Torniamo ad accompagnarvi dietro le quinte della scena musicale italiana, presentandovi e portando sotto ai riflettori i professionisti che – sebbene da una “seconda linea” – contribuiscono in maniera vitale alla riuscita di un progetto discografico. Un sentito riconoscimento alla musica intesa come lavoro, che diventa l’occasione per scoprire cosa si nasconde dietro la nascita di un lavoro musicale. In quest’ottica oggi diamo spazio a Giulio Nenna; un musicista, compositore e produttore che abbiamo conosciuto per la prima volta a Sanremo 2016, quando salì sul palco dell’Ariston per dirigere l’Orchestra durante il debutto di Irama con Cosa resterà.
Proprio con Irama nasce una collaborazione ormai volta alla fratellanza, con Giulio che costruisce insieme al giovanissimo cantautore ogni tassello di un disco di debutto che, a distanza di mesi, continua a restare protagonista della scena (da poche ore è stato lanciato il terzo brano estratto Non ho fatto l’Università, QUI maggiori informazioni).
Di come sono nati questi brani, di come dovrebbe muovere i primi passi un’aspirante cantante e di molto altro ancora ci parla Giulio, in un’intervista che oltre a diversi spunti ci offre il bel profilo di un professionista musicale a tutto tondo.
Benvenuto Giulio, partiamo dagli inizi… Ti ricordi la prima canzone che hai composto? È finita in un cassetto, in un cestino o l’hai poi utilizzata?
La prima musica che ho composto nella forma “canzone” è stata realizzata quando avevo 13 anni, ai tempi in cui ero chitarrista in una band hard-rock milanese. L’abbiamo suonata in diverse occasioni e abbiamo realizzato una demo, ma al momento sì, riposa in un cassetto.
Quando hai capito con certezza che questo potesse diventare un lavoro concreto per te?
La musica ha da sempre accompagnato la mia vita, ho infatti iniziato lo studio del pianoforte all’età di 5 anni. Nonostante abbia conseguito una laurea magistrale in Economia, non ho mai lasciato in secondo piano il mio percorso musicale, durante il quale ho approfondito anche lo studio della chitarra e la composizione, finché non ho deciso di iscrivermi al biennio in Contemporary Writing e Production presso il Conservatorio “Luisa D’Annunzio” di Pescara, sotto la guida del M° Angelo Valori. Durante il periodo del conservatorio ho iniziato a incanalare le mie capacità di strumentista e di compositore nell’ottica della produzione musicale, concludendo in bellezza il mio percorso con un semestre presso la prestigiosa Pop-Akademie di Mannheim.
La certezza credo che non arrivi mai tutta d’un tratto in questo lavoro, ma maturi piano piano. Quando vedi che il pubblico riesce a trovare delle emozioni nelle tue note, quando degli interpreti o autori iniziano a cercarti, quando dei produttori ti propongono dei lavori, allora si inizia ad avere delle piccole certezze. Ma credo che, di fondo, la certezza debba essere cercata dentro di sé. Alla fine “vivere di qualcosa” non ha solo l’accezione economica, ma soprattutto quella del dedicarsi in maniera costante e fedele ad una cosa che si ama.
Ti sei mai cimentato nella scrittura anche di testi?
Mi piace molto scrivere, amo la letteratura e, a dire la verità, ai tempi del liceo vinsi anche il primo premio un un concorso di poesia. Tuttavia scrivere sulla musica è qualcosa che, ad ora, non sento nelle mie corde. Spesso individuo nelle note che scrivo alcune parole, e le suggerisco agli autori come input. Sono poi loro, però, a costruirci attorno il testo vero e proprio.
Come hai iniziato a lavorare con Irama?
