In occasione del rilascio del nuovo singolo Viola e della partecipazione al Concertone del Primo Maggio, All Music Italia ha raggiunto ARTU´, astro nascente del nuovo indie pop italiano, per farsi raccontare il suo percorso artistico, le radici della sua musica e gli impegni futuri.
Dalla spontaneità e la freschezza dei suoi testi, baluardo di tutta la chiacchierata, all’amicizia con il collega Mannarino, passando per la dubbia definizione dell’indie italiano, il “No grazie” ad un talent show e la gioia di riempire i locali… ecco a voi la nostra chiacchierata con ARTU´.
In un momento in cui followers, likes e seguaci social vari sono le credenziali minime per accedere al sistema musicale contemporaneo tu, senza essere passato dalla tv, come hai fidelizzato tanta gente in così breve tempo?
Questa domanda me la faccio pure io. La risposta è “non lo so, non me lo so spiegare!”… E’ successo, sono felice. In senso generale penso comunque che la spontaneità che mi contraddistingue sia la chiave per interpretare un po’ tutto: non ho mai scritto un pezzo cercando di andare incontro ad una moda o a quell’altra; ho sempre scritto di getto tutto quello che in questi anni mi è passato per la testa ed evidentemente a qualcuno j’è piaciuto. Nella musica, come nella vita certi miracoli accadono e basta; E quindi grazie. Per fare un esempio il mio amico Alessandro Mannarino, che fa numeri da Big senza esser passato per radio, televisioni o talent è diventato uno dei più grandi in pochissimi anni seminando bene la sua arte e la sua essenza.
Come vi siete incontrati?
In maniera molto naturale: condividevamo lo stesso manager e la stessa etichetta ed una sera ci siamo conosciuti ad una cena. Io avevo un’idea da sviluppare su un pezzo e gliene ho parlato; lui è stato da subito entusiasta e così abbiamo iniziato a provare un po’ con la chitarra. E’ avvenuto tutto con spontaneità tanto che ascoltando il brano finito non si avverte minimamente il fatto che è stato scritto a quattro mani. Dopo qualche giorno è nata Giulia domani si sposa, un brano a cui sono molto legato e che penso canterò per sempre. A questo proposito tengo a ringraziare sempre, Giulia Bevilacqua, l’attrice bellissima che ha interpretato il videoclip.
Quali sono i vostri punti in comune?
Beh Roma innanzitutto, nel nostro modo di viverla; la spontaneità di cui prima; il mettere in testa il nostro gusto prima di ogni esigenza discografica… Stilisticamente siamo poi molto diversi, lui è molto più poetico mentre io magari più crudo e diretto ma ad accomunarci oltre ogni cosa è l’approccio con cui componiamo,cantiamo e suoniamo la nostra musica che è profondamente Vero, autentico.
Le piattaforme di streaming indicizzano il tuo disco nella categoria Indie. Ti ci riconosci? Cos’è l’indie in italia oggi?
Ti ringrazio per la domanda. E’ una questione di molta attualità nell’ultimo periodo. La verità è che secondo me ci si è un po allontanati dalla definizione originale, storpiandone a piacimento la valenza: ci sono artisti indie che lavorano con le major, artisti indie che fanno più numeri dei Big, artisti dal look indie ma con un sound pop, artisti pop che diventano improvvisamente indie quando un pezzo non funziona come sperato e via dicendo… Per come la vedo io se lavori con una major, frequenti le radio che contano, hai un paio di uffici stampa e biglietti illimitati per la tv non sei tanto indie, ma ormai vale tutto…
Come indicizzeresti il disco di Artù nelle ricerche?
Non lo farei (Ride). Non penso che fregiarsi dell’etichetta indie aggiunga un valore allo status di musicista, si è quel che si è; la differenza la fanno le cose da dire. Io sono partito da un contesto totalmente indi(e)pendente al sistema che frequento (in parte) oggi ma la musica si fa per condividerla e non ho problemi, anzi sono contento, quando una radio importante decide di passare il mio pezzo. Incastrarsi dentro alle definizioni fa sempre e comunque male.
Continuando a parlare di etichette non possiamo non fare cenno alla pluricelebrata “scuola romana” che raccoglie e sforna ogni anno decine di nuovi cantautori. Ti senti slegato anche da questo circolo ?
