Ieri è uscita in tutti i negozi di dischi e nei digital stores la Live edition di Andrà tutto bene, l’ultimo album di inediti di Nesli. Ma non è la sola novità che riguarda il cantautore di Senigallia, infatti Andrà tutto bene è anche il titolo del primo romanzo autobiografico che arriverà nelle librerie per Mondadori l’8 settembre.
Per questa importante doppia uscita Nesli ha incontrato stampa e pubblico per raccontare il perché di un libro e cosa rappresenta per lui questo nuovo album.
Noi di All Music Italia eravamo presenti sia alla conferenza stampa che all’incontro con il pubblico moderato da Paola Gallo e vi riportiamo un sunto di questa interessante chiacchierata corale con il cantautore.
Quello che arriva alla Mondadori di piazza del Duomo a Milano è un Nesli elegante, rilassato, ma allo stesso tempo emozionato.
Ha voglia di raccontarsi e di essere capito e questo entusiasmo gli si legge chiaramente negli occhi. Con lui c’è il suo produttore artistico, l’artefice della sua “rinascita”, Brando.
E poi c’è un disco, ma soprattutto un libro, da presentare.
Un libro scritto in un anno circa ma che in realtà ha iniziato a prendere forma due anni fa bloccato in un cassetto da un periodo discograficamente turbolento.
Come è nata in te la scelta di scrivere un libro e, da cantautore, ti è venuto facile scriverlo come per le canzoni?
Gli input in questo senso erano tanti, mi era stato chiesto più volte di provare a scrivere un libro ma l’ho fatto quando ho sentito che era arrivato il momento giusto. E il momento giusto era esattamente questo, ne prima ne dopo.
Ora sentivo di avere una storia da raccontare e volevo farlo. In passato non ero pronto ad aprirmi così tanto perché la verità è che questo libro racconta davvero tanto di me e – a differenza di una canzone – qui non c’è libera interpretazione, è tutto nero su bianco… ma oggi sentivo l’esigenza di essere capito in quello che faccio: il cantante. Ed in fatti il libro ha dei riferimenti musicali che chi ascolta la mia musica può collocare temporalmente.
E´molto diverso scrivere una canzone rispetto ad un libro… scrivere una canzone per me è divertente, è più veloce, sono istantanee, scrivere un libro lo è molto meno. Devo ringraziare Valentina Camerini che mi ha aiutato a mettere ordine nel mio caos di idee.
Come è stato il tuo approccio alla scrittura?
Il libro non segue un ordine cronologico, c’è un evento che fa da guida, un episodio con cui si apre e si chiude il racconto. Mi piaceva l’idea di scriverlo in modo quasi cinematografico, con degli sbalzi temporali anche per alleggerire la lettura.
Tra le pagine di Andrà tutto bene compaiono dei frammenti di testi inediti. Come mai li hai inseriti?
Mi piaceva l’idea di utilizzarli per rafforzare le sensazioni di alcuni passaggi di quello che racconto, ho tantissimi testi e poesie da parte perché io scrivo di continuo, solo che Brando ovviamente mi ripete che è presto per entrare in studio e lavorarci per il nuovo disco e allora li ho inseriti nel libro, senza dirglielo (ride ndr)…
A questo punto prende la parola Brando:
Francesco scrive moltissimo, per lui è un’esigenza farlo, spesso nel comporre la sua musica parte proprio dai testi, riempie interi quaderni dei suoi appunti… avrà come minimo novanta testi pronti. Ci tengo a dire che era da tanto che voleva raccontare la sua storia ed in questo libro ed è stato molto diretto, c’è il racconto di molti momenti difficili, alcuni causati anche da se stesso… speriamo sia solo l’inizio di tante storie perché lui in fondo è un portatore di guai sano.
Nesli conclude
Questa nuova esperienza potrebbe anche influenzare il mio modo di scrivere, di certo c’è che da quando ho finito il libro ho scritto tantissimo.
Che cosa ti aspetti da questo libro? Come pensi reagiranno le persone?
Sono certo che in molti mi aspetteranno al varco chiedendosi – Scriverà bene o male? – del resto io sono un po’ figlio del pregiudizio, anzi credo che forse per una parte della mia carriera questo pregiudizio sia stato importante perché ho dovuto comprenderlo e imparare ad affrontarlo. Capire che in parte è normale ci sia, del resto anche io sono umano e ne ho come tutti, però la cosa figa sarà distruggerli.
Devo dire che quest’anno ho avuto una grossa opportunità per affrontare parte di questi pregiudizi grazie a Sanremo dove in cinque giorni, tra esibizioni ed interviste, ho avuto la possibilità di spiegarmi meglio, di farmi conoscere per quello che sono oggi.
Quale è stato il capitolo più difficile da scrivere e quale invece quello che nel rileggerlo ti emoziona di più?
Il capitolo più difficile da scrivere è stato sicuramente quello sulla famiglia, è stato doloroso. Allo stesso tempo però è anche il capitolo che mi emoziona di più. E´un po’ la parte “formativa” del libro.
