29 Luglio 2021
di Direttore Editoriale
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29 Luglio 2021

Intervista a Santoianni: “La potenza dell’amore spesso si radica nell’immaturità dell’adolescenza…” come nel nuovo singolo, “Exit”

Santoianni Exit
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Santoianni, nome d’arte di Donato Santoianni, continua il suo nuovo percorso musicale iniziato qualche mese fa con il singolo Stazione di sosta. E così, dopo Litorale, è uscito la scorsa settimana il primo brano d’amore della nuova produzione del cantautore, Exit.

Una carriera iniziata da adolescente, quella di Santoianni, un percorso legato indissolubilmente alla musica che ha avuto anche grande esposizione quando Donato aveva sedici anni. Una grande esposizione figlia di scelte sbagliate da parte del suo team di lavoro e di imposizioni che tutto avevano a che vedere tranne che con l’arte.

In questa intervista parliamo con lui anche di questo ma, sopratutto, della sua nuova musica, della produzione artistica di Molla e di questo nuovo singolo, Exit, che piano piano si sta facendo strada nel cuore degli amanti della musica indie, ricevendo complimenti anche dai colleghi, come Maninni.

INTERVISTA A SANTOIANNI

Ciao Donato, partiamo subito con il nuovo singolo.
Amore, adolescenza, disagio e tossicodipendenza sono alcuni degli elementi portanti della storia d’amore che racconti in Exit. Come mai ha sentito l’esigenza di uscire dai classici canzoni della canzone d’amore per raccontare proprio questa fase dell’amore che, elemento più elemento meno, ha contraddistinto parte della vita di molti ragazzi?

In realtà come per ogni canzone, almeno per me, nel momento della scrittura non decido arbitrariamente nello specifico che cosa racconterò.

Volevo sicuramente parlare d’amore, questo sì, perché è una tematica che ho trattato pochissime volte per paura di non avere la maturità necessaria per affrontarla in maniera profonda e non banale.

Ci ho ragionato tanto in questi anni sul concetto d’amore, di coppia, di vita condivisa e sentivo l’esigenza di raccontare i suoi angoli più oscuri e acidi. A volte si banalizza l’amore degli altri e si enfatizza l’importanza del nostro, come se esistessero amori di seria A e di serie B. Invece ho sempre percepito che la potenza dell’amore spesso si radicasse nell’immaturità dell’adolescenza, nel disagio di due tossicodipendenti, negli ultimi.

Lì secondo me l’amore raggiunge la sua massima espressione nella sua potenza e nella sua incoerenza, nella sua passione… nella sua pericolosità.

È un po’ come il mare, solo quando si incazza e diventa brutto, sporco e spaventoso, ti accorgi di quanto sia potente. Così succede per l’amore, solo quando ti rendi conto che non esiste più la scritta EXIT capisci veramente la sua forza. Tutto questo ho provato a raccontarlo con piccoli dettagli e poche immagini all’interno di quella che, a tutti gli effetti, resta una semplice canzone d’amore.

La canzone si ispira alla serie “Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino”. Quali elementi ti hanno colpito di più di questa serie?

Mi ha colpito tantissimo come il racconto del disagio di quei giovani adolescenti riuscisse a mettere insieme la bellezza profonda della vita e il suo degrado più totale. La passione e l’energia, la musica e la voglia di spaccare tutto, ma anche la tossicodipendenza, la perdita totale della dignità, la morte.

Quella montagna russa di emozioni così contrastanti mi ha lasciato dentro un’inquietudine profonda ma allo stesso tempo, incredibilmente, anche un forte attaccamento alla vita.

La tossicodipendenza che aleggia, seppur mai nominata, nella canzone può essere anche vista come la dipendenza dall’amore stesso? In fondo ci sono amori stessi che finiscono per diventare tossici… c’è anche questa chiave nel brano?

In realtà è proprio questa la chiave della canzone. Per fortuna non ho mai vissuto un genere di rapporto sentimentale che andasse a trasformare in qualcosa di così crudele. Però ho conosciuto da vicino il dolore di amici e persone a me care che, spesso inconsapevolmente, mi hanno raccontato del loro amore come un tossico racconta del suo rapporto con la droga.

Ci si promette di smettere, che sarà l’ultima volta, che da domani tutto tornerà ad essere bello e invece, non accade mai. Un vortice di promesse che ancora prima di nascere sono già impossibili da mantenere.

Santoianni, appari come una persona molto mite, ma la tua di adolescenza è stata turbolenta?

