La musica, soprattutto quella pop, sta perdendo la capacità di regalarci canzoni che smuovano l’anima e che rimangano nel tempo. È un pensiero che ci sfiora da tempo, una riflessione che, nell’era di Spotify e con il tramonto del concetto di album, va fatta. E, a nostro avviso, è una riflessione che Niccolò Agliardi, cantautore, autore di libri, conduttore radio e tv, podcaster ma, prima di tutto autore di canzoni, ha espresso perfettamente sui social in questi giorni.
Laureatosi in Letteratura Italiana presso l’Università degli Studi di Milano discutendo una tesi sui luoghi reali ed immaginari presenti nei testi di Francesco De Gregori, Niccolò Agliardi è attivo discograficamente, prima come autore, dal 1999. Anche da prima, come Ghost writer, ma questa è un’altra storia.
Nel corso degli anni ha pubblicato quattro album, vinto due volte il Premio Lunezia e scritto canzoni per artisti anche molto diversi tra loro dimostrando spesso come anche la cosiddetta musica leggera può consegnarci belle canzoni. Tra gli artisti per cui ha scritto Laura Pausini, Mietta, Emma, i Lost, Eros Ramazzotti, Paola Turci, Paola Iezzi, Arisa, Irene Fornaciari, Simona Molinari e Cristina D’Avena.
Il pubblico più giovane lo conosce per aver scritto e curato tutte le canzoni della serie tv cult Braccialetti Rossi ma Niccolò Agliardi ha gravitato anche vicino al mondo del rap come giudice del programma di Mtv, Spit, ha scritto alcuni dei brani più belli del repertorio moderno di Laura Pausini, da Invece no a Frasi a metà passando per Simili, e vinto proprio con Laura il Golden Globe per Io sì (Seen) ottenendo anche la nomination agli Oscar.
Nonostante le sue basi musicali provengano dalla musica d’autore, da Ivano Fossati a Bruce Springsteen, Niccolò Agliardi ha sempre dato spazio e collaborato anche con artisti provenienti da altri generi musicali, rap compreso, senza mai criticare i nuovi linguaggi musicali ma parlandone anzi come racconti con altre grammatiche, altre letterature.
E veniamo quindi alla riflessione del cantautore sui testi delle canzoni di oggi. A differenza di altri prima di lui, Morgan in primis, quello di Agliardi non è un attacco ma una lucida, e anche amara, riflessione.
NICCOLO AGLIARDI SULLE CANZONI DI OGGI
“So bene che le canzoni pop mainstream riflettono ciò che è generalmente e socialmente accettabile ma è pur vero che, proprio poiché prodotte in gran parte da grandi aziende, succede che siano le canzoni stesse ad instillare il decadimento dell’offerta.
Da più di un decennio ormai, assistiamo a qualcosa che ha sempre meno a che fare con la musica leggera, e che sempre più spesso, si avvicina alla musica impalpabile.
A me non interessa, qui, fare sociologia delle canzoni balneari, che hanno certamente la loro nobile utilità evasiva; io sono dispiaciuto che oggi sia stato sottratto alle canzoni un potere micidiale. Quello di insegnare l’amore e non soltanto di rappresentarlo.“
Questa definizione, elegante come l’artista che la scrive, musica impalpabile, racchiude il senso di tutto. In fondo se ci pensiamo quali sono le canzoni pop che ancora oggi cantiamo e che sembrano durare nel tempo, facendo esclusione per i mostri sacri. Ci vengono in mente soprattutto due artisti: Cesare Cremonini e Tiziano Ferro.
Entrambi autori, seppur in modo diverso, di canzoni, anche quelle più leggere, in cui i testi portano con sé un immaginario. Nella musica c’è spazio per tutte le forme di scrittura e se Italodisco verrà cantata negli anni nei locali, un po’ come le hit dei Ricchi & Poveri, saranno canzoni come “Tango” di Tananai a restare dei classici quando vogliamo che qualcosa ci smuova l’anima.
E non è una questione di “canzoni d’autore”, come spiega bene Agliardi:
“Troppo facile sarebbe cedere alla lusinga dei nomi, quelli di ieri verso quelli di oggi e alla santificazione del passato. Non me ne frega nulla della “canzone d’autore” (che ho ascoltato e che so perfettamente dove reperire) e dello steccato tra cultura alta e cultura bassa.
Io sono incazzato perché non ho più canzoni in grado di sopportare e reggere il peso della mia anima. Di ricordarmi come ci si salva, e come si impara a costruire una vita attorno alle Ferite e non a metterci cerotti che si staccano al primo ritornello.”
“Sono incazzato perché non ho più canzoni in grado di sopportare e reggere il peso della mia anima…” è la frase che racchiude l’enorme mancanza a cui stiamo andando incontro nell’era delle playlist a random che selezionano gli artisti simili ai nostri gusti (che guarda caso non lo sono mai ma sono sempre quelli più in voga al momento).
Quale viaggio musicale, senza ricorrere al passato, possiamo intraprendere quando sentiamo quel vuoto dentro e abbiamo quell’esigenza incontenibile di ascoltare qualcosa che ci faccia sentire meno soli. Dove sono i brani come Destinazione paradiso o Sere nere oggi?
“Gran parte del pensiero e della comprensione emotiva si basa su un linguaggio metaforico per esprimere concetti ed emozioni complesse in modo efficace.
Ma la metafora deve poi ricondurre, in un modo o nell’altro alla verità. Altrimenti rimane favoletta. Lo stesso vale per la canzone, e ancor di più per la canzone d’amore. Quello che è successo tra algoritmi, radio e piattaforme è di aver prosciugato sempre più il linguaggio fino a riportarlo sui banchi della terza elementare.Allora c’è solo da ricacciarsi le lacrime agli occhi se le canzoni scritte in queste ore, sono destinate a diventare coreografie di tiktok dall’emivita brevissima.“
È solo sul finale della sua riflessione che Niccolò Agliardi si toglie per un attimo il suo completo elegante e si lascia andare ad una disanima sul ruolo della discografica, degli autori e dei produttori, che sfornano in serie le canzoni oggi…
“È critica storica, ormai, quella destinata al pop, di essere fatto in serie. Ma è impossibile negare che un numero ristretto di produttori artistici e autori creino una parte talmente grande delle hit contemporanee, da spiegare perché molte di esse risultino magistralmente povere e fastidiosamente identiche una all’altra.
È interessante constatare come nei comunicati stampa che annunciano valanghe di nuove uscite settimanali, i cantanti spieghino le loro composizioni attraverso virgolettati ben più significativi e vibranti di quanto non lo siano le canzoni stesse.“
L’artista conclude così, con una citazione di Paolo Conte:
“L’amore è un affare complesso, e per raccontarlo occorre prima di tutto verità e mestiere. “Ci va carattere e fisarmonica. Senso del brivido e solitudine.” (cit. Paolo Conte)
Ridurlo alla rima italica consunta del cuore-amore significa fargli del male e farsi del male.
Ci si dimentica troppo spesso che solo di metafora si tratta, perché le emozioni risiedono nel cervello e non nel sistema cardiovascolare. E che se si vuole provare a raccontare ancore l’amore nelle canzoni, converrebbe attingere almeno dal posto giusto.“
Questa quindi la profonda riflessione di Niccolò Agliardi, parole che sposiamo appieno visto che, pur rispettando ogni forma di musica e trovando che ci sia spazio, e anche necessità per tutto, a volte abbiamo la sensazione che stiamo rimanendo “senza canzoni”.