Conosco Raphael ormai da parecchio tempo. Ho bazzicato la scena reggae con una certa assiduità negli ultimi dieci anni e, grazie a tante notti che non esaurivano la propria magia fino alle cinque del mattino, ho avuto il privilegio di osservarlo crescere e maturare, e questo sin da quando era il frontman degli Eazy Skansers e iniziava a farsi apprezzare come uno dei più promettenti artisti del movimento.
Successivamente ci siamo incontrati in diverse occasioni, nel 2011 lo intervistai per il libro sulla storia degli Africa Unite e l’anno dopo lo vidi aprire il concerto di Ky-Mani Marley a Genova in un evento che mi aveva visto fra gli organizzatori. Senza considerare le tante volte in cui andai a sentirlo quando, insieme a Bunna e all’amico Zibba, per divertirsi e divertirci coverizzava alla grande i pezzi di re Marley con il progetto Double Trouble feat Bunna.
Ebbene una cosa ricordo con assoluta certezza di quelle tante notti fumose alla ricerca del white rabbit della musica in levare, e cioè che tutti i musicisti e gli artisti della scena che ascoltavano questo giovane ragazzo italo-nigeriano convergevano convinti su un punto: “Raphael è un fenomeno, spaccherà”.
Per questo oggi, oggi che è appena uscito Reggae Survival – il suo secondo disco solista per l’etichetta americana Sugar Face – sono felice. Felice come tutte le volte in cui qualcosa di intelligente, consapevole e artisticamente valido arriva sul mercato.
Raphael ha presenza scenica, talento, ispirazione e quella luccicante visione musicale propria degli artisti visionari. Songwriter capace – i suoi testi pregni di consapevolezza e apertura verso il mondo sono lì a testimoniarlo – performer dotato di una vocalità sontuosa, ha trovato in questo nuovo lavoro la giusta quadratura del suo cerchio magico.
Reggae Survival è un album a suo modo positivo, ricco di sfumature e pervaso dalla gioia di essere comunque vivi in questo mondo che è brutto soltanto se siamo noi a renderlo tale. Ma è anche un disco che non ha paura di scuotere le coscienze, sporcarsi le mani, invitarci a riflettere, a togliere quel fottuto sporco sotto il tappeto. Testi impegnati e di denuncia affrontano temi legati principalmente ai diritti sociali, trovando interessanti spunti nel pensiero di personaggi come Fela Kuti, il re dell’Afrobeat, e Josè “Pepe” Mujica, rivoluzionario ex Presidente dell’Uruguay, che Raphael ricorda attraverso frammenti di alcuni loro discorsi pubblici. Il tutto senza smettere nemmeno un secondo di farci muovere il culo e ondeggiare la testa con le mani alzate a intonare poesie belle come solo il vento.
Il grande Bob Marley – che di Raphael è stato mito e punto di riferimento costante – una volta in un’intervista spiegò così la musica reggae: “Il reggae è musica che procede a testa alta, per essere alla sua altezza devi essere orgoglioso e consapevole del senso della creazione. Il rock si accompagna alle luci al neon, all’illuminazione artificiale, mentre il reggae non ha bisogno di una discoteca o di un club, può essere suonato ovunque, meglio tra le colline”.
E allora vai, fratello, porta la tua musica nel mondo e per il mondo, migliorati e miglioraci, regala consapevolezza, regala amore, sii all’altezza dei messaggi profondi che trasmetti con questo bellissimo disco. La scena reggae ha finalmente trovato il suo coniglio bianco. O giallo, rosso e verde… se preferite. Raphael con il suo reggae procede a testa alta
Alla prossima, guagliù.
BRANO MIGLIORE: A Place for Me
VOTO: Voto 7,5/10
TRACKLIST
01 – Dread inna Babylon
02 – Joker Soundbwoy feat. Triston Palma
03 – Skit
04 – Rebel
05 – Stock Of Weed
06 – Skit
07 – Who Dem A Pree Feat. Lion D
08 – Sweet Motherland
09 – Skit
10 – Rise Up
11 – A Place For Me
12 – Skit
13 – Another Peace Song
14 – Dread Inna Dub