Oggi vi proponiamo un’intervista a Max Pezzali proprio nel giorno in cui vede la luce Astronave Max New Mission 2016. Una nuova versione del suo ultimo album arricchita da due inediti che celano altrettante collaborazioni e da un secondo cd con una ricca sezione live dove trovano spazio tutti gli evergreen del suo vasto repertorio.
Una splendida chiacchierata nella quale ci parla del disco e di molto altro, dalle collaborazioni all’esperienza a The Voice dove è coach tra critiche e concorrenti, svelandoci la sua parte preferita (e nascosta) dello show.
Inoltre ci regala una riflessione sul modo di vivere la musica e il successo, congedandoci con un messaggio al suo amico Gianluca Grignani. Ecco l’intervista.
Benvenuto Max. Astronave Max New Mission è stato anticipato dal singolo Due anime, realizzato in collaborazione con Niccolò Contessa, leader della band de I Cani. Come è nato questo brano e questa collaborazione che per alcuni segna l’abbattimento di un muro tra il pop e la musica indie?
Io e Niccolò ci conosciamo da anni, da quando mi fu segnalato che c’era questa band romana che chiudeva i suoi concerti con una versione electro punk stranissima di Con un deca. Io andai su YouTube aspettandomi una parodia invece mi ritrovai ad ascoltare qualcosa di fantastico. Quindi mi sono messo in contatto con loro, abbiamo cantato insieme per Rolling Stones e da lì è nato un rapporto anche divertente con Niccolò: aldilà dei mondi da cui provenivamo e nei quali ci muovevamo entrambi siamo dei nerd della musica, appassionati di tecnologia musicale.
Inoltre Niccolò è uno dei più bravi autori di testi che conosca, uno di quelli che ha alzato l’asticella,… ha spostato in su il livello, basta pensare a I pariolini di 18 anni o a Corso Trieste che per me è un capolavoro.
Ho anche avuto pudore nell’esternare la mia ammirazione per I Cani perchè nell’ambiente più underground può essere anche un danno o una colpa venire apprezzati da qualcuno che è “pop” o “nazionalpopolare” come me… Con Due Anime ho colto l’occasione spinto dal fatto che I Cani stavano collaborando con il produttore musicale Davide Ferrario (che ha collaborato alla produzione di Astronave Max ndr) e ho tirato fuori questo brano, che avevo scritto a gennaio ma che aveva qualcosa che non mi quadrava, non riuscivo a capire come avrei potuto affrontarlo e produrlo.
Allora mi sono detto “proviamo a mandarlo a Niccolò…” lui è riuscito con dei piccoli ma sapienti tocchi, cambiando ad esempio qualche parola qua e la a renderlo contemporaneo e davvero interessante… mi sono detto “che figata!” L’esempio di una collaborazione di scrittura con uno che è un fenomeno e che riesce a dare una direzione netta a un mio pezzo. Poi ci ho preso gusto ed è successa la stessa cosa con Zibba e con l’altro inedito Non lo so.
MAX PEZZALI – DUE ANIME
Di fatto la contaminazione e l’evoluzione con nuovi stimoli musicali è un concetto molto vivo nei tuoi ultimi progetti, per i quali hai affiancato alla tua squadra storica capitanata dal produttore Pierpaolo Peroni nuove collaborazioni come quella ormai stabile con Davide Ferrario. Hai sentito l’esigenza di un innesto di nuove energie anche sperimentali da affiancare alla tua linea ormai storica?
Io sono convinto che per uno che fa questo mestiere da quasi 25 anni il rischio di chiudersi e di fare le stesse cose è altissimo. L’unico modo per cercare di restare a contatto con la realtà e andare avanti è guardarsi attorno e confrontarsi con gli altri. Solo con il confronto riesci a pensare con un cervello più moderno. Se rimani fermo sulle tue convinzioni ti trovi a rifare sempre le stesse canzoni. Oggi o vai un pò avanti o muori artisticamente… per come va il mercato nessuno di noi ha qualcosa di garantito, bisogna avere il coraggio di spostarsi un pezzettino alla volta dalla propria confort zone: un cambiamento che avviene una canzone alla volta. Oggi non è più l’epoca degli album con un singolo e altre tracce a riempirlo, è un mondo di singoli ogni canzone è davvero importante.
