I Mad Shepherd sono un’alternative rock band di Roma. Con il loro beat incalzante, il suono duro e diretto della loro musica e la tensione emotiva dei testi trasformano lo stile rock contemporaneo in un intenso ed esplosivo show.
Dopo due EP registrati tra il 2009 e il 2012, un brano incluso nella compilation “Riot on sunset vol.22” della 272 Records (Los Angeles), la selezione degli speaker di Radio Rock (FM 106.6) per “Festivàl” e la finale del Contest “Suona i Foo Fighters e sali sul palco del Rock in Idrho” organizzato da Sony Music, sono entrati in studio nel luglio 2013 per la produzione del loro primo LP.
L’album d’esordio “Monarch“, che vede la luce grazie alla co-produzione di Walter Babbini (Zucchero, Morricone, Negrita), che ha registrato e missato l’album presso i Revolver Studios di Guidonia (Roma) e con alla batteria l’ospite d’eccezione, Valter Sacripanti (Frankie Hi Energy, Massimo Varini), ha acquistato ulteriore valore grazie al mastering di Howie Weinberg (Oltre 200 dischi d’oro prodotti con artisti come Muse, Metallica, Deftones) realizzato presso il suo Howie Weinberg Mastering studio di Los Angeles.
La formazione dei Mad Shepherd è la seguente:
Stefano Di Pietro – Voce
Salvatore Dragone – Chitarre
Francesco Leone – Basso e cori
Marco Fiorenza – Batteria
Monarch è il brano che abbiamo scelto di presentarvi e che da venerdì verrà trasmesso per una settimane, due volte al giorno, dalla nostra emittente partner Radio Hinterland. Per chi volesse approfondire la sua conoscenza ecco il link della loro pagina ufficiale Facebook.
L’INTERVISTA
Italiani, di Roma, ma artisticamente “inglesi”. O americani che dir si voglia. Chi sono i Mad Shepherd? Il nome è scelto solo perché “fa figo” come direbbero da qualche parte o c’è un’altra motivazione dietro?
Dici che il nostro nome “fa figo”!? beh allora vuol dire che funziona! A parte gli scherzi è stato una scelta un po’ causale che poi si è armonizzata perfettamente con il concept che stava nascendo man mano che scrivevamo i pezzi dell’album. Il pastore matto è un personaggio immaginario, una specie di nuovo fool shakespeariano che nella sua follia dice la verità! Direi che incarna anche la natura del gruppo un po’ folle, un po’ ironica ma allo stesso tempo, strano a dirsi, profondamente seria.
Il rock in Italia spesso viene associato a figure nazionalpopolari che hanno l’esigenza di mischiarlo al pop per arrivare alla massa. Eppure la scena underground pullula di progetti che il rock lo fanno per davvero, nudo e crudo. Voi ci rientrate a pieno titolo, avendo tra l’altro partecipato a svariati eventi live legati al genere. Qual è secondo voi lo spazio del rock in Italia? E’ davvero così difficile vivere di rock in questo paese?
Diciamo che il panorama musicale italiano è spesso molto “provinciale” come tutte le realtà lontane da centri nevralgici di produzione culturale e discografica. Certo questo fa di noi magari anche un gruppo rock provinciale non lo nego e anzi ce ne rendiamo conto e cerchiamo di migliorare e aprirci sempre ad una realtà internazionale. Ci sono giovani che soprattutto negli ultimi anni sono potuti crescere respirando a pieni polmoni musica proveniente dalla discografia internazionale, sentendo solo musica in inglese o in tedesco o islandese. Stefano (cantante) per esempio è vissuto anche per lunghi periodi in America e quindi ha visto anche con i suoi occhi contesti molto diversi. L’industria discografica italiana però sembra non cercare stimoli dall’esterno, chiudersi a riccio in ciò che vende tra le nostre quattro mura domestiche e comunque riproporre prodotti discografici che hanno tra le maggiori influenze solo gruppi autoctoni con una spruzzata del fenomeno internazionale del momento. E quello funziona e vende, almeno per un po’, il resto muore nelle cantine. Questo è triste oltre che stupido, perché chiaramente non punta al lungo periodo e non aspira a mercati freschi come possono essere, non solo quello americano o inglese in cui c’è una concorrenza fortissima, ma realtà come l’Australia, il Canada, il Brasile, la Germania, l’Est Europa in cui di rock se ne produce e ascolta tanto e non è detto che un po’ di questo non possa venire dal nostro Paese. Pensare che un gruppo possa vivere di musica facendo solo tour in Italia è una triste realtà italiana e certo si tratta di un’anomalia. Noi continuiamo a sperare che qualcosa cambi e ci capita ogni tanto d’incontrare persone che credono nel nostro progetto e che la vedono come noi. Bisognerebbe fare sistema, quella probabilmente è l’unica strada per “uscire” sia in Italia e poi anche all’estero. Creare una scena musicale rock fatta di musicisti, professionisti del settore e ascoltatori di musica che non punti ad una serata riuscita ma a qualcosa di più grande.
