Gianluca Grignani è un po’ il Mario Balotelli della musica italiana.
Talento sopraffino, carattere difficile, disfa e cuce luci e ombre come un cappellaio matto sotto metamfetamina. Insomma dal Grigna, come lo chiamano i suoi fans, non sai mai cosa aspettarti.
A inizio carriera, dopo un disco d’esordio fortunatissimo che vende l’impossibile (Destinazione Paradiso) proponendo una versione grunge del primo Battisti, sceglie di realizzare due bellissimi album di rock quasi sperimentale, almeno per l’Italia dell’epoca (La Fabbrica di Plastica e Campi di Popcorn) e di fatto si fotte la carriera mainstream. Cerca allora di correre ai ripari, media, si ammorbidisce, accartocciandosi su stesso alla ricerca di un filo invisibile su cui far collimare il consenso del grande pubblico e l’anima rock che ha sempre sentito necessario comunicare. Realizza discreti dischi alternati a lavori meno ispirati, lavori che mischiano intenzioni pop, rock e cantautorato senza imboccare mai con decisione una direzione stilistica precisa. Ed è un peccato, perché in quest’Italia avara di talenti, lui ha ottime capacità, soprattutto compositive.
La stessa dicotomia che ne ha caratterizzato la produzione musicale sembra essersi manifestata anche nella sfera privata. Parliamo di vomitate sul palco del live, concerti annullati, fermi dei carabinieri, eccessi chimico-alcolici, eccetera, eccetera. Ma parliamo anche di una solida e decennale relazione con la moglie Francesca, delle escursioni in montagna con i quattro figli, della normale routine famigliare di un padre quarantenne. Insomma un tipo complicato il Gianluca, che volente o nolente ha sempre fatto discutere. Personalmente mi è sempre stato simpatico, e non nego che quando ero un giovane inquieto, incazzato con la vita e senza un via da seguire, LaFabbrica di Plastica e Campi di Popcorn li ho ascoltati allo sfinimento. Già, quei due dischi mi hanno fatto compagnia almeno quanto Nevemind dei Nirvana, L.A. Woman dei Doors e Grace di Jeff Buckley.
Poi lui ha scelto la strada del pop italico, e da allora ho faticato a seguirlo.
Lo ritrovo oggi, circa vent’anni dopo, un po’ imbolsito, perennemente in mezzo ai casini, ancora perso nell’eterno dilemma se essere un normale padre di famiglia che di lavoro fa il cantautore oppure un artista maledetto.
La risposta a una domanda tanto affannosa potrebbe arrivare con questo nuovo disco celebrativo (Una strada in mezzo al cielo), dove il nostro ripesca dal suo fortunato esordio, Destinazione Paradiso, e dal complesso Fabbrica di Plastica per confezionare un album che, forse, ci svela più di ogni altra considerazione fatta a priori, chi è e dove sta andando Gianluca Grignani. Innanzi tutto è uno che sa scrivere canzoni, questo è innegabile. Ma è anche una persona che si prende troppo e maledettamente sul serio, un uomo imprigionato in un ego troppo grande che gli impedisce di sorridere e divertirsi, giocando con il talento che la natura gli ha regalato.
Riascoltare queste vecchie canzoni, impreziosite da fior di duetti con amici musicisti, a Gianluca dovrebbe far venire solo voglia di ridere e gioire. Se sei stato capace di scrivere pezzi come Solo Cielo, L’Allucinazione, Falco a Metà, Destinazione Paradiso o Primo Treno Per Marte, di che cazzo ti preoccupi? Il futuro è assicurato, perché sei uno bravo. Puoi perdere la musa per un po’ ma alla fine ritornerà certamente con simili capacità, e scriverai altre grandi canzoni.
Ora veniamo ai duetti del disco. Alcuni davvero esaltano la già alta resa delle canzoni, altri invece perdono decisamente il confronto con i pezzi originali.
Destinazione Paradiso, uno dei grandi cavalli di battaglia del nostro – di certo il pezzo manifesto dell’inquietudine del Gianluca – viene proposta in una versione un filo più delicata dell’originale, forse per accordarsi maggiormente alla vocalità di Elisa. Il risultato è che perde in forza e guadagna in raffinatezza stilistica. Quindi? Mi piaceva di più l’originale, arrivava con maggiore veemenza.
L’Allucinazione è uno dei pezzi più suggestivi di quel grandissimo disco rock che è stato La Fabbrica Di Plastica. In questa nuova versione con Carmen Consoli – tra l’altro anche questo è un remake visto che i due avevano interpretato il brano dal vivo sul palco della trasmissione Night Express una quindicina d’anni fa – l’attitudine malinconicamente acida della canzone arriva intatta, e il tocco dell’artista catanese regala, se possibile, ancor più profondità.
