Dovremmo trovarci tutta la verità dentro a questo In Cile Veritas, o perlomeno tutto quello che Il Cile, al secolo Lorenzo Cilembrini, ha deciso di lasciare uscire fuori dal suo stato di ebbrezza creativa. Prima d’oggi un’album acclamato da pubblico e critica (Siamo morti a vent’anni), un Festival di Sanremo (Le parole non servono più), un libro (Ho smesso tutto) e svariate e prestigiose collaborazioni con Club Dogo e Negrita, tanto per citarne un paio, che l’hanno reso uno fra i cantautori emergenti più interessanti della scena nazionale.
Ci aspettavamo dunque molto da questa seconda prova in studio che non delude, ma nemmeno fa gridare al miracolo.
Le dieci tracce che compongono il disco viaggiano non lontano da quanto già sapevamo su Il Cile e sul suo talento nel comporre canzoni, tracciando un percorso sonoro indubbiamente di qualità ma dal retrogusto noto, quasi come se stessimo ascoltando la seconda parte del precedente lavoro, e senza quindi particolari sorprese.
Va detto, ad ogni modo, che stiamo parlando di un buon disco, sicuramente sopra la media dei colleghi/coetanei di Lorenzo, troppo spesso ancorati alla ricerca del “brano per le radio” sacrificando lo spessore e la VERITÀ che a queste canzoni non manca di certo.
Il punto di svolta nella poetica di In Cile Veritas sta nel modo diretto e tangibile di rendere sensazioni ed aspetti reali di vita vissuta attraverso l’utilizzo di immagini forti, con accostamenti anche inusuali ma decisamente funzionali a suggerire il senso esatto di ogni emozione (…davanti a chi ha portato il tuo cuore in macelleria…).
Si parla molto d’amore nei testi, sviscerandolo in molte delle sue declinazioni: dalle ballate con dedica (i momenti migliori di tutta la raccolta) come Parlano di te (…parlano di te due nodi nella gola, che mi strozzano la voce e la parola…) e “Ascoltando i tuoi passi (…perché hai incastrato l’amore tra queste parole… è narcotica la mia felicità…); alla malinconia e i silenzi di quando si resta soli (…mi sveglio di notte sudato alla ricerca del tuo profumo…) come in Sapevi di me.
Con L’amore è un suicidio e Baron Samedi si cambia registro: ci si prende un po’ meno sul serio e si suona ad un volume più alto ri-equilibrando le atmosfere più personali del resto dei brani.
Non siamo certi che Il Cile abbia detto tutta la VERITÀ con questo disco, perché di cose da dire secondo noi ne ha ancora tante, tuttavia quel che sappiamo è abbastanza per il momento e ci piace molto.
CANZONE MIGLIORE: Ascoltando i tuoi passi
VOTO: 7/10
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