…
In cile veritas è il tuo nuovo album che io ho recensito e trovato molto diretto E sincero come se fosse venuto fuori tutto insieme, con tutti i pregi e i difetti del caso, ma che lo fanno sembrare vero, sincero e autentico. Che rapporto hai con queste canzoni? Quando sono nate?
Si ho letto! In linea di massima è andata proprio così. Scrivo di getto tutte le mie canzoni; infatti sono rimaste fuori un sacco di cose, che abbracciavano anche tematiche un po’ diverse e non s’inserivano bene in questa tracklist ma credo proprio che diventeranno le fondamenta del terzo disco, che sto già scrivendo, che non partirà come concetto da vicende strettamente personali e interiori. Si proverà a partire dall’esterno e dagli altri per arrivare a raccontare di me. Detto questo sì, questo disco è nato di getto in un’estate anche se qualcosa lo tenevo dal passato e visto che si adattava ai contenuti di cui stavo scrivendo ho deciso di lavoraci su.
Il secondo disco è una prova importante se arriva dopo il grande successo del primo. Quanto ci hai pensato prima di farlo?
In realtà mi è pesata e non mi è pesata. All’inizio ci ho pensato un po’ ma quando poi con il mio produttore, Fabrizio Barbacci, abbiamo individuato quelle che secondo noi erano le “colonne portanti” del disco che volevamo fare, abbiamo abbandonato ogni pensiero ed abbiamo suonato. Diciamo che dopo aver provato Sapevi di me, Liberi di vivere, Parlano di te o Un’altra aurora è svanita ogni ansia da prestazione. Non ho mai avuto il blocco dello scrittore, io scrivo di continuo per me, per altri è qualcosa che mi aiuta a calmarmi, ad annullare i pensieri, e tutto quello che non va in me. E’ capitato a volte che non fossi sicuro di riuscire a canalizzare quel flusso emozionale in una sola canzone. Più quello.
Sei soddisfatto di come è venuto fuori?
Sì. Decisamente
Quale tra le canzoni di un album come questo, così dichiaratamente autobiografico rappresenta di più Lorenzo in veritas; quella che chi ti conosce potrebbe confermare?
La matrice autobiografica è la base di tutti i miei lavori. Se devo scegliere Sapevi di me è il pezzo che più mi rappresenta, così come Cemento armato per l’altro disco. Sono canzoni da cui parte tutto quello che voglio comunicare in quel momento. Dalle inquietudine personali del primo album che era più cupo, alle malinconie più dolci di questi brani che sono racconto di una speranza che c’è e che fa bene.
Liberi di vivere è quasi un inno generazionale. Parli di un “presente precario ed un cuore affamato”.. Che feedback hai da parte del tuo pubblico? Pensi si possa riconoscere nelle tue parole?
Liberi di vivere potrebbe essere il prototipo delle canzoni che saranno nel prossimo album. Racconterò sempre di me, ma stavolta lo farà raccontando anche gli altri in maniera più invasiva. Ho un rapporto molto stretto con chi mi segue, ai concetti, gli instore o anche per strada. Dico sempre che internet è una cosa, la vita reale è un’altra: chi vuole conoscermi veramente deve venire a sentirmi suonare, vedere il mio sudore, aspettarmi alla transenna per scambiare una parola, fare una foto… ecco questa è la vita reale, e queste le persone di cui racconto le storie.
Sei molto gettonato tra i tuoi colleghi: Emma Marrone tra i vari ha più volte dichiarato che le piacerebbe incidere una cover della tua “Cemento armato”.. che ne pensi?
Ne sarei felice, mi fa piacere che ci abbia pensato! La conosco Emma. Ci scriviamo ogni tanto. Lei è una ragazza vera, non so davvero come faccia a gestire una mole di successo come la sua… non deve essere facile. Oltre a essere amata dal pubblico le ci mette testa e crescendo i numeri lo dimostrano, quando le cose si fanno con il cuore. M se nn c’è quella verità nelle canzoni poi sparisci. Chi ce l’ha fatta è rimasto vedi anche Marco Mengoni o Noemi. Tutti gli altri rimangono intrappolati nella palude dell’apparenza e si spengono insieme all’interesse del pubblico.
Ti piacerebbe scrivere per altri artisti?
Volentieri. Quando le cose succedono in maniere naturale e condivisa sono sempre cose buone… mi piace di meno se devo avere però dei filtri e fare i conti con i manager, la produzione e altre cose meno “artistiche”. Ho scritto insieme ai Negrita e sono tornato a farlo per il loro prossimo album, nel frattempo ho incrociato anche il mondo del rap con i Club doto con cui ho collaborato per il brano Tutto ciò che ho, e devo dire che mi sono trovato a mio agio come non avrei immaginato. Se vuoi un nome, Gianna Nannini è sicuramente un artista con cui mi piacerebbe collaborare, la stimo da sempre.
