Rosa Chemical risponde a Renato Zero e alle dichiarazioni dove attaccava lui e il suo staff.
Quando, ieri sera, ho proposto al mio Direttore di scrivere un punto di vista personale sulla vicenda Rosa vs Renato (che adesso vi spieghiamo se non ne sapete nulla, tranquilli) la risposta, come sempre, è stata positiva ma questa volta con riserva.
Ciò che leggerete, infatti, è un approfondimento non tanto sul tema ‘Rosa Chemical vs Renato Zero‘, che lascia il tempo che trova come tutto in questo Paese, bensì sul problema legato a un’intera generazione che giorno per giorno subisce critiche e pressioni e deve anche stare zitta.
Ecco perché la riserva sul tema. E’ delicato, importante ed estremamente divisivo però è necessario parlarne perché la situazione è sempre più tragica e non se ne esce. Cominciamo questa nostra analisi dai fatti: le parole di Renato Zero e la risposta di Rosa Chemical.
Rosa Chemical vs renato zero, ecco cosa succede
Nelle scorse ore si è tenuta la conferenza stampa di presentazione del nuovo tour di Renato Zero che, tra una domanda e l’altra dei giornalisti presenti, ha anche detto la sua sui giovani che si sono presentati a Sanremo, su Rosa Chemical e su tutto ciò che fa sul palco e fa vedere anche fuori.
Tra una frase ironica e l’altra, Zero spara a zero (lo so, il gioco di parole è necessario) su questi ragazzi e, ancora di più, sui discografici che li seguono:
“Non è colpa di Rosa Chemical, io assolvo questi ragazzi che non riescono a trovare la loro identità. E’ colpa di chi pensa che la musica sia una velleità, un mestiere improvvisato e che non rappresenti un lavoro duraturo. La formazione della personalità di un artista alla mia epoca era facilitata da un drappello di professionisti (assistenti, musicisti, autori, manager, discografici) che ti consigliavano.”
Aggiungendo che “ora i giovani vengono mandati allo sbaraglio, mandano in scena persone che non hanno quella preparazione. Io, invece, ho conosciuto ogni tipo di verdura perché me le lanciavano quando cantavo Il triangolo”.
La chiusura, poi, è ciò che la Stampa ha visto come attacco non leggero ma che, conoscendo il personaggio, rientra nella cifra stilistica e nello humor di sempre: “La provocazione di Rosa Chemical a Sanremo? Ogni giorno sui social vado scoprendo un numero di miei sosia abnorme, c’è un affollamento. Ma l’originale vince sempre”.
Hanno più peso e valore le prime parole che non le ultime, palesemente buttate lì per scherzo e non certo per offendere o chissà cos’altro. Il concetto iniziale, invece, merita un approfondimento.
Prima, però, è bene specificare che Rosa Chemical ha risposto e anche piuttosto bene con un semplice “Renato ti amo lo stesso” su Twitter e con “lui non lo è stato tanto ma io voglio essere affettuoso perché Renato è un artista che ho sempre stimato” ai microfoni di Domenica IN.
Insomma, Rosa ne è uscito bene quando poteva essere una debacle di un certo peso, dimostrando di avere tanta educazione e rispetto non solo verso l’artista ma anche verso l’uomo di 72 anni.
il problema generazionale è aperto
Come scrivevo all’inizio, la lite di per se ha poco conto perché, tanto, tra 24 ore avremo rimosso tutto. Il problema è che ogni giorno, indipendentemente dal settore, dal contesto socio-economico e dalle conoscenze, ci sono over 50 (più verso i 60) che non perdono occasione per dire “eh ai miei tempi noi sì che eravamo giganti e maschi alfa, non come voi 25enni di oggi”.
Ogni scusa è buona per aprire una faida intergenerazionale basata sul nulla.
Dite la verità amici under 35, quante volte vi è stato detto di stare al vostro posto, di abbassare la testa, di stare zitti “perché parla l’adulto” e non solo?
A me tantissime volte e ancora oggi, con 12 anni di carriera alle spalle e quasi 32 anni, trovo ostracismo e chiusura da parte di tantissimi colleghi e, in generale, over50 che si sentono i padroni del mondo (bel mondo che ci avete lasciato, ma vabbè).
