Mimì non la si celebra ne la si commemora, lei non vorrebbe, basta “viverla” come si è fatto fino a vent’anni fa, quando era qui.
Ora come allora basta ascoltarla per farsi accendere dalla passione che, intatta, riesplode ogni volta che “quel” timbro, “quel” repertorio, “quella ragazza” s’inerpica, come fosse uno scalatore provetto, nel percorso spesso difficile per altri ma non per lei, di dare “corpo” e spessore a quella musica leggera ( sarà quella che ci gira intorno…) che ha avuto il privilegio di godersela come inevitabile protagonista…
Mimì meriterebbe un musical, un film, una storia, scritta con rispetto e amore, che la faccia conoscere anche a chi vent’anni fa non era ancora nato o sufficientemente grande da capirla, giusto perché “farla propria” è uno dei migliori destini che possano capitare ad un “ascolt-autore”.
Lo so, è un neologismo orrendo, ma è che quando canta, oltre a rendere giustizia all’autore al tempo stesso, ci fa diventare tali ( è un miracolo anche se con Lei si ripete SEMPRE…), come se noi potessimo ( e possiamo…) declinare e ciascuno alla propria maniera, il suo canto…
I Francesi l’hanno fatto con La Vie en Rose, un film dedicato a Edith Piaf (due Oscar, uno per Marion Cotillard come attrice protagonista), quella che oltre le Alpi, chiamavano la “chanteuse”, con un incrocio tra esistenza sul palco e vita reale del tutto privo d’artificio da non prevedere confine, in un viaggio terreno lastricato di inciampi del destino e risalite prodigiose. Anche perché Mimì non è una sola, tante hanno abitato nello stesso corpo, prendendo forma chi in un periodo chi in un altro, lontanissimo o molto vicino al precedente o al successivo, perché la “verità” di quella voce è più forte di tutto… Più di ogni altra, Mimì ha cantato tutto, azzerando quelle stupide divisioni tra musica “colta” o d’autore, pop puro da classifica, jazz da intenditori o ballads, evergreen e standard, ai quali ha aggiunto il suo tocco, ogni volta diverso, ma solo ed incredibilmente “suo”…
Ho 16 anni, sono un teen-ager complicato e, nel novembre del ’71, come regalo di compleanno, mi faccio Oltre la collina, un album come me intriso di difficoltà, come quelle che la vita ci prospetta, dove c’è Padre davvero, crudo come nessun altro brano sulla difficoltà di dialogo in famiglia ( come poi il “reale” ha ampiamente dimostrato), ma è bastato poco più di un anno e c’è Piccolo uomo di Bruno Lauzi, lo stesso che poi scriverà Almeno tu nell’Universo , sempre in quell’epoca ma che Mimì farà suo tornando a cantare, nel 1989, a Sanremo, dopo un periodo difficile, e già c’era un’altra Mimì, con corde vocali che non erano per niente sorelle delle precedenti ( due interventi due), ma sarà quel “roco” involontario a farla decollare definitivamente in quella dimensione aurea di assoluta verità con cui avrebbe poi affrontato tutto, l’amore cruento con Ivano Fossati e le decine di autori che hanno vissuto il privilegio di sentire ciò che avevano scritto diventare “arte vera” dalla gola di una donna che ha fatto troppa fatica a sopravvivere, sia alla sua fragilità, sia alle angherie di una vita e di una carriera talmente saldate da essere difficilmente vivibili se non da un “gigante delle emozioni” come Lei…
Mimì è lì, freakettona o sofisticata, popolare e raffinata, mai vista triste, forse malinconica, con una risata contagiosa come l’allegria di tante sere, quella di tanti concerti vissuti con partecipazione e la gioia consapevole di aver davanti e anche dentro Lei… E` un repertorio, il suo, che sa far fronte a qualsiasi esigenza si abbia quando si sceglie di sentire “quella canzone” perché ci serve in quel momento e non in un altro e poi la vita di ciascuno di noi fa “classifica” da sola, e non solo con le hit più celebri, ma anche con quelle canzoni che inspiegabilmente diventano più tue di altre: Picnic, la versione italiana di Your song di Elton John è sul podio, un gradino sopra c’è L’alba mentre …e stelle stan piovendo regna quando la notte si fa troppo lunga per essere vissuta tutta…
Mimì è un Continente, bisogna visitarlo, anche se dalla carte sembra scomparso quel 12 maggio del 1995: anzi è tutto da scoprire ancora adesso, quello sul quale piantare la bandiera, noi che una “nazionalità” d’intenti e cuore, a fatica, riusciamo a trovarla…
Mauro Coruzzi