Mettiamo il caso mentre stai scrivendo un brano per Gianna appunto, che con alta probabilità potrebbe arrivare da subito ad un pubblico vastissimo, per le mani ti ritrovi una canzone tanto bella e forte come proprio Cemento armato... Dovendo decidere, preferiresti che fosse un successo garantito e la cederesti oppure preferiresti interpretarla tu, col rischio di poter incontrare qualche limitazione in più per farla arrivare al grande pubblico?
Non saprei. Penso che la mia musica ha uno stampo molto personale. Cemento armato è stata scritta in un una stazione, era una mia storia e non me la immagino cantata da un’altra persona. Se devo lavorare per altri cerco di calarmi in altri panni e cercare di interpretare un po’ aspetti diversi. Poi una bella canzone resta una bella canzone…. Vedi Sono solo parole di Fabrizio Moro che ha cantato Noemi: conosco la versione di Fabrizio e mi mette i brividi, Noemi però ha saputo portarla tanto in alto dove diversamente magari non sarebbe arrivata.
Lo scorso inverno qualcuno invece ha scritto per te, nella colonna sonora della serie già cult “Braccialetti rossi” dove hai cantato un brano scritto da un autore molto tra l’altro molto diverso da te, Niccolò Agliardi, com’è nata questa collaborazione?
Benissimo. Poi io sono uno a cui piace anche sperimentare, e ho trovato nella sua scrittura “più morbida” rispetto alla mia qualcosa che mi rappresentasse. Avevo voglia di fare un’esperienza così, poi il fatto che la serie abbia avuto tanto successo e allo stesso tempo lanciato un messaggio diverso, di speranza al pubblico mi ha convinto definitivamente. Potrebbe benissimo ricapitare, non mi piace sentirmi attaccato ad un’etichetta.
Hai partecipato al Festival di Sanremo nella sezione giovani nel 2013 con Le parole non servono più; non è sei arrivato in finale ma in compenso hai vinto diversi riconoscimenti (Premio Assomusica, Premio Sergio Bardotti) e ristampato il tuo primo album che ha avuto un buon corso in classifica. Hai intenzione di riprovare quest’anno?
Non lo so ancora. Io a dire la verità ho sempre qualche canzone pronta nel cassetto. Una in particolare penso che, volendo, potrebbe essere piuttosto adatta, chissà… lo rifarei volentieri perché calcare quel palco con una mentalità diversa, più sciolto e meno attento a tutto il contorno che mi soffocava, potrebbe essere un’esperienza interessante, certamente più divertente. Penso che vincere possa far piacere a tutti, ma non vivo questa cosa come un’ansia, del resto la storia insegna, e se mai sarà… ben venga!
Lo scorso anno è arrivato addirittura un libro firmato da Il Cile, Ho smesso tutto, una sorta di biografia immaginata di un cantautore alle prese con i problemi e le ansie dell’amore… Da cosa nasce quest’idea? Ci sarà un volume due?
E’ stato un esperimento. Riuscito secondo me. Mi ha contattata la mia casa editrice che aveva interesse al mio stile di scrittura, ne abbiamo parlato, io volevo fare un’opera per nulla formale, totalmente avulsa da qualsiasi pretesa intellettuale, dissacrante sulla vita del cantautore e sulle sue pene amorose. Credo che sia divertente. Se mai dovessi cimentarmi ancora, mi piacerebbe farlo a quattro mani, magari con qualcuno che ha più esperienza di me in ambito letterario, e fare una cosa un po’ più “seria” come un romanzo.
Ho già in mente questa una persona che potrebbe “aiutarmi” in questo senso, e non escludo che presto potremmo metterci al lavoro.
All Music Italia sostiene la musica emergente attraverso una rubrica che si chiama L’Officina del Talento. Settimanalmente la redazione dopo aver visionato tutto il materiale arrivato dai giovani artisti in cerca di visibilità, regala una piccola vetrina on line al progetto scelto, e facendo passare in una radio il pezzo presentato in rotazione per una settimana. Piccole cose, ma che fanno bene. Cosa consiglieresti ai giovani autori che hanno voglia di farsi conoscere?
Il consiglio che do’ è di essere sempre autocritici. Di cercare di affiancarsi ad una squadra di persone che condividono lo stesso nostro rispetto per la musica, non solo un hobby, o un’attività commerciale. Scrivere, scrivere sempre anche se le cose sembra che non arrivino, accettare le critiche che vengono da fuori, pensare oltre, ambire al miglioramento personale senza adagiarsi sugli allori che potrebbero arrivare.
A chi rompi il Cd è il nostro gioco ironico che ricalca quello di chi getti dalla torre… a chi rompi il cd tra…
Emma o Alessandra Amoroso? Amoroso (con tutto il rispetto, tengo a specificare che mi piace tanto il suo timbro e il suo modo di interpretare, ma ha un repertorio che secondo me non la valorizza per niente)
Vasco o Ligabue? Oddio… il mio!
Marco Carta o Valerio Scanu? Entrambi
Negrita o Modà? Non c’è bisogno di dirlo… Modà!