30 Settembre 2024
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30 Settembre 2024

Lazza prova la fiammata con il nuovo album ma è più ‘Cenere’. La recensione di All Music Italia

Un viaggio audace tra pop e rap nel nuovo capitolo musicale del rapper

Lazza Locura recensione
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Lazza la recensione del nuovo album, Locura, a cura di Alvise Salerno.

Ormai conviviamo con il nuovo album di Lazza da più di una settimana ma era necessario attendere e far sedimentare le sensazioni. La fretta, in certi casi, non è mai buona consigliera.

Locura è arrivato sul mercato con grandi aspettative e le stimmate di ‘album dell’anno’, detto anche da chi vi scrive in modo frettoloso prima dell’uscita (motivo per cui ho abbassato l’asticella su The Weeknd, ma quello è un altro discorso…), ed è per questo che aspettare qualche giorno era l’unica cosa da fare prima di sparare a zero o elogiare in una recensione dettagliata.

Partiamo subito dalle certezze, una su tutte la capacità di Jacopo Lazzarini di essere sempre sul pezzo, questo è innegabile, e di riuscire ad allargare il proprio bacino d’utenza di album in album.

Lui stesso lo aveva detto in conferenza stampa di presentazione, “cerco di migliorare sempre curando i dettagli“, e riuscirci non era operazione facile dopo un vero e proprio capolavoro di genere come Sirio.

Ecco che qui scatta il meccanismo ‘a freddo’ della nostra recensione, perché è proprio Sirio il problema e al tempo stesso la soluzione di tutto il chiacchiericcio di questi giorni.

A caldo, subito, ascoltando Locura il ragionamento facile e immediato è che non sia Sirio, non ci si avvicini neanche lontanamente sia in negativo che in positivo. Ed è questo il punto, non deve.

Locura nasce con presupposti diversi, con intenti diversi e con un pubblico diverso. Sirio non portava sulla schiena il peso di Sanremo, delle classifiche, dell’essere il numero uno. Era un album nato in libertà e che doveva scrivere una storia che, ancora, non esisteva. I record di settimane consecutive in Top 100, i dischi di platino che tra poco diventano un bel diamante, unico album italiano e rap con tutti i singoli certificati. Nulla di tutto ciò esisteva durante la creazione di quell’album.

La scelta di Lazza per locura

Lazza è arrivato a questo suo quarto album in studio sapendo di avere uno storico da onorare ma senza la necessità di dovere dimostrare nulla a nessuno, quello sarebbe stato l’errore più grande perché nove volte su dieci la pressione diventa troppa e non ti fa lavorare bene.

La scelta è stata facile e, secondo me, dettata dalla grande consapevolezza di cui sopra: Sirio non si può fare, è e resta irripetibile. Soluzione? Cambiare tutto o quasi.

Spostarsi più sulla scia di Cenere ma senza dimenticare le origini, strizzare l’occhio al pop da classifica senza mettere da parte il rap, unire Laura Pausini e LilBaby che non sono due mondi opposti, sono proprio distanti intere galassie. Ambizione ma con piedi ben saldi al terreno.

In un ipotetico schema calcistico, dato che il Milan è la squadra del cuore di Lazza, lui è l’ariete di sfondamento, il numero 9 con dietro tutti i vari interpreti di un 3-4-2-1 con la Pausini, Guè e Marracash difensori centrali, come regista in mezzo al campo è stato scelto Drillionaire con a fianco LilBaby a sedare gli animi. Sulle fasce i due giovani che corrono forte, Kid Yugi e Artie 5ive, con Ghali e Sfera trequartisti classici con genio e sregolatezza.

La squadra principale è questa e tutti stanno al proprio posto ma, come si dice proprio in gergo calcistico, se il regista non smista bene i palloni tutta la squadra va in difficoltà.

Le canzoni del disco

Torniamo alla musica sfruttando questo paragone per sottolineare che il lavoro di Drillionaire è stato tanto, forse anche troppo, e si percepisce una generale mancanza di guizzi creativi.

Durante tutto l’ascolto si ha quasi sempre quella percezione di già sentito, di “questa mi ricorda…” oppure “somiglia a…” che, ci mancherebbe, non sono un peccato da punire con la pena capitale ma stiamo pur sempre parlando del nuovo album di un artista che arriva dai risultati di cui sopra con il lavoro precedente. Ci si aspetterebbe qualcosa di diverso.

A giudicare, tra l’altro, dalle storie di qualche giorno fa di Shiva e Guè in cui fanno chiari riferimenti al fatto che due brani di Locura siano simili a due canzoni della loro discografia (Canzone d’Odio/Non lo sai, Fentanyl/Trentuno Giorni), la sensazione è estesa a tanti.

A fare lo stesso giochino nelle storie anche Sfera che ha ripubblicato la sua 15 Piani proprio il giorno dell’uscita di Locura, affiancandola a Dolcevita.

E la sensazione continua se prendiamo Sticky di Drake, affiancata a -3(Perdere Il Volo), oppure la palese HOT con lo stesso intro di Hot di Young Thug per poi chiudere con Zeri In Più che ricalca il modello di Redrum di 21 Savage.

Ora, per chiarire ulteriormente un concetto chiave specifichiamo che qui nessuno sta dicendo che ci siano dei plagi, per nulla, ma solo che si avverte una generica stanchezza creativa che porta, inevitabilmente, a ricercare suoni e guizzi in qualcosa che giace nella memoria e che rimanda ad altro.

Locura non è un album brutto o uno di quelli che non merita di essere dove si trova, esordio quasi scontato al N.1 in tutte le classifiche esistenti in Italia, anzi lunga vita ad album come questo. Semplicemente non va paragonato al suo predecessore sotto ogni aspetto.

Arriviamo al titolo di questa recensione per dare l’ultimo slancio, perché il più grande cortocircuito psicologico creativo di Locura è Cenere.

Quella non è di sicuro la canzone più bella del rapper ma, senza dubbio, è quello che gli ha permesso di catturare un pubblico diverso, più ampio, il cosiddetto mainstream. E’ normale che avrebbe accontentato anche questa nuova parte di fan arrivata post-Sanremo.

Male da Vendere, per esempio, è una Cenere 2.0 rivista e corretta ma con la stessa identica struttura e un ritornello che, da qualsiasi lato la si vuole vedere, è uguale. E’ la canzone che serve alle radio e al pubblico generalista, quello che ascolta solo i singoli e non compra l’album, quello che non ha idea dell’esistenza di Sirio o di Re Mida.

E’ così sbagliato accontentare tutti? No, per nulla, se il lavoro totale viene gestito con equilibrio e Locura ha elementi diversi di vari generi ed epoche discografiche dello stesso Lazza che si mixano in modo equilibrato.

Come ovvio, i fan storici restano delusi perché volevano un Lazza old school al 100% ma quando tocchi certe vette devi osservare tutto, non solo una parte dimenticando le altre. Compromessi necessari.

Riassumendo…

Locura è un album da ‘campo largo’, forse un po’ ripetitivo e con molti punti poco ispirati ma, nonostante ciò, godibilissimo e con pochi momenti, anzi quasi inesistenti, in cui fai skip dei brani.

Ascolti, riascolti e ti piace con tutti i suoi pregi ma anche i suoi difetti in perfetto equilibrio.