Il disco rap che non ti aspetti arriva in questo caldo mese di maggio, con il sole finalmente libero di bruciarci il culo come più gli aggrada.
Sto parlando di Fuori da Qui, il nuovo album di Jake la Furia. Dopo il disastro in rime degli ultimi dischi dei Dogo e gli spot al cattivo rap del suo socio Gué Pequeno, il buon Vigorelli cancella con un colpo di spugna gli ultimi cinque anni della sua carriera e ci regala un lavoro di livello assoluto, più dark che rap, almeno nelle intenzioni. La sua è una definitiva presa di consapevolezza del fatto che la festa, ormai, è davvero finita, i vetri sono rotti e per rimettere insieme i cocci serve la pazienza di un enigmista cieco.
Testi a bersaglio, groove assassino, non una rima fuori posto e un analisi al malpaese lucida e a fuoco.
Dalla amara presa di coscienza della morte del rap di El Chapo, alla scura fotografia dell’italietta di Zombie, Jake non solo non fa prigionieri, ma fa saltare la testa pure ai pochi superstiti.
Anche nei pezzi più ironici, tipo Bello, il messaggio c’è ed arriva forte e chiaro, con un songwriter che più che soggettivo si erge a corretta testimonianza di un periodo storico in cui se sei bello – non importa che tu sappia o non sappia fare un cazzo – comunque ce la farai. Ed è dannatamente vero. Ed è dannatamente triste.
La title track, poi, è da spellarsi le mani dagli applausi, con Jake che fa mea culpa, dismette i panni del nightclubber tutto strisce, drink e perizoma, e prende atto del fatto che la vita, volente o nolente, si evolve e ti evolve. Il resto lo fa quel gigante di Luca Carboni, l’ugola misurata di una generazione che ha superato il concetto di vita spericolata almeno dai tempi in cui Silvia sapeva dei buchi di Luca.
Assai ispirata è anche Qualcuno, feat Emis Killa, altra incondizionata resa in rima di un artista che si scopre uomo dopo una vita da ragazzino. Vocalità calda, il pezzo che si apre con un inno tanto all’amarezza quanto alla rinascita, e tanto mestiere.
È poi c’è l’amore per l’hip hop, quello vero, quello fatto bene, che sublima sé stesso con Alle Radici, dove Jake ospita Fabri Fibra, e finalmente si capisce perché questi due siano fra gli mc italiani di maggior successo degli ultimi dieci anni.
Un disco che fotografa esemplari di una generazione dalle ossa rotte, fra femmine in panico (Mandami Fuori), ragazzini perduti nel cesso della triade – rete, tv e reality show (La Vita è così, Reality), oppure la storia di un rapper affermato che fa i conti con l’amore che brucia (Non So Dire No)
Anche i pezzi più disimpegnati (Me Gusta), o più pop (Notte in Città), sullo stile degli ultimi Dogo – intendo quelli da tappi sulle orecchie e mazzate sui coglioni – sono più curati e in questo contesto di assoluto spessore ci possono stare. Anche se, piccola digressione mia, questi rapper me le hanno frantumate con il vocoder, ormai più che una miglioria sembra la coperta di Linus. E mollatela, guagliù.
In sintesi Fuori da Qui è l’album che non ti aspetti, soprattutto visti gli ultimi trascorsi del nostro. Un disco oscuro, magnetico, che vibra di energia malata e voglia di rivalsa, taglia e cuce frame di un istante, un istante che mentre lo afferri è già passato. Come la carriera di Jake che dopo questo disco, credo, non potrà più essere la stessa.
BRANO MIGLIORE: Alle Radici
VOTO: 7/10