Cosa che sembravi intuire già 25 anni fa perchè i primi dischi degli 883 sembravano essere costruiti con questa logica
Esatto, noi eravam partiti con l’idea di lavorare ad ogni singola canzone come se fosse “il pezzo della vita”, a volte ci si riusciva altre no, ma l’intenzione è fondamentale.
Il doversi tenere in continua evoluzione credo valga anche per la dimensione live. A breve partirai in Tour (QUI maggiori informazioni). Praticamente negli ultimi 25 anni non sei mai sceso dal palco, hai saltato forse il 2003 e il 2010, cosa porterai in scena in quest’anno?
L’idea è quella di portare le canzoni storiche che sono nella parte live di Astronave Max New Mission. Però cercherò di mettere in atto quel che ho capito negli anni: ci sono delle canzoni che non possono mancare e altre che hanno bisogno di farsi un paio di turni in tribuna… quest’anno è arrivato il momento di far scendere di nuovo in campo alcune di queste.
L’intero progetto Astronave Max parte dal concept del tuo osservare la realtà in modo decentrato. In realtà quest’anno ti sei imbarcato in un’esperienza che ti ha portato al centro dell’attenzione mediatica come giudice di The Voice dopo che in passato hai declinato inviti da diversi talent show. Cosa ti ha convinto ad accettare… Perchè quest’anno, perchè The Voice?
Io sono sempre stato riluttante, ero convinto di non avere gli strumenti per affrontare un talent, non capivo tanto bene se sarei stato in grado… era una di quelle cose che rimandi sempre e poi non ci pensi più fino all’anno dopo. Quest’anno con la proposta di The Voice mi sono detto:”ormai siamo al punto che ogni anno fai l’album, la promozione, il firmacopie, il tour e poi via che si ricomincia…” ho voluto vivere quest’avventura estranea al mio naturale corso degli eventi.
Mi piaceva il fatto che a The Voice non ci sono giudici ma coach. Anche se giudichiamo, dovremmo principalmente essere gli allenatori dei nostri talenti, mi sembrava una cosa bella anche nella metafora calcistica: il dover mettere in piedi una squadra forte e magari riuscire a portare un pò della tua cifra e delle tue idee su quello che credi sia il modo migliore di affrontare il pop.
Fino ad oggi è stata un’esperienza di grande soddisfazione, specialmente per tutto quello che non si vedrà mai in televisione. La parte più divertente non viene ripresa, come quando si è in saletta prove o quando si parla con i ragazzi per capire i loro gusti e le loro potenzialità per l’assegnazione dei brani. Una parte con molti aspetti anche tecnici del vivere la musica, con la gestione di un arrangiamento o la modifica di una tonalità.
Una parte che interesserebbe molto anche il pubblico di appassionati di musica e creerebbe affezione ai ragazzi, non credi?
Sicuramente sarebbe divertente ma mi rendo conto che per il grande pubblico potrebbe essere “arabo”, non so… di certo è la parte più stimolante e che io preferisco.
I ritmi serrati della gara portano ad una mattanza di concorrenti e in poco tempo i tuoi ragazzi (sono rimasti in gara Elya e gli I Wolf) dovranno affrontare la realtà di chi vuole sfondare nella musica. Collaborerai con loro per gli inediti o in qualche altro modo?
Si, assolutamente. Sarò in prima linea con chiunque passerà in finale, abbiamo iniziato proprio oggi a lavorare seriamente sugli inediti ai quali collaborerò direttamente e sul duetto da fare insieme.
Quali sono le caratteristiche migliori dei tuoi due semifinalisti, Elya Zambolin e gli I Wolf.
Elya è estremamente comunicativo e gli I Wolf sono divertenti da morire.
