In una giornata di luglio scorrendo le notizie ecco che arriva una di quelle che non vorresti leggere.
Un ragazzo si è impiccato ad un albero. In Sicilia. Ad Avola. Aveva 26 anni.
Si chiamava Sebastiano. Guardi la sua foto. Un bel ragazzo con il suo cagnone Jason. Un ragazzo come tanti. Faccia dolce. Un futuro davanti.
E qualcosa scatta in te. Ne vuoi sapere di più. Da uomo e da giornalista.
Così l’esperienza ti fa arrivare in breve tempo alla compagna del ragazzo, Alessia. Che ha 23 anni. La contatti. Chiedi di parlarle. Per un articolo.
Ed ecco dall’altro capo la sua voce. Sembra la voce di una bambina. Una bambina distrutta.
Vivevano insieme da cinque anni. Si amavano. Tanti sogni. Tanti “ti amo”. Tanti “per sempre”.
Lui le aveva dedicato poco tempo fa una canzone di altri due ragazzini. Lettera di Benji e Fede. Lei parla di lui a ruota libera… di cose semplici che poi sono le cose dell’amore.
“Per chi cucino io ora?”.
“I nostri animaletti senza di lui…”.
“Lo avevo sentito poche ore prima. Era calmo”.
Questa non è una vicenda come tante. Ha un lato ancora oscuro.
Una notte il ragazzo viene fermato e ammanettato dalla polizia. Nessun reato. Forse un controllo. Infatti alle sei di mattina viene rilasciato.
Pare che nessun verbale venga stilato.
Pare che avesse un polso rotto.
Due sono le cose sicure… in una delle due lettere di addio Sebastiano scrive che non vuole polizia al suo funerale. L’altra è che i genitori del ragazzo si sono rivolti alla magistratura. Le accuse sono gravissime. E la giustizia farà il suo corso. Deve fare il suo corso.
Sebastiano era un ragazzo tranquillo che amava la vita e la sua compagna di vita. Cosa sia successo nella sua mente non lo sapremo mai.
La gente del paese mormora. E’ il suo lurido mestiere. Ma di questi sudici mormorii non scriverò. Faccio il giornalista non il venditore di stronzate.
Sebastiano Caruso, anni 26, se ne è andato a modo suo. Come tanti giovani in questi anni orribili stanno facendo.
Chi per aver subito bullissmo, chi per oltraggi omofobi, chi perché senza lavoro, chi per quel fottuto male di vivere.
La vicenda di Sebastiano è un’altra storia che attende dei perché.
Mi vengono in mente i versi di una canzone di Roberto Vecchioni, “Tommy”… E li dedico a Sebastiano ovunque sia.
” …Ora facciamo due conti io e te Signore
quel giorno Tommy tirò una corda al cielo
poi non si vide più non c’era niente
cosi metterla al collo gli sembrò divertente
Ma Tommy è cosi smarrito, così piccino
che se non puoi abbracciarlo… almeno
fa che sia una notte breve
fa che l’inverno gli sia lieve
quando poi sarà il momento
digli che io c’ero e non ho fatto in tempo…”