Rosa Chemical ha 25 anni, soltanto venticinque, mentre Renato Zero 72. Blanco ha 19 anni, chi gli ha urlato di morire dalla platea dell’Ariston non meno di 45/50. Attenzione, io non sto entrando nel merito del chi ha sbagliato e chi non ha sbagliato perché altrimenti apriamo un altro capitolo di cui abbiamo ampiamente parlato in altri articoli.
Quel che dico è che dei ragazzi di 20/25/30 anni non hanno più il diritto di sbagliare, di provare, di viaggiare con le ali della loro giovinezza a 1000km/h, di provocare, di crescere ma, dall’altro lato è giusto e sacrosanto che un 70enne di grande esperienza come Renato dica che quel 25enne è solo una sua pallida imitazione (ergo, privo di personalità) o che lo staff con cui lavora sia inadatto.
E’ giusto che migliaia, se non milioni, di ragazzi e ragazze ogni giorno debbano abbassare la testa in questo Paese perché comandano gli adulti e non se ne esce. E’ così e basta.
Ecco cosa stanno facendo persone come Rosa Chemical, stanno cercando di urlare al mondo che non è così, che gli adulti fanno bene a raccontare le proprie esperienze e il proprio vissuto per darci indicazioni su cosa è stato ma poi, noi, andiamo con la nostra testa, le nostre gambe e i nostri sbagli.
Se ci bloccate, se ci impedite di muovere un passo perché vi sgretoliamo il terreno sotto i piedi (e tremate all’idea, inutile nascondersi) come pensate che possiamo crescere e, di riflesso, come pensate che possiamo far crescere tutto il contesto sociale che ci circonda?
Quando vi dicevo che la parte più importante del discorso di Renato Zero è legata allo staff, inadeguato al ruolo rispetto i top player della discografia del passato (un paio dei quali ha speculato e mangiato sul lavoro degli artisti e sulla musica, ma non lo diciamo a voce alta perché non sta bene), cosa pensate che debbano fare sti ragazzi della discografia di oggi?
Cosa devono fare gli uffici stampa o i manager, Renato? Quando dici che il loro compito, con te o con Claudio Baglioni, è stato in passato quello di costruire una vostra identità artistica devi considerare che era tutto, ma proprio tutto, diverso da oggi.
Voi non eravate costretti a sgomitare, non eravate 60 milioni, non dovevate lottare contro i mulini a vento e, soprattutto, avevate il tempo. Che bello e prezioso è il tempo, vero?
Noi, di tempo, non ne abbiamo e non ne abbiamo mai avuto ed è per questo che abbiamo imparato ad andare veloci, a correre, a fare tutto ciò che si deve, resettare e andare avanti in poche ore.
Sapete qual è il vostro continuo errore? Voi volete che le nostre tempistiche siano uguali alle vostre perché, in fondo, non riuscite a starci dietro. E sai qual è la differenza ulteriore? Noi non ve ne facciamo una colpa perché siamo consapevoli di essere nati in un contesto estremamente veloce al quale voi non siete mai stati abituati.
I discografici, e Dio sia lodato quando è avvenuto il ricambio generazionale poco prima del covid, cercano di fare il loro lavoro al meglio e parliamo di ragazzi e ragazze che hanno a che fare con artisti e artiste della loro stessa età nel 75% dei casi.
L’identità artistica di cui parla Renato Zero la stanno costruendo con vie e metodi diversi, con persone diverse da ciò che eravate voi e con contesti sociali e professionali totalmente diversi da quelli di 40/50 anni fa, e senza averne neanche il tempo.
Il punto, caro Renato e cari tutti, è proprio che non abbiamo tempo per spiegarvi che non abbiamo tempo e non vogliamo neanche perderlo per spiegarvi che dovete cercare in tutti i modi di stare al passo perché di essere offesi, screditati o, ancora peggio, denigrati non ne abbiamo né voglia né, soprattutto, tempo.
Il tempo, che bella cosa. Tenetelo sempre a mente. Voi lo avete avuto e ora ve lo godete. Noi non ne abbiamo mai potuto usufruire e ora dobbiamo lottare per averne almeno un po’. Fateci lottare e lasciateci fare, grazie.