Achille Lauro Bam Bam Twist significato del nuovo singolo nella rubrica del nostro Prof di latino, Davide Misiano.
Bam Bam Twist è il nuovo brano con cui Achille Lauro abbandona l’ispirazione romantica di 16 marzo e si lancia nel mercato dell’estate.
Lo fa con il suo consueto gusto retrospettivo, con quel sapore vintage che ci sembra ormai appartenere a un progetto di comunicazione sapientemente gestito.
“In tempi di distanziamento sociale, la mia follia vi porta in pista con un ballo a due, che è stato allo stesso tempo il più promiscuo ed il più elegante degli anni ‘mitici’ e ‘favolosi’ del Miracolo Economico”, dichiara Lauro o chi per lui.
E con quel “distanziamento sociale”, furbescamente giocato nel comunicato, suggerisce involontariamente il twist come possibilità per eludere le restrizioni da Covid-19.
D’altronde le discoteche tardano a riaprire, e lo faranno, se lo faranno, a condizioni snaturanti, per motivazioni che ci parrebbero più ragionevoli se valessero anche per le celebrazioni post victoriam di Coppa Italia.
Achille Lauro un’idea ce l’ha: recuperiamo il ballo di Chubby Checker che, a ben vedere, non comporta grossi contatti, ma una contorsione speculare tra due che possono essere “congiunti” o “in attesa di congiunzione (quando sarà possibile!)”.
Ridiamo agli italiani il ballo e qualche possibilità di rimorchio, elegante e sicura.
ACHILLE LAURO BAM BAM TWIST: TESTO
Il testo è fitto di citazioni cinematografiche, accostate senza un vero e proprio pensiero narrativo, alternate a immagini di vita adrenalinica. La tecnica è quella dell’accumulo, che tanto è funzionale a evocare ambienti e stili di un’epoca, a disegnare atmosfere.
L’esordio rappresenta una gioventù ‘malandrina’, modaiola e godereccia, che vive in maniera estrema:
Malandrino
Chiodo giallo e zaffiro bluètte
È lo zoo di Berlino
(verso che sarà presto incriminato da Striscia la notizia come un rimando all’uso di sostanze stupefacenti)
La mia tipa è un vampiro ed è pazza di me.
Appare poi, danzante davanti a un juke-box, la “donna del boss”, probabile causa scatenante di una serie di sparatorie e fughe rocambolesche a ritmo di twist. Lo scenario è quello di un assembramento, ahimè!
Lauro dice di volerci immergere in un’atmosfera anni Sessanta. Noi ci crediamo perché sono gli anni di affermazione del twist. E, anche se “lo zoo di Berlino” ci ha fatto pensare agli anni Settanta, non saremo così fiscali nell’esigere di ricondurre tutte le citazioni a quell’epoca.
Il clima generale è da gangster story, simile a quello celebrato dalle pellicole degli anni Novanta espressamente citate.
Tarantino
con quei bravi ragazzi
È delirio, è De Niro
Sì ,balliamo,
Bam bam, bam bam
Twist e poi
Bam bam, bam bam
Motel ad ore
Bam bam, bam bam
Ragazzi fuori
Bam bam, bam bam
C’è Pulp Fiction di Quentin Tarantino (in una scena iconica Vincent Vega, interpretato da John Travolta, e Mia Wallace, interpretata da Uma Thurman, si lanciano proprio in una gara di twist). C’è Quei bravi ragazzi di Scorsese, con un riferimento diretto anche a De Niro (che nel film interpretava il gangster Jimmy Conway).
Nel ritornello, che ripete insistentemente la “quasi onomatopea” della danza-sparatoria (Bam bam twist), c’è forse anche Ragazzi fuori di Marco Risi, il sequel di Mery per sempre che raccontava la vita di alcuni ragazzi palermitani usciti dal carcere minorile.
Altro spunto che piacerà a Striscia la notizia: pare che l’espressione “ragazzi fuori” sia cara all’Achille Lauro meno moralisticamente ripulito, al punto da essere titolo di una vecchia canzone, contenuta in Young Crazy Ep del 2015, dove l’artista ritrae una gioventù che guadagna ingenti somme tra spaccio e prostituzione.
Nella seconda strofa una scena di rovinosa eccitazione: lui con lei sopra il bancone durante una rapina; lui si svuota le tasche e si riempie di lei. Ma è proprio l’amore a fregarlo, perché la donna, apparentemente ingenua come una madonnina che piange e per la quale lui è disposto a fare qualunque cosa, sarà la causa della sua rovina.
Nello special si chiarisce l’intenzione del brano:
È un’overdose di rose, mio amor
È una danza tra scheletri, scheletri
Una pallottola dal mio juke-boxe
Stiamo dando fuoco ai sedili
A una cabrio rosa, mio amor
Questa è vita per noi
Non c’è città che basti per noi
La tua gonna è Las Vegas
Toglila e poi
Vivremo solo un ricordo
che ho rimosso
Dietro le immagini evocate con iperboli e deformazioni metaforiche, Achille Lauro canta una vita agli estremi, quasi epica. Canta una visione adrenalinica dell’esistenza, che esalta gli istinti, che non ammette le mezze misure, che non si accontenta.
“Voglio una vita così” grida in buona sostanza, ma non è Rolls Royce.