Perché la farfalla in copertina?
La farfalla in copertina per me ha una doppia valenza. Può essere solare e dark allo stesso tempo, per me rappresenta la rinascita ma poi lascio ad ognuno libera interpretazione.
Cosa rappresenta per te l’uscita del libro e di questa live edition di andrà tutto bene?
Per me questo è un punto che apre un nuovo inizio. Sigillarlo con il mio primo disco live e mettendo nelle pagine del libro tutto quello che di bello, ma sopratutto di brutto, c’è stato fino ad oggi è come celebrare “un funerale felice” con cui mettersi tutto definitivamente alle spalle.
Alcuni dei famosi pregiudizi di cui parli nascono dal coraggio che hai avuto nel lasciare il genere con un hai iniziato, il rap, per passare ad un altro mondo musicale. Come è stato il passo dal rap al cantautorato?
Per me è stato salto un salto nel vuoto perché ho dovuto staccarmi dalla musica rap, era quello che sentivo di dover fare. Non sopporto alcuni miei colleghi che in realtà non scrivono più rap ma non riescono ad ammetterlo, parliamo di due mondi musicali completamente diversi, se fai uno non puoi fare l’altro.
In realtà la mia scrittura era già anomala nel rap fin dall’inizio e infatti questo mi rendeva meno efficace, dovevo ascoltare tanto rap americano e a volte sforzarmi per scrivere, quando l’ho capito ho cambiato il mio modo di fare musica ed ho seguito quello che mi veniva istintivo fare.
In questo senso Sanremo per me è stato utile proprio per dimostrare questo e per far capire che, anche senza il bel canto perché io non sono certamente un cantante dalle grandi dote canore o precisissimo, puoi comunque essere un artista che comunica emozioni… del resto tanti artisti americani sono efficaci senza appartenere alla scuola del “bel canto”.
E come mai la scelta di Buona fortuna amore per questo importante passo?
Per me è stata una scelta naturale, potevo scegliere altri brani del disco e andare lì facendo il diverso, quello che risalta nella competizione al di là della classifica, invece no per me la sfida era proprio quella di essere uno che presentava una canzone e voleva farla ascoltare come tutti gli altri.
Parlando della live edition di Andrà tutto bene, escono di dischi così quando uno è molto felice del viaggio che ha fatto e soprattutto ha delle cose da far sentire. E´così per questo disco?
Assolutamente sì, per me è una testimonianza importante.
Quello che ha seguito Sanremo per me è stato il tour più importante che ho fatto. C’è stata la ricerca di un suono e la difficoltà di portare in giro quell’esatto suono, ma ci siamo riusciti. E poi avevo con me una band fortissima e per la prima volta in cui ho avuto l’opportunità di risuonare tutte le mie canzoni con la produzione di Brando a 360 gradi.
E´un tour che a differenza del passato è stato fatto per le canzoni invece prima il processo non era mai al 100%. Qui lo era ed era bello raccontarlo…. ci sono stati palchi prestigiosi e importanti e per me ha rappresentato “l’inizio”. Non avevo mai fatto un DVD prima di oggi proprio perché la mia carriera era diversa.
Questa è la testimonianza materiale che il messaggio positivo che cerco di portare a chi mi ascolta ha girato tutta l’Italia.
Con che approccio hai lavorato alla lavorazione del DVD?
Con Luca Tartaglia che ha curato le riprese e il montaggio abbiamo cercato di raccontare il live come un film con però il pathos e il ritmo di un video, l’idea di chiamarlo film nasce proprio da questo concetto. Le canzoni sono registrate da diverse date del tour e sono state fatte riprese da ogni prospettiva in modo che chi lo guarda, che sia io o il pubblico, si trovi di fronte a delle immagini inedite che non ha potuto vedere durante il concerto.
Cosa rappresenta questa Live edition per la tua musica?
Questo è un disco che abbiamo registrato come un live e allo stesso tempo un live che poi abbiamo registrato come un disco. Ci sono delle canzoni vecchie che ora sono state suonate e cantate come andavano fatte, e ce ne sono altre che probabilmente avevano bisogno di una seconda opportunità. Per me è come se andassero a sostituire le vecchie versioni. In qualche modo è un resettare, riazzerare tutto quello che ho fatto e per me è il miglior punto di partenza che avrei potuto immaginare per la mia musica.
Alla fine dell’intervista chiedo a Nesli di mettersi nei nostri panni, ognuno dei presenti alla conferenza stampa dopo averlo ascoltato andrà a casa e troverà un titolo che riassuma quello che lui ha raccontato… per questo gli chiedo se tu fossi al posto nostro che titolo daresti a questa “chiaccherata”?
Lui risponde col sorriso e convinzione: “che è bravo a scrivere davvero… ci sta, del resto mi hai chiesto cosa scriverei io…” (ride ndr)
Ed io l’ho preso in parola, non prima però di essere tornato a casa, aver letto il libro in qualche ora e aver constatato che sì, non si puoi negare, Nesli è uno bravo a scrivere davvero.