Alla fine, forse senza volerlo, hai portato avanti due realtà che potrebbero rappresentare i tratti principali della tua personalità musicale…
Si, nella vita a volte prendi la tangenziale, giri e poi ti ritrovi in centro da dove sei partito. Il percorso a The Voice mi ha portato evidentemente ad avvicinarmi naturalmente alle cose che sentivo più vicine a me.
Tu sei stato tacciato spesso di buonismo e criticato per i giudizi troppo accomodanti sui ragazzi in gara. Cosa ti senti di rispondere?
Dico la verità, io devo andare in televisione ed è giusto che mi metta al servizio del programma televisivo. Non per questo però se il pubblico dice che sarebbe figo fare un triplo salto mortale all’indietro io lo faccio. Io vado lì e sono me stesso, con il mio carattere. Può piacere o meno. Nel limite del possibile la mia squadra la difenderò fino alla morte, io li ho scelti. Se ho dubbi li tengo per me o ne parlo con loro in saletta, nel momento in cui si esce cerchi solo di salvaguardare i tuoi. Se non lo fai lì vuol dire che anche nella vita reale non lo faresti con le persone a te vicine e questa è una cosa che non mi appartiene umanamente.
Il coach è un ruolo che credi potresti rivestire anche fuori dal talent, magari come produttore di qualche nuovo artista?
Prima di quest’esperienza pensavo non fosse proprio nelle mie corde, a The Voice ho imparato a decodificare i ragazzi e capire la loro dimensione artistica, per portarli al miglior risultato possibile… di fatto è come essere un producer. A questo punto non mi sento affatto di escludere che in futuro possa farlo sul serio, dato che mi sento affascinato da questo ruolo… sarebbe un approccio diverso, sempre inerente alla tua passione e al lavoro in studio ma ragionando con un’altra prospettiva, estremamente stimolante.
In questi giorni sei protagonista anche di una collaborazione nel disco di Gianluca Grignani, con il quale duetti in Primo treno per Marte. Lui ha dichiarato che siete accomunati dalle origini e dagli inizi. Al tempo stesso siete la dimostrazione di due modalità opposte di vivere e subire la vostra condizione, basti pensare alle ultime vicende extramusicali di Gianluca. Cosa ti ha aiutato a non perderti dopo il clamoroso successo che ti ha investito e tutto ciò che ne è seguito?
Sicuramente c’è un aspetto caratteriale di fondo, che non significa essere nè migliori nè peggiori. Poi c’è una forte componente legata alle mie origini contadine da parte di madre: i miei nonni mi hanno insegnato che quando c’è un buon raccolto bisogna pensare che il prossimo anno potrebbe esserci una grandinata. Non ti godi mai il momento di grande gioia perché potrebbe arrivare il periodo buio.
Inoltre pensando alla mia carriera mi sono dovuto molto “responsabilizzare” quando nel 1994 è andato via Mauro Repetto e mi sono trovato da solo a fare quel che prima si faceva in due. È venuta meno la spalla con la quale mi confrontavo e mi sono trovato con un contratto da onorare e un lavoro che mi piaceva ma che non avevo mai fatto da solo. Ho dovuto decidere in fretta se avere le palle per caricarmi di tutta quella responsabilità o se fosse stato meglio mollare tutto. Da lì sono stato un pò obbligato a tenere la barra dritta.
Ti senti di dire qualcosa a Gianluca in questo momento?
Io a Gianluca voglio talmente bene che non posso che augurargli di rimettersi al più presto. Per me è uno dei migliori artisti che ci siano in Italia, con una musicalità e un talento che raramente mi è capitato di vedere e sentire in altri. Quando c’è un momento in cui non si sta bene, che sia una malattia o una difficoltà in corso, gli amici non possono far altro che dare un incoraggiamento e dire che non si vede l’ora di tornare a fare qualcosa insieme. Con lui è sempre un piacere lavorare, parlare e passare del tempo, lo aspetto.
Ringraziamo Max Pezzali per la disponibilità dimostrata in quest’intervista che ci insegna quanto competenza e talento possano essere davvero potenti se abbinati alla semplicità e alla sincerità che trasudano dalle sue parole.