Irama mi è stato presentato dall’etichetta Da 10 Production, nel periodo in cui stavo seguendo per loro la colonna sonora di un film in Toscana. Filippo (vero nome di Irama ndr) aveva un provino con sé: una base di Jovanotti su cui aveva riscritto un testo e una melodia originale. Ogni parola era centrata, semplice, vera, efficace. Un po’ come lui, un ragazzo con quasi 10 anni meno di me, ma con un carisma strepitoso. Io e Irama venivamo da due mondi di ascolti musicali molto lontani, con un grande punto in comune: i cantautori italiani. A pelle abbiamo sviluppato subito una grande fiducia, affiatamento e complicità, e così la nostra prima sfida è stata scrivere insieme qualcosa che fosse semplice e vero, coerente con la nostra italianità, ma allo stesso tempo innovativo e fresco. E così, da un giro di pianoforte e qualche birra, è nata Cosa resterà, il nostro primo lavoro insieme.
Il rapporto professionale tra di voi proseguirà?
Irama è ormai come un fratello. Va dato merito alla Da 10 Production di averci messo nelle condizioni di lavorare in maniera del tutto autonoma ed indipendente dal punto di vista artistico. In questo modo, fare musica insieme ha per noi significato certamente anche conoscerci a fondo e legarci, ma soprattutto portare alla luce qualcosa di profondamente nostro. Al momento posso dirvi che io ed Irama stiamo già lavorando insieme a dei nuovi brani, ma tutto questo non per “contratto” o per mancanza di alternative. Come in qualsiasi tipo di collaborazione, credo che il punto vincente sia scegliersi ogni volta, senza mai dare nulla per scontato.
Con Irama hai raggiunto il palco del Festival di Sanremo, dove tu dirigevi l’orchestra. Una sola esibizione ma capace di lasciare il segno. Proverete il salto di categoria a Sanremo nel 2017?
E’ un’idea che ancora non abbiamo affrontato con la dovuta serietà, ma certamente vi faremo sapere!
Avete in programma eventi live nei quali sarai protagonista al suo fianco?
Con Irama ho avuto il piacere di viaggiare per tutto il suo Instore Tour, durante il quale lo accompagnavo ora con la chitarra, ora col pianoforte. Per quanto riguarderà eventi più grandi, Irama mi ha già chiesto di far parte della sua band, e senza dubbio accetterò. Al momento tuttavia non abbiamo fissato degli eventi in questo senso.
Ho visto che hai scritto tutte le musiche del disco, ti ricordi come è nata Non ho fatto L’Università, nuovo singolo estratto da Irama?
Non ho fatto l’Università è il secondo brano che abbiamo scritto insieme. Cercavamo qualcosa di più sbarazzino. Prodotta la base, l’ho inviata ad Irama, che me l’ha rimandata qualche giorno dopo col testo. Ad un primo ascolto, l’inciso non mi convinceva, forse un po’ troppo irriverente o forse facilmente fraintendibile nel suo significato più profondo. Poi, però, ogni mattina mi alzavo con in testa “Non ho fatto l’università, tiro tardi a bere con i fra’”! Così ho telefonato ad Irama e gli ho detto: “ok, avevi ragione, funziona!”
Irama e Giulio Nenna (Foto di Lorenzo Galli)
La produzione dei brani di Irama arriva in collaborazione con Andrea Debernardi. Come è nato questo sodalizio?
Ho contattato io Andrea, avendo apprezzato moltissimo l’estetica nei mix e nei mastering da lui realizzati. Sono andato da lui per la prima volta per il mixaggio di una produzione che avevo realizzato per un artista inglese. Successivamente ho partecipato al suo workshop “audiosecrets”, dove ho avuto modo di conoscerlo meglio e scoprire in lui un grandissimo professionista, con una carica energetica illimitata, e soprattutto con un grande gusto ed una grande esperienza. Andrea è certamente unico per l’amore che mette in ciò che fa: quando gli sottoponi un brano per il mix, man mano che porta alla luce i suoni nelle loro forma migliore, entra nel pezzo, propone e partecipa in maniera attiva, sempre nel totale rispetto del producer.