La mia tutto sommato è stata una bella adolescenza. Non ho vissuto le crisi esistenziali tipiche di quell’età. Come tutti è sicuramente stato il momento della vita che più mi ha formato e il momento in cui ho conosciuto forse il dolore più grande della mia vita fino ad oggi. Quindi non la definirei turbolenta ma sicuramente complessa.

Sicuramente però credo che l’adolescenza sia stato il momento in cui ho incominciato a sentire fortissimo dentro il bisogno di esprimermi, di raccontare e di conseguenza anche il disagio di non riuscire spesso a farlo. La voglia di riuscire a trovare il mio posto nel mondo e la difficoltà nel sentirsi tagliato spesso fuori. Quando tutti pensavano al motorino io pensavo giorno e notte alle canzoni e incredibilmente questo spesso mi ha fatto sentire diverso e non sempre compreso al 100%.

Com’era il rapporto di Santoianni adolescente con la musica?

Un rapporto quasi morboso. Ascoltavo musica tutto il giorno, ho imparato a memoria interi arrangiamenti di dischi, strumento per strumento. Per certi versi era diventata quasi un’ossessione.

Credo di non aver mai ascoltato a quella età, un disco o una canzone in maniera spensierata e questo mi dispiace particolarmente. Però sicuramente è stata la mia più grande amica e compagna di vita e davvero anche nei momenti peggiori non mi ha mai lasciato solo.

Ho sempre trovato rifugio nelle canzoni e nelle storie, e sono stato molto fortunato. Come dice Tricaricola musica mi ha salvato”, può sembrare eccessivo ma non ho paura a dire che per me è stato così.

Quali punti di collegamento ci sono tra “Stazione di sosta”, “Litorale” ed “Exit”?

In realtà molti. Sono tutte e tre canzoni che vengono fuori da un processo creativo molto simile che mi sta accompagnando in questa nuova produzione. Sono canzoni scritte e pensate insieme alla produzione e al suono.

Questo per me è un modo inedito di rapportarmi alla scrittura ma che mi sta permettendo di sperimentare e di riuscire a mantenere la mia indole cantautorale rimanendo però fortemente connesso al suono. Per la prima volta ascolto davvero molto volentieri la mia musica.

Credo che in tutte e tre si senta un carattere in comune molto marcato nei testi e nella produzione, nonostante parlino di argomenti diversi. E di questo sono particolarmente orgoglioso.

Da circa un anno a questa parte hai abbracciato, anche grazie al tuo produttore, Molla, un sound più indie pur mantenendo intatti i tuoi riferimenti cantautorali. Ma cosa vuol dire oggi essere indie?

Cosa voglia dire in linea generale onestamente non lo so neanche io. Oggi l’Indie è diventato un genere musicale e un modo di proporsi e di raccontarsi. Per me essere indie invece è un modo di pensare la musica e la propria carriera.

Essere indie vuol dire essere i primi a credere nelle proprie canzoni, senza aver paura di rischiare e di alzarsi la mattina alle 6 per montarsi le voci dei brani o i video promozionali, perché alle 8 si inizia a lavorare e non c’è tempo. Per me questo è il vero concetto di indie. Poi sicuramente ci sono una serie di riferimenti di suono, di impostazione del prodotto canzone che oggi vanno molto di moda e a me, sono onesto, piacciono molto.

Mi sento a mio agio ad un festival indie. È la cosa più vicina al mio concetto di musica e quindi provo a farne parte. In questo Molla per me rappresenta la vera svolta, non intendo in relazione al concetto di indie, ma in relazione al riuscire a farmi sentire a mio agio nelle mie canzoni. Sta facendo un lavoro unico che prima o poi spero venga riconosciuto non solo da me ma da tanti.

Dai tuoi esordi ad oggi, scegli uno o due brani del tuo passato, del repertorio di Donato Santoianni, che un giorno ti piacerebbe portare in questa nuova dimensione sonora… 

Mi piacerebbe dare una nuova dimensione al brano La mia memoria contenuto in Fossi nato prima, perché credo sia uno dei brani di quel disco che probabilmente ancora non ha raccontato tutto.

Se dovessi invece proprio affrontare una sfida più complessa e rimettere mano a una delle cover che inserimmo nel mio primo disco, Swinging pop, probabilmente sceglierei In assenza di te di Laura Pausini.

Clicca su continua per la seconda parte dell’intervista in cui Santoianni parla delle prime, difficili, esperienze discografiche, del suo prossimo album e i Sangiovanni e i Santautori (???)

Continua