Tutta la redazione di All Music Italia oggi, in questo triste anniversario, vent’anni dalla scomparsa di Mimì, ha voluto scrivere qualcosa per e su di lei.
Un ricordo, un racconto, una canzone tra le tante indimenticabili del suo vasto repertorio. Qui potete trovare gli altri nostri articoli in ricordo di Mimì.
Il nostro Hashtag per lei oggi su Twitter è #CiaoMimì aiutateci a riaccendere più che mai il suo ricordo.
Gianmarco Regaldi
Pensi a Mia Martini e capisci come possano convivere il tormento e la dolcezza, basti pensare a La nevicata del’56.
Oggi una delle interpreti più “emulate” e citate dalla nuova generazione di voci femminili alla ricerca di spessore, che a vent’anni dalla scomparsa lascia una produzione musicale di immutata potenza e fonte continua di ascolto e ammirazione, quasi fosse il giusto contrappasso per chi la voleva ferocemente messa da parte, lontana da quella scena che è invece rimasta sua, oggi più di allora.
Alessandro Genovese
Chi come me è nato negli anni ottanta, non ha potuto godere al massimo della forza di Mia Martini, proprio in quegli anni vittima dell’ignoranza e forse dell’invidia dell’ambiente musicale; ricordo con molto affetto il ritorno al Festival di Sanremo con Almeno tu nell’universo, ma il momento a cui sono più legato è la partecipazione al Festival del 1993 in coppia per la prima volta con la sorella Loredana Berté con Stiamo come stiamo, cantavano “la felicità da quale parte si è nascosta, onda su onda verrà…“, di quell’esibizione ricordo l’affettuoso bacio di Loredana e l’abbraccio tra le due. Nella mia mente quel momento resta un ricordo positivo, familiare.
Oriana Meo
Il mio pensiero per Mia Martini è un breve racconto. Una storia che ormai da anni vive nella mia famiglia.
Saranno stati gli anni 90, Mia Martini era ospite della festa del santo patrono del paese di mia nonna. Alloggiava proprio nell’albergo di fianco a casa sua, una struttura spartana, senza ascensore e con bagno in corridoio. Non offriva neanche la colazione.
Al mattino Mia è scesa in strada, ha sentito il profumo di caffè che stava preparando mia nonna, e gliene ha chiesto una tazzina.
Mia nonna ha pensato fosse una vagabonda e, non riconoscendola, da vera donna di carattere l’ha mandata palesemente a quel paese!
La povera Mimì, probabilmente imbarazzata, le ha chiesto se almeno poteva prendersi una foglia di basilico e se ne andata con la sua piantina in mano…
Simone Caprioli
Mia Martini è semplicemente l’interprete più grande che l’Italia abbia mai avuto. Non a caso i migliori autori di sempre hanno scritto canzoni per lei e quasi tutte le cantanti in attività negli ultimi vent’anni si ispirano al suo stile. La grande forza di Mimì credo sia stata tutta nell’onestà con cui interpretava le sue canzoni, riuscendo a trasmettere nell’ascoltatore tutte le sensazioni e le emozioni che, probabilmente in quel momento, provava anche lei mettendosi “a servizio” della musica. Tra tante, la canzone che preferisco del suo repertorio è La nevicata del ’56” che credo sia una prova “d’arte” irriproducibile.
A vent’anni dalla sua scomparsa vive ancora, in queste nostre parole ed in infinite altre parole che celebrano oggi la sua grandezza.
Giuseppe Scarpato
Mia Martini era un’artista vera, genuina, sensibile… cantava per vocazione e per diritto naturale l’amore, la sofferenza, la solitudine. Sentimenti che non a caso l’hanno toccata da vicino in diversi momenti della sua vita.
Amava il cantautorato e il cantautorato amava lei; Pino Daniele, Francesco De Gregori, Ivano Fossati, Claudio Baglioni e Charles Aznavour sono stati solo alcuni dei suoi tanti compagni di viaggio, artisti dai quali amava riprendere vezzi e sfumature riuscendo nel mentre a ritagliarsi con l’unicità delle sue esecuzioni uno spazio tutto suo nella loro storia.
Il suo primo lp Oltre la collina è a mio avviso il disco più bello e completo mai realizzato da un’artista italiana negli ultimi 70 anni, disco con cui Mimì introdusse se stessa, il proprio credo, il conflitto paterno e gli amori sbagliati. Da questo lp è tratto il suo brano che in assoluto amo di più e cioè Le lacrime di marzo di Claudio Baglioni, nel cui testo, per uno scherzo del destino poco felice, è pre annunciato agli albori di una sfolgorante carriera ciò che molti anni dopo si è rivelato essere il triste epilogo della sua vita sicuramente ricca di chiaroscuri.
Gabriele Dello Preite
Non ricordo la prima volta in cui ho ascoltato la voce di Mia Martini: dev’essere successo distrattamente, per via di un qualche suo passaggio in radio o in tv. Ma ricordo bene la prima volta in cui l’ho sentita. Dentro, dritta al cuore come una freccia.
Era d’estate: io, ragazzino, sdraiato sul lettone di mamma e papà ad ascoltare vecchie raccolte musicali col mio lettore mp3 rossiccio…
Ecco a un certo punto passare una registrazione live, il suono era un po’ sporco: nelle cuffiette irrompeva Dillo alla luna e la grande Mimì che ruggiva su un pezzo di Vasco Rossi. “La voglio in faccia la verità e se sarà dura, la chiamerò sfortuna, maledetta sfortuna”. Fu una folgorazione, mi commosse molto.
A volte è vero che siamo “umani troppo umani“, ma in quel troppo può esserci tutto il senso di noi stessi, il nostro valore: Mia Martini era un’interprete eccessiva, il suo canto si faceva grido e rivalsa, ma a dispetto di critiche e detrattori, la sua voce continua a splendere superba nel firmamento della musica italiana. Indimenticabile.
Fabio Fiume
Ero molto piccolo eppure il primo ricordo di Mia che ho è la sua esecuzione di E non finisce mica il cielo a Sanremo 82, che mi sembrava fuori contesto. Mi spiego: è difficile che un bambino di una manciata d’anni possa apprezzare un brano del genere, quando ovviamente ti colpiscono cose più leggere quali Felicità di Al Bano e Romina in gara allo stesso Festival. Eppure… l’avevo notata.
Poi Mia sparì per tutti gli anni 80 ed anche il ricordo che avevo di lei ovviamente. D’improvviso mi ricompare a fine decade, sempre a Sanremo con Almeno tu nell’universo . Io ero alle scuole medie e la coscienza musicale iniziava a cambiare. In quel Sanremo non mi colpiva più gente come i coniugi Carrisi, ma Eduardo de Crescenzo, Rossana Casale con la splendida e jazzata A che servono gli dei e su tutti lei, che come la vidi uscire sul palco, l’associai immediatamente a quel ricordo di tanti anni prima ed a cui non sapevo dare nemmeno un nome.
L’amore fu poi grande quando uscì con Donna, al Festivalbar dello stesso anno. Inusuale ancora su un palco come sempre leggero, eppure lei, era magnifica e centrata anche in quella situazione.