Non sono mai stato un grande fan dei dischi di cover: innanzitutto perchè credo che per approcciare ad un’operazione artistico/commerciale del genere bisogna partire da un’idea ben precisa ed originale esattamente come accade per una raccolta di inediti, e non sempre il gusto personale dell’artista che pubblica un disco simile ne è garanzia; in secondo luogo penso che sia necessario selezionare le tracce con accuratezza, evitando di scegliere brani iper-famosi magari già proposti da altri artisti, per non correre il rischio di incappare nell’ennesima riproposizione di qualcosa di già sentito.
Detto questo, senza pregiudizi e carico del grande rispetto che nutro verso forse l’unica rockeuse italiana – Gianna Nannini ho messo le cuffie e lanciato questo Hitalia in riproduzione:
diciassette brani, anticipati da Lontano dagli occhi (il primo singolo estratto) pescati tra i classici (che più classici non si può) del repertorio italiano, da Nel blu dipinto di blu di Domenico Modugno a La canzone di Marinella di Fabrizio De Andrè, tutti riarrangiati in chiave rock melodico con l’intenzione di donare nuova linfa ed energia moderna a canzoni scritte diversi decenni orsono. Non mancano poi ospiti eccellenti come Massimo Ranieri in O’ sole mio, Vasco Rossi in Siamo solo noi e Gino Paoli ne Il cielo in una stanza a confezionare un album pieno di aspettativa e sorprese, almeno sulla carta.
La verità vera è che Hitalia non mi ha convinto nemmeno un po’, e paradossalmente non perchè Gianna canta male queste canzoni, ma perchè manca l’idea di cui parlavo prima, lo “scheletro” di album che potrebbe andare dovunque ma non va da nessuna parte ma paga lo scotto di scelte troppo facili e nazionalpopolari che hanno visto interpreti grandiosi già in passato e a cui non serviva questa restaurazione 2.0.
Gli arrangiamenti e la produzione di Will Malone sono come d’abitudine eccelsi, le interpretazioni di Gianna idem, peccato che il tutto funzioni soltanto in pochi episodi che riescono a differenziarsi maggiormente dagli originali come Pugni chiusi dei Ribelli a cui spetta la medaglia di pezzo più riuscito,
Dio è morto di Francesco Guccini (probabile secondo singolo) e la sua carica di tensione e l’inaspettato exploit di Mamma, resa celebre da Beniamino Gigli ed innumerevoli altri artisti in tutto il mondo (non a caso questi tre brani sono i meno “coverizzati” tra tutti, perlomeno in lingua italiana).
Il “problema” di questo disco è concettuale: la grande proposta di eccellenze italiche non risce a sopperire alla mancanza di un filo conduttore che arricchisca l’ascolto di un senso, una storia da seguire seppure raccontata con parole già note, risultando alla fine dei conti niente di più che una compilation di grandi successi del passato senza particolari valori aggiunti.
Il fatto non influente che Hitalia arrivi proprio a ridosso delle festività natalizie (assicurandosi prevedibilmente grandi risultati commerciali) mi lascia inoltre ulteriormente perplesso sulla scelta di Gianna, un’artista che ho sempre amato per la sua libertà, l’anticonformismo ed il coraggio delle scelte che l’hanno resa celebre.
Una promozione “politica”, nell’attesa di un ritorno più convincente.
CANZONE MIGLIORE: Pugni chiusi
VOTO: 6.5/10