Assolutamente no. Suoniamo e viviamo tutti nella stessa città quindi è inevitabile incontrarsi, conoscersi, scambiare. Sono molto orgoglioso della nuova scuola romana, ed onorato di esserne in qualche modo parte, soprattutto in questo periodo in cui Roma sta attraversando un momento difficile che, per fortuna però non va ad intaccare il fermento musicale che da sempre la caratterizza. Se dovessi fare dei nomi Mannarino (ride) che è un artista che al di la del rapporto che ci lega stimo infinitamente: in lui riconosco una grandezza che mi fa pensare agli anni 70, un periodo musicale che io ho adorato insieme a tutti i suoi rappresentanti come De Gregori, Dalla,Rino Gaetano… Con tutte le dovute differenze le canzoni di Alessandro mi riportano a quel peso specifico lì… Seguo un po’ tutti, soprattutto i giovani tra cui mi piacciono molto i Thegiornalisti e Calcutta…
E’ passato un anno dall’uscita del tuo album Tutto passa mentre è stato appena rilasciato un nuovo singolo promozionale, Viola; cosa ha rappresentato questo disco per te?
Ho scritto questo disco dopo un mini tour legato al primo album. Appena finito il giro dei concerti ho avvertito forte la solitudine; mi sono isolato e sono stato molto male fino al giorno in cui non mi è arrivata una telefonata come tante da parte di mio padre che mi ha detto soltanto: “stai su che tutto passa!“. Una frase all’apparenza banale ma che in quell’istante ha smosso tutto un universo dentro di me: da quel giorno ho iniziato a scrivere le canzoni partendo proprio da Tutto passa, un concetto tanto semplice ma vero che al momento giusto può far cambiare tutto. Il valore di ogni cosa sta nell’atto proprio di passare, finire cosicché noi possiamo attribuirgli un senso qualsiasi: perché una rosa vera che appassirà in qualche giorno costa di più di una rosa finta che durerà (forse) in eterno? Questo è stato l’incipit che mi ha ispirato lungo poi tutto il lavoro di scrittura: sono canzoni malinconiche ma piene di speranza, perché quella serve a strappare un sorriso e credere ogni giorno che il seguente sarà migliore. E di sorrisi nei concerti ne ho visti parecchi quindi penso che ha funzionato.
Quando hai scritto Zitti è perché sicuramente ce l’avevi con qualcuno in particolare; oggi, un anno dopo, hai ancora la necessità di indirizzare quest’imperativo a qualcuno o ti sei calmato?
No! C’è sempre qualcuno che farebbe meglio a tacere invece di parlare a vanvera. I tuttologi sono la categoria che odio di più, quelli con la risposta sempre pronta ma con nessuna argomentazione a sostegno se si va nel profondo. Non è un urlo, ma uno “Zitti” di rabbia compressa, quella più violenta e tagliente verso chi, in passato, ha pensato di sapere cosa fosse meglio per me, quello che doveva piacermi e chi sarei dovuto essere. Scrivere un pezzo così è una liberazione, cantarlo poi ancora di più. Credo che questo brano avrà sempre una dedica.
Qualche settimana fa si è chiuso con il concertone del Primo Maggio romano il tuo primo tour; Che tipo di esperienza è stata?
E’ stato il mio primo tour ufficiale. Suonando sempre a Roma o dintorni non avevo la percezione di quanto le mie canzoni avessero viaggiato lontano e trovare tanta gente che ai live le cantava sotto al palco insieme a me è stata un’emozione indescrivibile. La sensazione che tutto sta funzionando mi ha dato tanto. Stiamo già valutando un calendario per l’estate ma è ancora tutto in via di definizione.
Hai uno stile molto personale ed intimo, che tipo di rapporto hai rispetto alla scrittura per altri artisti? Ti piacerebbe comporre un brano per qualcun altro?
Ti ringrazio per la domanda. Io scrivo come dicevo prima di getto tutto quello che mi passa per la mente e tutto quello che ho vissuto sulla pelle. Non credo che sarei in grado di scrivere qualcosa che riguardi un’altra persona ed il suo mondo semplicemente perché io non ho avuto nessuna delle sue esperienze, non ho abitato mai nella sua mente ne tantomeno toccato con le mie mani ciò che ha toccato lui/lei. Ci sono canzoni che sento mie nel profondo e che non riesco ad immaginare in nessun altro modo; non parlo di chissà quale tecnica vocale ma di significato che nessuno per quanto bravo o migliore di me potrebbe mai rendere alla perfezione.
Cosa pensi dei tuoi colleghi che hanno seguito invece la strada del talent?
Mi hanno proposto un talent ma non ho accettato. I meccanismi che regolano questo tipo di concorsi non mi rispecchiano e non mi avrebbero permesso di evolvermi. Io non canto perchè mi piace cantare e basta; io voglio cantare le mie parole e raccontare chi sono io. Non ho niente contro i talent show ci mancherebbe, semplicemente non fanno al caso mio; a domanda ho risposto: No grazie!”. Mi piacciono le cover ma preferisco gli inediti, belli o brutti che siano ma che raccontano la mia verità.
Sanremo si Sanremo no?
Si assolutamente, ma è sempre il solito discorso: non saprei scrivere un pezzo adatto a Sanremo, un pezzo mio si. Se arrivasse la possibilità di partecipare in maniera libera accetterei di certo.