Fabbrica Di Plastica, interpretata con Ligabue, fatico proprio ad ascoltarla. Pensare che Luciano sia considerato ‘il rock in Italia’ equivale a credere che Renzi sia a capo di un partito di sinistra. La voce monocorde, strascicata e noiosa del Liga, ammazza l’urlo rock del pezzo, che in origine era proprio un coraggioso atto d’accusa contro tutto quello che Ligabue oggi rappresenta. Perché Gianluca? Potevi giocarti lo Springsteen de noialtri in un altro pezzo, capisco che un simile nome nell’italietta porti attenzione, ma non in uno dei tuoi più violenti anatemi contro il sistema discografico. La Mia Storia Tra Le Dita feat. Annalisa risulta abbastanza piatta, annacquata persino. Una spanna sotto l’originale.
Rokstar feat. Briga funziona in tutta la sua energia rock, anche se le parti del rapper di Amici non livellano certamente la canzone verso l’alto.
La gemma arriva con Falco A Metà dove il Grigna ospita Luca Carboni. È incredibile come i due cantautori si amalgamino alla perfezione regalando nuova linfa a questa eccellente apologia della solitudine e dell’emarginazione di chi si sente sempre e comunque fuori posto.
Più Famoso Di Gesù, con Fabrizio Moro, è un’occasione sprecata in quanto la bella ugola dell’artista romano non viene sfruttata in tutta la sua ruvida bellezza; Moro, con meno sovra incisioni ed effetti, lasciato nudo e crudo, avrebbe potuto fornire un’incredibile parte vocale ‘altra’, che avrebbe reso il pezzo radiofonicamente letale.
Anche Primo Treno Per Marte con Pezzali funziona che è una meraviglia, con il sempre troppo sottovalutato Max capace di lasciarsi cadere addosso la canzone come un abito cucito su misura da un sarto.
Di altissimo livello anche Galassia Di Melassa, feat. Federico Zampaglione. Una canzone ancora tratta da Fabbrica che trova una sua quadra nelle dilatazioni armoniche che lasciano echeggiare nell’aria più di un tributo ai mai abbastanza osannati Pink Floyd.
Le altre canzoni della raccolta, Gianluca le interpreta da solo senza aggiungere o togliere nulla alle esecuzioni originali. Unico neo: la ballatona Una Donna così. Grignani la ripropone con un allucinante intro di samba brasiliana che c’entra quanto il Monezza con una serata a teatro. Ed è un peccato perché il pezzo meritava certamente un miglior arrangiamento e Gianluca, con gli anni, ha una voce più calda nell’interpretarla.
Nel disco compare anche un inedito, Una Strada in mezzo al cielo; niente di diverso dalla roba registrata da Gianluca negli ultimi dischi, materiale che, come spiegavo prima, non è esattamente nelle mie corde.
Beh, che altro aggiungere? Auguri per i tuoi 20 anni di carriera, Grigna, sarai un mezzo fuori di testa ma le tue capacità compositive sono palesi. Ora fregatene di cosa piace o non piace alla gente, vai un po’ a registrare dove cazzo ti pare ma, per favore, scrivi il degno seguito di Fabbrica e Campi. Noi lo aspettiamo da quasi vent’anni. Hai presente a chi mi riferisco quando dico ‘noi’?
A quelli che si sono picchiati tutta la vita con la vita, a quelli che quando sentono un riff distorto alzano le orecchie anche se hanno più di 40 anni, a quelli che non sono capaci di lasciarsi stare… Ecco, noi te lo chiediamo a gran voce. No, non ti guarderemo al concertone del primo maggio e tantomeno mentre fai i duetti con gli sbarbati di Amici o con Gigione D’Alessio. Ma se ci regali quei riff distorti e quella magia, stai tranquillo che ci ritroverai tutti sotto al palco a far casino ai tuoi concerti. E che tu sia fatto, ubriaco, o impanicato, vai sereno, non ce ne fregherà un emerito cazzo. Proviamo le stesse cose che provi tu, un giorno sì e l’altro anche.
E poi da quando per fare rock n’roll serve l’esame delle urine?
Ciao guagliù
VERSIONE MIGLIORE: Falco a metà
VOTO: 7/10
TRACKLIST
Destinazione Paradiso feat. Elisa
Una donna così
L’allucinazione feat. Carmen Consoli
Come fai
Fabbrica di Plastica feat Ligabue
La mia storia tra le dita feat. Annalisa
Madre
Rok Star feat. Briga
Il gioco di Sandy
La vetrina del negozio di giocattoli
Solo cielo
Falco a metà feat. Luca Carboni
Più famoso di Gesù feat. Fabrizio Moro
Allo Stesso Tempo
Primo treno per Marte feat. Max Pezzali
Galassia di Melassa feat. Federico Zampaglione
Una strada in mezzo al cielo