ACHILLE LAURO BAM BAM TWIST: conTESTO
Il comunicato stampa orienta l’interpretazione: Bam bam Twist è una danza-sparatoria.
Il testo non racconta una storia, ma disegna un ambiente: dei giovani dediti a una “vita spericolata” tra danze, lussuria, perdizione. Dalle citazioni si ricostruiscono scene di sparatorie e di fughe, scatenate da dinamiche ‘malandrine’, che fanno la frenesia della loro esistenza.
Mi fido, non metto in dubbio l’ispirazione. Ma, da studioso attento della lingua, non posso non cogliere le ambiguità generate dal piano lessicale e retorico.
Frutto di pura casualità? Forse, se ritenete. Ma vale la pena osservarle.
Oltre agli spunti precedentemente offerti a Striscia la notizia e volendo superare il fin troppo facile accostamento fonico di “Bam Bam” a “bamba” (per cui addio sparatoria!), non mancano elementi che potrebbero rinviare ai temi del primo Achille Lauro.
Nello special un sovraccarico di termini che, fuori dalla loro accezione ‘neutra’ e a un livello meno aulico, appartengono anche al vocabolario dell’amore a pagamento.
Si parla di “overdose di rose” e le “rose”, in un preciso slang, sono i soldi ricevuti per compenso dalle escort; si parla di “cabrio rosa” e “cabrio” è un termine con cui, in quello stesso slang, si designa una prestazione sessuale senza precauzioni.
Si sente “La tua gonna è Las Vegas / Toglila e poi / Vivremo solo un ricordo / che ho rimosso” e non serve molta fantasia per capire, all’interno di questa rete di relazioni, quale tipo di ricchezza possa garantire una gonna da togliere.
Non ho alcuna intenzione di dire che sia questo il significato primario del testo, né di fare moralismo da salotto perbenista (che nulla ha a che vedere con il giudizio artistico).
Sto dicendo che mi pare impensabile che, considerata l’estrazione e il genere da cui proviene, l’autore non conosca il potenziale allusivo di questi termini se usati con una simile concentrazione.
Sto dicendo che l’ambiguità può essere una scelta, peraltro tecnicamente difficile da realizzare. E a quest’ambiguità Lauro non pare nuovo.
D’altronde la capacità di sfruttare la polisemia, la possibilità cioè che la stessa parola abbia più significati, è un’operazione artistica, raffinata e spesso potente, che può rendere il testo fruibile a più livelli, a più strati di pubblico, a più sensibilità.
Un colpo al cerchio e uno alla botte: stare in alto e in basso allo stesso tempo.
SCRUTINIO FINALE
Vi confesso adesso i motivi per cui mi sono accostato al brano.
Innanzitutto, è un singolo estivo che non porta la firma di Takagi & Ketra… che già mi pare un miracolo! Siamo ancora a giugno e ne sono usciti quasi tre (due rilasciati, uno annunciato).
A differenza dei pezzi attualmente in uscita, questo brano non mi impone un giudizio di valore che consideri la vocazione stagionale alla leggerezza, perché le canzoni di Lauro sono dichiaratamente ambiziose e come tali devono essere osservate.
In secondo luogo, non è stato ancora pubblicato il video; ne approfitto per non essere condizionato dall’aspetto performativo, sempre centrale nella proposta artistica del cantautore.
Il testo è ‘lavorato’, è musicale, è studiato nelle immagini, ma non aggiunge nulla. Le citazioni sono citazionismo: i riferimenti si stagliano con più evidenza del messaggio, che replica qualcosa di già detto e che pare ormai sempre meno urgente.
Capisco che questo immergersi nel passato sia anche conforme alla propensione di Lauro al trasformismo (da Sanremo 2020 in poi), ostentata ultimamente anche sui social non senza il rischio di saturare il senso stesso dell’operazione.
Ma da un punto di vista culturale, non del costume né della moda, mi chiedo se questa contaminazione di mondi, stili, generi, epoche, questo continuo agganciarsi a modelli sia un’operazione davvero innovativa o solo memorialistica.
Gli album si riducono persino a delle date (1969, 1990), quasi fossero le stagioni di Il Collegio.
Sembra un’operazione storiografica, talvolta impregnata di una cultura superiore rispetto a quella di cui Achille Lauro ha dato prova nella sua produzione precedente e di cui dà prova nelle sue interviste.
Capisco anche che il brand Achille Lauro abbia una natura ossimorica: un ex rapper/trapper così rustico, eppure così trasformista e sperimentale, capace di citare, attraverso una pluralità di codici espressivi, un passato elegantemente selezionato.
Ma arriverà il momento in cui il vero Achille Lauro, oltre a guardare con una memoria indotta il passato, proverà a scrivere delle nuove pagine? Il momento in cui scriverà delle canzoni più belle dei suoi look e più sregolate della vita sregolata che dice di voler avere?
Così come il trasformismo senza sentiero, anche la contaminazione rischia di diventare virtuosismo se non aggiunge qualcosa.
Io, per adesso, mi limito a dire che trovo questo pezzo non un tormentone, non un ruffiano singolino estivo, ma neppure un pezzo di rilievo.
Resto in attesa di guardare le evoluzioni successive dell’artista. Con un pizzico di diffidenza (onestamente riconosciuta), ma non senza curiosità.
Insomma, lo rimando a settembre sperando di sbagliarmi, come fanno i prof meno crudeli.