Ermal Meta ovvero quando le linee del pop sono tirate da una mano ferma.
La semplicità si rivela essere sempre il miglior ingrediente per arrivare ad un pubblico vasto e se poi condisci il tutto con una sapienza ben radicata nella materia che proponi, in questo caso la musica, anche quelli con la puzzetta sotto al naso, i cultori del bello ( dove spesso alla voce bello corrisponde quella di incomprensibile ) possono unirsi al coro dei consensi, senza sentirsi per questo defraudati del loro fiero status di nemici dalla musica radiofriendly.
Se ascolti Umano, il primo disco da solista di Ermal Meta, puoi trovarci tutto questo; una linearità pop come poche, che arriva dritta grazie ad una scrittura pulita, identificabile con una forma canzone finanche solita, ovvero strofa, inciso, strofa, inciso, variazione, inciso di chiusura, ma il tutto supportato da testi scorrevoli si, ma non banali, di vita quotidiana si, ma di uno che però non è che sta li a fare l’uncinetto ( mi perdonino gli amanti della disciplina ), di amori finiti si, ma per cui non restare fermi a martellarsi le gonadi, metabolizzandoli con addirittura un pizzico di seraficità e distacco, di dolori personali infine si, ma che appaiono però vinti, estirpati alla radice; ergo non commiserazione ma reazione.
Forse Ermal ci avrà dovuto lavorare un po’ su per arrivare a tale risultato ma ad esempio la canzone sul padre mostro, Lettera a mio padre, è davvero il giusto connubio tra la rabbia di una vita e la propria resurrezione che la sconfigge, tra quello che non è stato un padre “ti sputano nel mondo solo per avere un pasto facile” e quello che ti auguri sarai tu “forse un giorno diventerò padre e gli dirò di cambiare le stelle”; la reazione che induce ascoltandola è solo gioia che ti fa vedere come un cuore pulito trova la sua strada per venire fuori dalle tenebre.
Le musiche di Umano galleggiano tra il terreno fertile che è quell’enorme bagaglio che un trentenne di oggi si porta dietro, ovvero gli anni 80, oggi decisamente più lodati di quanto non fossero derisi dai puritani del rock allora. Ermal se ne è cibato ( la sua voce ricorda molto da vicino quella del Nik Kershaw di Wouldn’t it be good) e qui li rende nell’incalzare elettronico di Gravita con me o negli echi della già nota Odio le favole ( terza tra i giovani a Sanremo ) dove sei avvolto tra i tuoi pensieri per cercare di capire perché se “io ti voglio ancora bene e pure tu” te ne sei andata? Sarà perché sei una stronza? Eh si! Quando ce vo, ce vo!
E poi c’è A parte te che i più riconosceranno come Sempre sarai, singolo portato al successo da Moreno, avvalendosi di un signor featuring, ovvero nostra signora delle interpreti Fiorella Mannoia. Vi dirò: sapete che preferisco l’interpretazione di Meta? Non per l’indiscutibile Fiorella, ma forse per il senso più preciso che ha il pezzo tutto in questa versione, quel qualcuno del racconto che non c’è più, ma che puoi permetterti anche di non percepire si parli di lui perché, sarà per quel sospiro iniziale o per la voce che si rompe sul finale, il mood del brano ti è già chiaro così, ti ha già preso.
Dicevamo semplicità di discorsi pop no? Volevo dirti è la ricerca della pace quotidiana tra le proprie certezze e pareti, a dispetto di un mondo dove la guerra dei pochi sono in tanti a farla, mentre la title track è il continuo combattimento tra il nostro essere umani e la nostra anima, coscienza correttiva di ogni nostra negligenza, che ci fa preferire un lampione ad una stella, solo perché quella luce è più vicina, ma alla fine appese ad un filo sottile ci sono tutte le stelle che abbiamo osservato. Schegge è la passionale chiosa di un disco che il suono del vinile, a mio avviso, renderebbe perfetto. Suona di tutto Ermal Meta ed anche in Umano sono pochissimi gli interventi di altri musicisti, come chi ha ben precisa nella mente la strada da seguire per arrivare a chiudere il cerchio della propria proposta, senza la paura che una volta chiuso questi non sia perfettamente circolare. Sarà la sapienza musicale di cui prima, sarà l’esperienza pregressa con la band La Fame di Camilla, guidata per quasi un decennio, o forse il tempo speso ad affinare la propria scrittura dando brani ad altri artisti, ma oggi Ermal Meta ha messo sulla schiena le ali come artista; se poi queste siano attaccate su delle cicatrici egoisticamente a noi non può che far piacere. Ne giova il racconto, ne raccogli i frutti Ermal!
BRANI MIGLIORI: Odio le favole/Umano/ Lettera a mio padre
VOTO: 7 e mezzo
TRACKLIST:
- Odio le favole
- Gravita con me
- Pezzi di paradiso
- A parte te
- Umano
- Volevo dirti
- Bionda
- Lettera a mio padre
- Schegge