Mauro Repetto, l’altra metà degli 883, in questo periodo è in giro per l’Italia pre presentare il suo libro autobiografico, “Non ho ucciso l’Uomo Ragno“, scritto con Massimo Cotto. Il libro, edito da Mondadori, ha come sottotitolo “Gli 883 e la ricerca della felicità“.
Nel corso delle presentazione del libro l’uomo ha finalmente risposto ad una domanda che ha assillato tante persone negli anni ’90: perché durante le esibizioni degli 883, sul palco, si limitava a ballare senza cantare?
“Io volevo cantare ma c’erano due motivi per cui non l’ho mai fatto”, spiega ai fan. “Con Cecchetto non avevo il coraggio e con Max ad un certo si è iniziato a parlare meno e non ho espresso il mio desiderio di cantare e sono andato alla deriva“.
In quel periodo di grande successo in cui gli 883 erano arrivati a vendere milioni di copie di ogni disco, Mauro scriveva i brani insieme a Max Pezzali ma, ricordiamo, era spesso vittima dell’ironia da parte di molti per il fatto che la sua presenza sul palco si limitasse a dei balletti.
Ecco le parole con cui Mauro Repetto ha spiegato perché non avesse mai provato a cantare in quegli anni. Il primo riguarda per l’appunto Claudio Cecchetto, talent scout che ha lanciato il duo e produttore dei loro album nonché manager:
“Eravamo ‘siderati’ dall’ambiente di Claudio Cecchetto, che a noi ci intimidiva, è un grande però all’epoca non avevo la forza, oggi sì, di alzare lil dito e di dire ‘Vorrei cantare’. Claudio aveva visto una fotografia e boom… era quella, funzionava così.
Ricordo che una volta ci disse: ‘questo è un aereo che sta andando così non cambiamo più niente, va bene?!?’ e noi ‘Sì, sì, sì…’.
Il primo motivo quindi era quello di essere intimiditi da uno che amavamo e che era intelligentissimo, ed era vero che funzionava così quindi io non ho mai avuto il coraggio di alzare il dito e di dire ‘Io vorrei fare il cantante’ e secondo la relazione tra me e Max.“
Il secondo motivo riguarda il rapporto con Max che, anche per il grande successo riscosso, era cambiato:
“La coppia è il vettore che va più veloce dal punto A al punto B, ma consuma molta energia, molta aria, molto carburante. Io e Max eravamo una persona sola non ne abbiamo parlato e ad un certo punto abbiamo parlato meno, abbiamo cominciato ad essere assieme ma a scambiare meno la parola. E secondo me la coppia ad un certo punto ha la claustrofobia, non ha più aria.
Talmente hai usato il carburante per andare veloce che ti trovo con tua moglie, col tuo amico, con la coppia e non vi parlate più. Io ad un certo punto parlavo molto meno con Max. Era un’alchimia, che penso sia nella la definizione della coppia, in cui non c”è più aria quindi anche con Max avevo difficoltà ad esprimere il fatto che io volessi cantare. E comunque andava bene così e non c’era la necessità in quel momento di cambiare.
E questo non parlarsi più mi ha portato ad andare un po’ alla deriva, a chiudere in me stesso.”