Il 2014 porta fortuna (o almeno sembra) al nostro mercato discografico.
Negli ultimi sei mesi in Italia è cresciuta la vendita dei dischi fisici, esattamente del 7% rispetto allo scorso anno, e questo indubbiamente è un dato incoraggiante.
Le statistiche ci giungono dalle elaborazioni di Deloitte per la FIMI (Federazione dell’Industria Musicale Italiana): il vero colpo grosso lo hanno assestato il mercato del digitale e i servizi in streaming, che coprono oggi il 43% delle vendite, in accordo col fenomeno al quale stiamo assistendo già da qualche anno a questa parte e che vede un cambiamento sostanziale (per gli italiani, come in tutto il mondo) nella fruizione e nell’ascolto della musica.
E a dispetto dei cali del famigerato download (18% in meno), sembra essere lo streaming la reale nuova frontiera, aggiudicandosi più della metà della percentuale dei ricavi del digitale (circa il 55%), con introiti per 12,6 milioni di euro in questi primi mesi del 2014.
“Lo streaming audio, dominato da player come Tim Music, Spotify e Deezer, è cresciuto del 134% arrivando a 5,6 milioni di euro, mentre lo streaming video, sostenuto dalla pubblicità, tra YouTube e Vevo, è salito del 72% fatturando quasi 7 milioni di euro “.
Per i più affezionati e per tanti appassionati musicofili, siamo felici di poter confermare il mantenimento del mercato del vinile, in grande spolvero (crescita al 36%), benché ricopra solo l’esigua fetta del 2,6% nell’intero del mercato discografico.
E alla luce di questi dati, si può forse ipotizzare una lieve inversione di tendenza, che vorrebbe maggiori acquisti a dispetto dei tristemente numerosissimi download illegali, i quali restano il reale ostacolo di fondo nelle vendite dei dischi.
Viene forse spontanea, però, una riflessione che ci porta a chiederci se il bicchiere è da considerarsi mezzo vuoto o mezzo pieno.
Le vendite del supporto fisico (cd), come ben noto, sono ormai da diversi anni in calo. La speranza, con la nascita dei portali musicali digitali, è stata fin da subito che gli acquisti del nuovo formato MP3, scaricato legalmente da iTunes, Google Play, Amazon e tutti gli altri store digitali, salissero considerevolmente, andando ad assestarsi come nuovo modo di fruire la musica.
Questo avrebbe dato un segnale di continuità con il passato, ma allo stesso tempo di moderna affezione del pubblico verso la musica (anche se immateriale in questo caso) e gli artisti. Anche la “bramosia” di possedere l’opera dei propri cantanti preferiti non sarebbe venuta meno, avendo comunque la possibilità di avere sui propri supporti tecnologici le canzoni acquistate.
Forse quell’emozione nell’acquistare un album, scartarlo dalla pellicola trasparente (dopo almeno cinque minuti di tentativi solitamente), aprirlo per guardare le foto del booklet, leggere i testi e scoprire autori e ringraziamenti non sarebbe più tornata (e probabilmente verrà sempre meno), ma l’inserimento del disco digitale all’interno del proprio lettore MP3 avrebbe mantenuto vivo quel senso di possesso tipico dell’epoca del vinile, della musicassetta e del compact disc.
Oggi a farla da padrone è invece lo streaming online. Siti e programmi, nati come enormi juke-box virtuali, e contenenti tutta la musica possibile, ascoltabile in via totalmente gratuita da casa con un pc e una connessione internet, o dal cellulare con un abbonamento internet o l’utilizzo del wi-fi pubblico (o privato).
Ora la musica è lì, a portata di mano, ma allo stesso tempo sempre più sfuggevole. Il valore che si dava al singolo all’artista, al singolo album e alla singola traccia forse rimarrà un ricordo… perché ora si ascolta di tutto, si può avere tutto, anche la musica che magari nemmeno ci interessa, siccome è gratis…
Forse, e sottolineiamo forse, la musica sta diventando sempre meno una forma d’arte per chi ne usufruisce, e sempre più un prodotto a breve scadenza per chi la produce.
È il segno dei tempi che cambiano. In bene o in male? Il tempo ci darà una risposta.
Quel che è certo è che per l’artista la spesa rimane invariata, ma i guadagni scendono notevolmente.
Se con il download digitale, infatti, il 60/70% circa del guadagno riesce a rientrare nelle tasche di artisti e discografici, con i servizi streaming le cifre sono diventate davvero irrisorie e soprattutto per gli emergenti, che a nostro parere andrebbero tutelati in modo particolare, è l’ennesimo macigno che blocca loro la strada verso il “successo”.
Considerate ad esempio che per guadagnare 1.800 euro tramite Spotify, un artista deve raggiungere almeno 1 milione di streaming/ascolti online. Cifre che solo alcuni big riescono a sfiorare.
Basti pensare che la canzone più ascoltata di Tiziano Ferro su Spotify ha 2 milioni di ascolti (El amor es una cosa simple), Vasco Rossi raggiunge quasi 850.000 ascolti (Albachiara), Emma 650.000 (Dimentico tutto).
Con questi numeri è facile capire che, se davvero lo streaming piano piano surclasserà il download digitale, diventerà sempre più difficile portare avanti la propria carriera, specie per chi non ha ancora consolidato il proprio pubblico.