In occasione del disco di Irama, invece di dividere e separare i ruoli, abbiamo deciso di formare una squadra di lavoro, dove ci sentissimo liberi di creare, di modificare, di proporre e di agire in maniera parallela. Il risultato lo potere sentire ascoltando il disco di Irama. La forza dell’incontro tra me ed Andrea consiste principalmente nel risultato tra la sua grande conoscenza della musica mainstream e la mia attitudine a volte più classica e a volte più alternativa. Tornerai da me è, a mio avviso, un brano in cui questo incontro si può sentire in maniera evidente. Da Andrea ho imparato veramente tanto.
In Cosa resterà ti sei occupato da solo della produzione, in futuro punti a questo o ti vedi più a tuo agio nella composizione?
Credo che la composizione e la produzione siano fortemente legati, soprattutto nel 2016, e prevedo che in futuro lo saranno sempre di più. Punto quindi a mantenere entrambe. Sono però dell’idea che lavorare in team sia una condizione vincente dal punto di vista del risultato e della crescita professionale, quindi mi auguro si aprano collaborazioni interessanti.
Grande successo anche per i mashup di brani famosi con nuove rime di Irama pubblicati sui social con le basi realizzate da te. Come nascono?
L’idea è stata di Irama. Voleva creare un format che gli consentisse di raggiungere il maggior numero di persone possibile – e spesso anche lontane dal suo genere – attraverso delle cover, in cui però non rinunciasse al suo lato di autore. L’idea piacque molto sia a me sia a Lorenzo Galli, altro membro fondamentale della nostra squadra, che si occupa della realizzazione dei videoclip. E così tutto è iniziato!
Una produzione musicale italiana recente che hai “invidiato”e perché?
Di italiano apprezzo molto i lavori di Ketra, sia quelli insieme a Takagi sia quelli per i Boomdabash. Trovo nelle sue produzioni uno sguardo sempre rivolto avanti, all’internazionale, ma senza mai rinunciare a quella che è la sua anima ed il suo gusto. Ha portato avanti negli anni le sue idee con coerenza, finché le sue idee non hanno vinto. Essendo inoltre io mezzo abruzzese di Ortona, non posso che essere orgoglioso del collega di Vasto!
Oltre ad Irama, stai seguendo altri giovani?
Sì, al momento sto seguendo per il mercato italiano diversi giovani, tra cui Francesca Sarasso, Davide Epicoco, Donato Santoianni, Francesco Guasti. Inoltre per il mercato latino, una giovane band molto forte, i Kobaan. Non vedo l’ora di farvi sentire qualcosa!
Cosa consigli di fare ad un giovane che punta a sfondare nel mondo della musica oggi? Un talent? Bussare alle discografiche? Contattare un produttore?
Consiglio innanzitutto di non avere fretta, di metterci tutte le energie possibili e di insistere proprio nei momenti più difficili. Ogni via può essere buona, se percorsa nel modo giusto. Personalmente, per come concepisco il mio lavoro di produttore artistico, non amo la prospettiva dei talent, in cui si cerca di caricare di contenuti dei ragazzi, per poi spettacolarizzarli e sottoporli a un circo televisivo che, da solo, non garantisce di rimanere sul mercato né necessariamente una crescita artistica. Io cerco sempre artisti che siano grezzi, che abbiano la loro visione ed i loro contenuti, le loro particolarità, anche se non allineate agli standard. Partendo da qui, inizia secondo me il lavoro del produttore artistico, che deve far incontrare questa unicità con le esigenze del mercato, ma senza mai snaturare gli artisti.
Questo comporta cinicamente due cose: 1) la verità è importante anche nel mestiere del produttore; 2) il mondo è pieno di cantanti, molto povero di artisti.
Se qualcuno volesse sottoporti i propri progetti, come potrebbe fare?
Per farmi avere il vostro materiale basta inoltrarlo al mio indirizzo e-mail info@giulionenna.com
Foto di copertina di Mario Silvestrone