6 Luglio 2016
di Scrittore
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6 Luglio 2016

RECENSIONE:
FREEDOM & FYAH – ALBOROSIE

Federico Traversa recensisce per noi uno degli album più belli dell'anno. Il nuovo disco di Alborosie, "Freedom & Fyah".

alborosie
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L’uscita di un nuovo disco di Alberto D’Ascola in arte Alborosie, star internazionale del reggae consapevole, è un evento da cerchiare di rosso-giallo-verde sul calendario per tutte quelle anime pure che ancora sognano una diversa concezione del mondo, possibilmente in levare. Italiano d’origine ma giamaicano d’adozione, Alberto è riuscito con talento e fatica a ritagliarsi uno spazio predominante nel gotha di quella ristretta cerchia di musicisti che sanno scuotere culi e coscienze nel nome del mai abbastanza compianto Bob Marley.

Ascolto Freedom & Fyah, questo il titolo del nuovo album del nostro, in religioso silenzio, all’ora tarda, comodamente seduto sul terrazzo di casa, proprio di fronte alla pineta centeneria che rende così piacevole e contemplativa la vista dalla mia umile dimora. Bob diceva che il reggae è una musica che più che ai neon o alle luci stroboscopiche dei club si sposa al vento che soffia la notte nei boschi, quasi fosse una riscoperta delle nostre radici, radici che più che in casermoni di cemento e acciaio affondano in quella madre terra bagnata dalla pioggia, scaldata dal sole e benedetta dalla luna.

Freedom & Fyah serve con stile ed eleganza tutto quello che un commensale affamato si aspetterebbe di mangiare alla tavola di Alborosie: roots reggae pregno di contenuti, passaggi dub, spruzzate di elettronica, rimandi dubstep e testi consapevoli che benedicono la vita ma non lesinano di condannare le ingiustizie dei soliti signori sempre col culo al sole mentre gli altri patiscono il freddo. E allora ecco confluire nella raccolta liriche positive che si concentrano sulla bellezza della vita che muta, si riproduce e poi trasmigra (Rocky Road), su quell’amore che fa volare (Fly 420), ma che non scordano le lacrime per il popolo ferito (Cry), le veementi riflessioni su questo sistema malato (Can’t Cool), la pochezza del dio (in questo caso minucolo) denaro (Rich) o l’ipocrisia di chi vive nella menzogna fingendo di essere ciò che non è (Poser).

Le collaborazioni, al solito, sono scelte con cura. C’è Protoje, la next big thing del reggae giamaicano che duetta con Albo nella potente Strolling, sorta di lettera d’intenti per il reggae mistico e i suoi paladini più credibili. E c’è anche il grande Ky-Mani Marley con la sua incredibile voce cartavetrata che in Life To Me cuce e taglia emozioni come un sarto dalle forbici coi dread. Proprio qualche anno fa Albo mi confidò, parlando di Ky-Mani e della sua autobiografia che stavamo per pubblicare in italiano con Chinaski Edizioni, di considerarlo uno fra i più dotati figli di Bob.
Altre collaborazioni si concretizzano con la singer giamaicana Sandy Smith (Carry On), che Albo aveva già prodotto in precedenza e Sugus (Zion Youth e Fly 420) già storica corista di due mostri sacri come Dennis Brown e Gregory Isaacs. Senza dimenticare la fortunata ospitata dei Roots Radics, vecchi leoni del reggae che tornano a ruggire nel brano Everything.
La intro tutta pathos e rivelazione spirituale affidata al Reverendo Rohan Trevelen, poi, fa venire i brividi, e trasforma Alborosie in un moderno Muhammad Ali delle sette note e il suo pastore in una versione mistica del motivatore Bundini Brown.

Un disco maestoso, vibrante, infuocato, che regala dignità al genere e, se possibile, traccia nuovi percorsi per il futuro. Ancora una volta, il piccolo shanti siciliano ha fatto centro, creando quella magica alchimia che risolve l’equazione. Musica sta a consapevolezza come coscienza a bellezza. Irie!

BRANO MIGLIORE: Rich
VOTO: 8

TRACKLIST

01. The Prophecy feat. Rev. Rohan Treleven
02. Can’t Cool
03. Fly 420 feat. Sugus
04. Cry
05. Strolling feat. Protoje
06. Rocky Road
07. Poser
08. Judgement
09. Life To Me feat. Ky-Mani Marley
10. Rich
11. Carry On feat. Sandy Smith
12. Everything feat. Roots Radics & Pupa Avril
13. Zion Youth feat. Sugus