La mia notte prima degli esami.
Ricordo quella prima dell’orale di maturità classica.
In giro per Milano fino all’alba. Colto da ansia da prestazione. Eppure avevo studiato. Insomma si fa per dire.
Vedevo Omero in piazza del Duomo. Leopardi mi seguiva a passi lenti in Galleria. Catullo era l’ultimo trans che non demordeva. Appoggiato ad un’auto recitava versi. Saffo si mangiava pane e porchetta in un chioschetto. Amnesia totale.
Confondevo Mazzini con Mina Mazzini. E Cesare Battisti con Lucio Battisti. Decisi di andare direttamente a fare l’esame. Senza dormire. Senza cambiarmi.
Ero vestito con canottiera grigia, pantaloni corti e sandali indiani. Ed ero piuttosto fumato.
“Cominciamo bene” tuonò un professore (in giacca e cravatta bagnato fradicio di sudore) guardandomi. Sorrisi come un condannato a morte puo’ sorridere. E con la mia usuale faccia da culo e di sfida al mondo.
Mi chiesero anche quanti peli aveva sotto le ascelle Pascoli. E per loro disdetta risposi a tutto. Un po’ perché sapevo… un po’ per ragionamento indotto… da me stesso. E sessanta sessantesimi furono. Alla faccia loro e del mondo.
Andai poi su una panchina dei giardinetti. Esultavo. Da solo. Come dopo aver fatto un gol all’incrocio dei pali. Evvai. Ma vieni. Goooooool. Poi su quella panchina mi addormentai.
A differenza di certi mie colleghi che hanno raccontato la loro maturità… so di non essere di esempio per i ragazzi maturandi. E non voglio esserlo.
Cosa dirvi ragazzi miei. Siate voi stessi. E sappiate che, per fortuna, la maturità non si raggiunge mai.