Rita Pavone partecipa al 70° Festival di Sanremo con la canzone Niente (Resilienza 74). Per la serata dei duetti, sale sul palco accompagnata da Amedeo Minghi per presentare il brano 1950.
Prima dell’esibizione, la cantante risponde alle domande dei giornalisti della Sala Stampa Lucio Dalla.
Quali emozioni hai provato a salire sul palco dell’Ariston dopo 48 anni?
Prima si cantava al Teatro del Casinò, adesso c’è il teatro Ariston. Tre anni fa ho ricevuto il premio alla carriera, ma ricevere la standing ovation con un brano nuovo mi ha dato grande emozione.
Quali sensazioni hai provato a confrontarti con i giovani di quest’anno?
E’ stata una emozione. Non conoscevo molti di questi ragazzi, poi li ho conosciuti personalmente. Conoscendoli, mi sono venuti in mente i miei inizi, i sogni che avevo. Così, ho sentito questi ragazzi molto vicini.
Dinnanzi ad una performance straordinaria come la tua, come ti spieghi che in Italia c’è sempre una sorta di perplessità nei confronti di cantanti della tua generazione?
E’ la mentalità. Eduardo De Filippo diceva che gli esami non finiscono mai. Io voglio essere ricordata come un personaggio di oggi, non come quella del Ballo del mattone e dei miei successi del passato. Quei brani mi hanno dato una grande popolarità, ma ho tante cose da dire e ho intenzione di dirle. Io vi romperò ancora un po’ le scatole, finché il tempo me lo permetterà.
Nel 2010 hai partecipato ad un evento speciale con Renato Zero e poi sei tornata a cantare: ci racconti come è andata?
Avevo deciso di lasciare la canzone, di smettere di cantare. Un tempo, Teddy Reno si occupava di me. Poi con gli anni mi sono trovata ad essere gestita da altri, che mi davano canzoni che non sentivo mie. Ognuno ha una vocalità e un modo di esprimersi diversi. Scaduto il contratto, avevo deciso di smettere di cantare. Un giorno mi chiama Renato Zero, che è stato uno dei miei collettoni. Mi dice che compie 60 anni e mi dice che devo esserci quella sera per festeggiare insieme a lui. Parlo con i miei figli; mi dicono che è una cosa importante e che devo esserci assolutamente. Mentre cantavo quella sera, dicevo tre me: “cavolo, senti come canto!!”. Con gli anni la voce può cambiare. Così mi sono detta: “quasi quasi ritorno a cantare e realizzo il disco della mia vita”. Ehi fatto così. Mi sono regalata un signor disco, prendendo alcuni brani dei cantanti che amavo da ragazzina. Ho fatto un disco che mi divertisse, si chiamava Masters. Ha ricevuto recensioni bellissime, che non avevo mai avuto prima. Così, sono tornata a cantare.
Abbiamo ascoltato tutti i 24 big. Tu sei stata la più energica: qual è il segreto? Il fatto che la canzone sia stata scritta da tuo figlio, ti ha condizionata?
L’energia credo che sia un dono divino. So che sono alta 1,53: 3 centimetri più di Kylie Minogue. Quando sono sul palco, mi sento alta due metri. Mi sento bene lì sopra sul palco. E’ un mondo che mi appartiene. Io canto per me stessa. E’ un divertimento. Mio figlio, Giorgio Merk, ha scritto la canzone; io lo considero il vero artista della famiglia: suona, canta, arrangia canzoni. Scrive sempre in inglese. Un giorno gli ho chiesto di scrivere in italiano, di comporre un pezzo per me. L’estate scorsa mi ha dato un cd con una canzone che era una bomba. Così, ho mandato il pezzo a Sanremo. Sono stata molto felice che il pezzo sia stato selezionato; è stata una bellissima sorpresa.
Come mai hai scelto 1950 di Minghi? Cosa dobbiamo aspettarci dal vostro duetto stasera?
Conosco Minghi da tantissimo tempo. E’ una canzone che non ha avuto successo, ma è molto bella. Quando ho pensato al duetto, ho pensato a lui. Lui ha raccontato un momento storico particolare; e nella sua canzone ritrovo delle situazioni che ho vissuto personalmente. Stasera la riproponiamo con un arrangiamento leggermente diverso. Speriamo di farla bene.
Cosa ti aspetti da questo Sanremo?
Non mi aspetto nulla. Voglio mettermi in gioco perché ho delle cose da dire e vocalmente sono in grado di dirle. Rimanere legata ad un passato glorioso non lo trovo giusto. Sono felice che la gente abbia amato e apprezzi questo pezzo. Voglio lasciare un segno; voglio che la gente dica: c’era anche Rita Pavone.
Per te qual è il motivo più importante della resilienza?
La resilienza non è un discorso solo mio. Appartiene a tutti. La canzone è scritta da mio figlio. Arriva il giorno in cui hai bisogno di una mano. Tutti riceviamo dei cazzottoni in faccia, li prendiamo e cerchiamo di resistere all’urto. Te la devi cavare da solo. Tutti abbiamo i nostri problemi. Ti trovi solo in questa situazione. La vita è fatta così: non hai un lavoro, perdi una persona cara, hai un lutto. Ti pieghi ma non ti spezzi. Questa è la resilienza.
Hai ancora un sogno nel cassetto?
Ho avuto la fortuna di conoscere tutti. Elvis mi ha regalato un quadro che conservo in casa. Ho lavorato con tanta gente. Non ho sogni particolari. Ringrazio Amadeus, perché ha saputo ascoltare una voce, non ha badato all’anagrafica e all’età; ha detto questa merita di esserci. Altri sogni? No, non ne ho. E’ già un sogno essere con voi.