Quali sono i vostri punti di riferimento musicali, le vostre fonti di ispirazioni?
Diciamo che sono abbastanza eterogenee ma abbiamo alcuni mostri sacri che secondo noi sono tra i pochi che riescono veramente a scrivere musica originale oggi e molti altri sono delle riproduzioni più o meno originali ispirati da questi, tutti gruppi che hanno una certa maturità artistica ma che hanno cominciato a scrivere capolavori anche molto giovani. Gruppi come i Queens of the stone Age, i Foo Fighters, Nine Inch Nails, A Perfect Circle, Deftones, cantanti e autori come Mike Patton, Chris Cornell, Corey Taylor, Dave Grohl, Myles Kennedy, Eddie Vedder, Mark Lanegan. Delle cose uscite da poco in ambito rock c’è poco di veramente interessante, qualcosa nell’ambito metalcore o elettro-rock, ma suonano sempre molto pop, diciamo nel filone Linkin Park, ma non veramente degno di nota come quello che producono questi gruppi ormai sulla scena da più di 20-30 anni.
Il singolo che ci presentate, “Monarch”, dà anche il titolo al vostro primo album, di cui è possibile ascoltare alcune anteprime su Soundcloud. Parlateci del pezzo e di come è nato il vostro progetto discografico omonimo.
La storia del video, che racconta molto bene il testo della canzone, si svolge in una metropoli post-moderna. Questo scenario rappresenta la società in cui viviamo. “Monarch” è una tecnica di “controllo mentale” inventata dalla C.I.A. per controllare e addestrare gli agenti attraverso l’ipnosi, essa rappresenta la metafora della società contemporanea in cui sembra essere finito il momento del dialogo e si è spinti solo ad una comunicazione di massa volta a vendere di tutto: un voto, un’idea o anche un sentimento. La traccia racconta la liberazione del protagonista dal controllo mentale da parte del “villain” che ne ha fatto un suo schiavo. Il protagonista sotto controllo mentale (Stefano) serve al cattivo perché la sua musica è uno strumento che gli è utile per spingere il pubblico ad omologarsi e ad accettare passivamente il suo volere. Il personaggio alla fine del video si libera e incita gli altri a combattere. Direi che, come in un po’ tutto l’album, si racconta la società così come la vediamo noi, ma il tutto è soprattutto incentrato ad una reazione, non alla rinuncia passiva che spesso caratterizzava parte dell’alternative anni ’90 o anche il post-rock o indie degli ultimi anni, ma una spinta a cambiare le cose o anche a cambiare solo la propria vita.
Il video del brano, uscito da pochi giorni, strizza anch’esso l’occhio all’estero. Chi lo ha ideato e progettato? Ciò che ci ha più colpito è la presenza di uomini senza volto. Una scelta stilistica o c’è un legame con il testo del brano?
L’idea era quella di Stefano (cantante) che ha dato delle linee guida basate sul testo che ha scritto, al regista Stefano Poletti, che ha interpretato il concept in maniera anche personale essendosi appassionato molto alla canzone e alla tematica. Gli uomini senza volto rappresentano gli uomini tutti uguali che la società così strutturata tende a creare; uomini che perdono il loro volto, la loro caratteristica di umanità e soprattutto di identità personale e irripetibile.
Come vi vedete nel futuro? Quali sono gli obiettivi a breve e lungo termine dei Mad Shepherd?
Ci vediamo chiaramente in cantina a piangere!!! No, dai speriamo di uscire ogni tanto! Allora per ora suonare, suonare e anche suonare. Abbiamo delle date a brevissimo in Calabria un mini-tour di tre date: 30, 31 Maggio in elettrico e 1 Giugno in unplugged. Poi il 7 Giugno suoneremo al Roma 70 Festival. Poi stiamo partecipando ad un paio di contest tra cui quello per Rock in Roma, quindi incrociamo tutti le dita! Stiamo inoltre definendo alcune serate per luglio e poi un piccolo tour in piena estate che terminerà con il Frogstock festival, un’importante palcoscenico che non vediamo l’ora di calcare, a fine Agosto. Aspettiamo qualche conferma per comunicare ufficialmente le altre date.