Ogni tanto il Direttore di All Music Italia fa cose stupide. Tipo farmi recensire dischi molto lontani dal mio retroterra e dai miei gusti per vedere come me la cavo. Si diverte così, la testina di cazzo.
Oggi il suo gioco malato mi porta a parlare di Certi sogni si fanno attraverso un filo d’odio della bionda Romina Falconi. Devo ammettere che, prima dell’ascolto di questo album, non avevo mai sentito nulla di Romina. Da questo punto di vista ero vergine come le orecchie della Minetti, o almeno credo.
Sapevo solo che era una talentuosa cantante; qualcuno me l’aveva presentata una sera al Rock N’Roll di Milano dopo la presentazione di un libro. Mi dissero che qualche anno prima era stata a Sanremo e più recentemente aveva fatto X Factor, finendo sotto l’ala impolverata di Morgan.
X Factor non lo seguo, mi annoia terribilmente e poi All Music Italia non mi paga abbastanza da potermi permettere l’abbonamento a Sky. Sanremo invece non me lo perderei per nulla al mondo. Adoro sedermi in poltrona e mettere a mollo le chiappe in un po’ di meravigliosa brodaglia nazional popolare.
Nonostante la mia abituale frequentazione con il teatro Ariston non riesco però a focalizzare Romina e la sua canzone festivaliera, Ama. Recupero andando sul web dove trovo l’esibizione della cantante romana – più precisamente di Torpignattara. Un pezzo steso fra soul e r n’b di notevole difficoltà, che lei aveva interpretato alla grandissima. Stupido io a dimenticarlo. Per la cronaca era l’edizione del 2007, Romina arrivò quinta nella sezione giovani, dietro a tre che non si sono più sentiti e al vincitore, il bravo Fabrizio Moro con la paraculissima Pensa.
Otto anni, tre EP e qualche collaborazione importante dopo, Romina finalmente cucina un album d’inediti.
Musicalmente il suo è un elettropop elegante e delicato su cui si sdraiano, creando un esaltante effetto surprise, testi intelligenti dai contenuti forti e mai scontati..
Già, il valore aggiunto nella proposta musicale della bionda, oltre alle innegabili doti canore, sta esattamente qui: nei testi delle sue canzoni. Versi graffianti, imbastarditi, raramente scontati, ricchi di sensi e doppi sensi e allergici alla banalità. Una merce rara di questi tempi nel pop italico, e infatti le grosse case discografiche non l’hanno messa sotto contratto. Però, chissà come mai, in Universal Honeymoon di Lana del Rey lo pushano che è una meraviglia. E giustamente, è un gran bel disco pop, arrangiato alla grandissima e interpretato magistralmente dalla bella bad girl newyorkese. Eppure la nostra Romina non ha niente da invidiare alla stella made in USA, a parte il budget, e allora perché non c’è una grossa produzione dietro per lanciarla come meriterebbe? I soliti misteri? Le solite marchette? Meglio puntare su bellezze dal nome semplice, a cui nemmeno serve un cognome: Pina di Nemici, Gertrude di la Voce, Donatella di Salcazzo, eccetera, eccetera, eccetera.
E questo è un peccato perché credo stia proprio nella mancanza di una produzione all’altezza dell’ottimo songwriting ad averci privato del disco pop perfetto.
I limiti di questa bella prova d’esordio, a mio parere, risiedono proprio qui: una produzione che solo in alcuni passaggi è capace di valorizzare la vocalità di Romina o le suggestive immagini che vivono dentro Certi sogni si fanno attraverso un filo d’odio.
Il disco fluisce così un po’ troppo uguale a se stesso e tende a tratti più a seppellire che ad esaltare le qualità dell’artista romana, forse anche perché parliamo di un disco che racchiude tre Ep usciti in digitale e cinque inediti creando un altro limite – e non da poco – che risiede nella lunghezza dello stesso: 19 pezzi sono troppi, e alla lunga stufano un po’. Fossi stato il suo produttore mi sarei concentrato maggiormente su una decina di canzoni, dedicando più tempo alla ricerca di una maggiore versatilità del suono. Perché di talento qua in mezzo ce n’è parecchio, questo è innegabile.
Mantide è un open track di assoluto spessore, che tratteggia la presa di coscienza di una donna che sceglie per una volta di essere carnefice e non vittima di un mondo ancora e comunque a misura d’uomo.
I singoli, da Eyleyner a Maniaca ricamano emozioni di pelle e sangue senza alcuna fatica.
Lista Nera è acida e irriverente, Circe bastarda nel suoi incedere indulgente e Stupida Pazza potente e sufficientemente radiofonica da poter diventare un nuovo singolo.
Playboy regala un groove assassino su cui atterra un testo dissacrante, ironico, con un refrain un po’ malato che condisce il tutto con quel filo di pericolosità che confonde.
Il Segreto è un passaggio molto personale, Viva Lei esalta la calda vocalità di Romina e Anima riesce a far collimare in modo convincente gli aspetti apparentemente più contraddittori dell’artista, sublimando una curiosa bipolarità in note che convince.
Il disco perde un po’ di tono e incisività nei pezzi da ‘amore ingessato’: Mister No, Se Perdo Te, Hai Vinto Tu, Il Mio Prossimo Amore… ma forse sono io a non capire un certo tipo di pop che tinteggia le varie forme della parola t’amo. Capitemi, non sono contro i pezzi about love, è che alla luce della sovraesposizione del sentimento più sacro – ormai onnipresente in dischi, film social, baci perugina e muri manco fosse una marca di biscotti che tutti amano sgranocchiare – se proprio vuoi affrontare il tema devi farlo in un modo non banale. E nei pezzi sopra citati Romina non riesce a trasmettermi niente di più della sensazione di un chewingum che si è andato a incastrare proprio vicino a quella carie che mi fa male da una settimana.
Per questo avrei ridotto la lunghezza del disco, per guadagnarne in solidità, compattezza, condensando il più possibile le innegabili capacità di questa curiosa pin up degli anni zero.
Quindi?
Quindi Certi sogni si fanno attraverso un filo d’odio è un ottimo disco, almeno due spanne sopra la media delle più conosciute colleghe che con maggior fortuna abbracciano quella fascia di mercato. Non c’è molto altro da aggiungere. La palla ora passa alle case discografiche: la Falconi ha voce, presenza, capacità di scrittura e visone musicale. Ma non si può proporre elettropop d’autore con un budget pari a un etto di prosciutto. Di ragazze a cui far scrivere il disco da barbuti autori frustrati che pensano di sapere cosa ameranno i gggiovani l’estate prossima ne è piena l’Italia.
E di nomi tipo Genoveffa, Minchiolina, Sbarbarella? Pure.
Di artisti col talento e la voce di Romina Falconi invece ce ne sono proprio pochine.
E allora?
Dai che alle vostre riunioni in *omissis* per un periodo ci sono stato, non posso fare nomi e cognomi ma sapete a chi mi riferisco. Vi conosco, major. Lo so come cazzo ragionate. Ma so anche che un paio di personaggi che vogliono bene alla musica da voi ci sono ancora. E allora fateci sognare, guagliò. D’altronde, come dice Romina, certi sogni si fanno attraverso un filo d’odio. E chi ama un po’ la musica in questo momento vi sta odiando perché anche l’Italia ha trovato la sua Lana del Rey ma non la stessa casa discografica.
BRANO MIGLIORE: Maniaca
VOTO: 7/10