Le recenti vicende che hanno portato alla cancellazione di alcuni brani di Luigi Strangis, vincitore della 21esima edizione di Amici di Maria De Filippi, e di Aaron, concorrente della 22esima edizione, hanno messo in luce non solo i provvedimenti di Spotify sugli stream ripetuti e la mobilitazione dei fandom, spesso eccessiva e talvolta mal gestita, ma soprattutto il momento storico delicato che gli artisti emergenti, inclusi quelli lanciati da Maria De Filippi, stanno vivendo.
Streaming Gate, l’era dei Numeri che soffocano gli artisti emergenti
Il problema centrale dell’attuale era musicale può essere riassunto in una parola: numeri. Tuttavia, poiché i numeri hanno sempre fatto parte del mondo della musica, è più corretto parlare di “numeri nell’era dello streaming”.
Partiamo da un presupposto: non si tratta di fare moralismi, ma è innegabile che siamo tutti, o meglio molti, coinvolti.
Le case discografiche sono responsabili, poiché nella quasi totalità dei casi firmano contratti con i cantanti basandosi principalmente sull’engagement (ovvero il coinvolgimento e le interazioni) su Spotify e TikTok.
Sembrano capaci di promuovere efficacemente solo artisti rap e “indie”, lasciando quelli degli altri generi musicali affidati a figure come Maria De Filippi o al palco di Sanremo.
Gli artisti stessi sono complici, sia gli emergenti che, soprattutto, quelli della vecchia guardia — intendendo con questo termine coloro che sono esplosi negli anni ’90/’00. Essi non si ribellano a un sistema che li costringe a monitorare quotidianamente i propri numeri e, spesso, quelli dei colleghi.
Le persone che si occupano degli artisti, dai manager ai consulenti, sono anch’esse colpevoli quando si lasciano guidare dalla ricerca della hit (e del guadagno immediato), spinti dagli stessi artisti che oggi hanno l’ADV facile, dimenticando che una carriera si costruisce su canzoni solide e su un percorso coerente.
stampa, fan e tv… cosa manca? le canzoni
Anche noi della stampa abbiamo una responsabilità. Dagli uffici stampa che redigono comunicati ridondanti per annunciare nuovi traguardi basati sui numeri, fino ai siti web, pagine social di informazione e influencer, tutti cavalchiamo questi numeri perché sappiamo che, purtroppo, è ciò che il pubblico cerca.
Infine, anche i fan sono responsabili. Hanno sviluppato la capacità di affezionarsi più alle persone che alle canzoni. Nella maggior parte dei casi, imparano ad amare gli artisti attraverso uno schermo televisivo, desiderano storie d’amore (e si dividono se queste finiscono), vogliono lacrime e normalità… ma gli artisti sono tutto tranne che normali.
L’artista non ha qualcosa in più, ha qualcosa in meno. È proprio questa mancanza che lo spinge a scrivere canzoni, cantarle, suonare e salire su un palco. L’artista non deve essere irraggiungibile, ma nemmeno un nostro “amico”. L’episodio accaduto ad Alessandra Amoroso lo scorso anno dovrebbe farci riflettere su come stiamo perdendo la giusta direzione nel rapporto con musica e artisti.
E non è solo una questione generazionale o di ere musicali, perché non è così ovunque. Se andate a Londra, nei pub dove si suona musica dal vivo, troverete artisti emergenti che cantano i propri inediti e un pubblico che li ascolta. In Italia, invece, sentirete quasi esclusivamente cover.
In Italia, per la maggior parte del pubblico, sei considerato un artista di successo solo se vai in TV, preferibilmente da Maria De Filippi. Altrimenti, il tuo lavoro rimane un mistero. Peccato che lo stesso pubblico idolatrante ti dimenticherà in fretta e, nella maggior parte dei casi, ti etichetterà come un fallito qualche anno dopo.
Se non hai dischi d’oro o platino, se non riempi i palasport e non appari in TV, vieni visto come un fallito. È come dire che, se mia sorella (immaginaria) resterà cameriera e non diventerà caposala, sarà considerata un fallimento.
Come possiamo aspettarci che i giovani artisti riescano a sopportare tutta questa pressione e la cattiveria sui social senza sviluppare un’ossessione per i numeri?
Il Futuro degli Artisti Emergenti in Italia: Una Strada Sempre Più Difficile
Tra i commenti al post social sulla pagina di All Music Italia sul cosiddetto “Streaming Gate” (così lo ha definito qualcuno,ormai abbiamo un “gate” per tutto), emergono domande sensate:
“Quindi, come possiamo aiutare gli artisti emergenti che meritano? Le radio non li passano, non vengono invitati agli eventi, e se i fan li ascoltano un po’ di più, le piattaforme li penalizzano… Cosa dovremmo fare?”
E ancora: “Poi, quando mollano, come Sangio, Kekko o Gerardina, tutti dicono: ‘Poverini, facciamo qualcosa, dove sono i fan?’. Ma cosa possono fare davvero i fan? E perché, se io pago Spotify, non posso usarlo come voglio? È una limitazione della mia libertà. Perché vanno bene solo i numeri di chi fa comodo alle grandi discografiche, anche se si tratta solo di autotune e carne scoperta?”
Qualcuno prova anche a dare una risposta, e sono risposte molto sensate, per esempio quest’altro commento sempre pubblicato nel post Instagram di AMI qui…
“Sapete come si fa ad aiutare gli emergenti? Uscendo di casa e andando ai concerti, che ormai si tengono ovunque. Non ci sono scuse: alzatevi dal divano, spegnete Amici, X Factor, Sanremo, e andate nei locali a scoprire nuova musica.”
Ribadisco infine un concetto a me caro. Se anche Spotify, come Amazon e Apple, eliminasse il counter visibile degli ascolti, lasciando spazio solo alle classifiche, forse i giovani artisti non dovrebbero più affrontare l’ansia di essere etichettati costantemente senza avere il tempo di costruire la loro carriera. Dall’altra parte, i fan li supporterebbero senza l’ossessione di far salire i loro numeri.