Pagelle Nuovi singoli italiani in uscita il 18 febbraio 2022 a cura del critico musicale Fabio Fiume.
Tornano le pagelle del Venerdì dopo la pausa ( chiamala pausa poi… ) dovuta alle tante uscite che ha portato con se il Festival di Sanremo. Va detto però che non si è ripartiti del tutto. Intendo dire che, contributo anche del successo notevole dei pezzi lanciati dal Festival, che le uscite sono ancora un bel po’ congelate e sono del tutto appannaggio di giovani. Devo anche dire che il livello di questa settimana è piuttosto modesto a parer mio e sono pochissimi quelli che strappano la sufficienza.
Cominciamo subito…
Alaska – Andiamo piano
Finisce una storia, magari malamente, ed è difficile buttarsi in un’altra possibilità. Alaska qui lo racconta in maniera anche piuttosto tangibile, con parole che possono essere anche comuni a tanti, però nel pezzo manca un arrangiamento che cresca ed anche un’ evoluzione nel cantato. Tutto resta sulla stessa linea, dall’inizio alla fine, anche quando sembra tutto stia per esplodere, la bomba è invece disinnescata.
Cinque
Amalfitano – Ogni mia sbronza
Rispescaggio in todo di suoni primi anni 80, per una resa molto confusionale. Se c’era una cosa che funzionava nella musica anni 80 era la pulizia dei suoni che qui manca. Si chiede di non prendere in considerazione le canzoni tristi e l’idea di base c’è; forse è la realizzazione che pregiudica un po’ troppo il risultato finale. Ci sono alcuni riferimenti abbastanza nitidi anche nel modo d’interpretare, ma non la stessa potenza espressiva. Si può far di più, si può far meglio, pur mantenendo questo approccio.
Cinque
Artiko – Stronza
Pezzo che è tutto quello che è modaiolo oggi, mescolato in maniera confusa e presentato con una frase ad effetto sgrammaticata che non piò essere assolutamente tollerata: “Noi ragazzi abbandonati a loro stessi vogliamo coronare un sogno e raggiungeremo i loro obiettivi in qualsiasi modo il nostro modo è la musica“. Ora mi chiedo: “può mai essere questo un biglietto di presentazione“? A costo di risultare boomer ( come questa generazione ama dire ) non giustificherò mai il voler uccidere la nostra lingua e farlo passare come una cosa figa. Ma poi, ne valesse il pezzo!!!
Due
Mario Biondi – You’ll Never Find Another Love Like Mine
Chiaramente a suo agio fra questi venti di jazz, che si alimentano fra fusion, swing e funky. E la sua voce in pezzi come questo è subito casa, subito un comodo divano. Ecco forse Mario ci sta però fin troppo comodo, così tanto da non costituire minimamente novità, ma nemmeno alla lontana. Tutto è fatto superbene; senti la band suonare alla grandissima, trasportarti nei mondi sonori di cui sopra senza alcuna difficoltà però… però manca quel brio, quella possibilità di scoprirsi curiosi nell’ascoltarlo. E’ sufficienza politica.
Sei
Daniela D’Angelo – Il modo giusto
Tutto molto onirico, talmente tanto che corre il rischio di restare lì, in una dimensione che non diventa tangibile, concreta mai, nemmeno al risveglio. Forse il motivo è dato dal fatto che è tutto tanto sintetizzato e quindi manca di una verità che ad un certo punto ci sarebbe voluta. Quando finalmente, verso il termine, sembra stia arrivando il corpo, ecco che tutto si confonde con sovrapposizioni di suoni e voci che ti fanno sperare in una fine veloce di questo sogno tormentato.
Quattro
Filippo Ferrante – Mescolerà
La costruzione del brano rivela una certa sapienza pop, anzi la conferma viste le prove precedenti dell’artista. Forse qui però si perde un po’ la ricerca di dimostrare una propria personalità, cedendo ad un fare di maniera con un arrangiamento piuttosto stereotipato, anche da punto di vista vocale, con troppa concessione alla doppia linea vocale, che fa perdere eventuali punti di forza.
Cinque
Gianni Fiorellino – ‘A Mamma è Sempe ‘a Mamma
Non posso giudicare questa canzone. Mi tocca troppo nel personale, compreso il video. Troppo.
Bravo Gianni
Giuliano Gabrieli & Officine Meridionali – E’ meridionale
Agglomerato di voci e musicisti tutti meridionali per portare in giro il suono popolare delle terre del nostro sud. Si canta in tutti i dialetti per quello che chiaramente non è un prodotto ma un vero e proprio progetto che, come tale, va portato in giro e fatto conoscere, crescere. Ci sono strade e palchi dove camminare, chilometri da macinare per farsi applaudire più che la radio che difficilmente può far posto ad una proposta simile.
Senza voto
Gentile – Che male c’è
Il brano non si può definire un prodotto mal realizzato. Spiega piuttosto esaurientemente la solitudine accettata e non vista come una nemica in una forma canzone curata e completa. Il problema però è che l’arrangiamento è un po’ polveroso. Sembra tirato fuori da un ripostiglio del teatro Ariston di Sanremo di metà anni 90. Appare tutto un po’ fuori tempo massimo.
Quattro 1/2
Ian Luis – Asociale cronica
L’idea del pezzo, che racconta di come un’unicità, una non conformità alla massa, possa essere un’attrattiva non è malvagia. Anche l’arrangiamento è comunque brioso, chiaramente molto da studio, come quasi tutto ultimamente, però originale nell’insieme. Forse andava dato giusto un po’ meno cadenza lamentevole all’inciso o, per lo meno, provare ad accentare una delle frasi che lo compongono. Azzardato invece il cambio di tonalità dell’ultima ripartenza dell’inciso. Errorucci insomma per un qualcosa che poteva andar meglio.
Sei=
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