9 Gennaio 2018
di Direttore Editoriale
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9 Gennaio 2018

Francesca Michielin: ecco le canzoni (e gli autori) di 2640 raccontate dall’artista

"2640" il nuovo album di Francesca Michielin è in arrivo Ecco tutti gli autori coinvolti e i brani del disco raccontati dalla stessa Francesca

Francesca Michielin
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Oggi a Milano è stato presentato alla stampa con un live 2640, il nuovo album di Francesca Michielin.

In attesa del resoconto dell’evento in cui Francesca ha raccontato ai giornalisti presenti come nato questo nuovo progetto discografico, andiamo a scoprire insieme gli autori dei brani presenti nell’album e le canzoni stesse raccontate dalla Michielin.

2640
Il racconto e gli autori delle canzoni del nuovo album di Francesca Michielin

Comunicare (Francesca Michielin)

Sì comunicare, altro che viaggiare è lo slogan principale.
E’ il manifesto, una sorta di biografia musicale compressa che anticipa un album che spazia geograficamente, culturalmente, pure gastronomicamente, ma non vuole perdere il focus su quanto è più importante: il riuscire a comunicare al di là dei confini e saper incontrare, che non è un semplice prendere uno zaino e partire alla scoperta di nuovi luoghi.

Il brano ha influenze anni ’90 ed è incentrato su un beat di batteria costante a cui si aggiungono nuovi strumenti analogici.

Bolivia (Francesca Michielin)

È l’umanità che fa la differenza.

Si tratta di un brano politico ma anche sentimentale, un attacco a chi con perbenismo e superficialità affronta situazioni molto complesse e pensa di poter cambiare il mondo semplicemente rifiutando tutto il proprio presente.

La scelta di intitolarlo Bolivia è dovuto al fatto che si tratta di uno dei paesi più in difficoltà dell’America del Sud, di cui si sente parlare poco, quando invece è a stretto contatto con la nostra quotidianità.

Le sonorità camminano su un terreno dark e tropicale, esplodendo nel ritornello, ricco di elementi elettronici.

Noleggiami ancora un film (Francesca Michielin – Dario Faini)

La casa diventa più grande, si svuota dei Blur… è un omaggio, sia sul profilo testuale che su quello della produzione, agli anni ’90.

C’è un amore struggente per tutto ciò che faceva da base ai riti domenicali della mia famiglia, fatti di Formula 1, persone riunite davanti alla tv, audiolibri, diapositive. La malinconia è più dolce e forte proprio perché non ho potuto condividere completamente i momenti in cui questi oggetti/usi sono stati parte della quotidianità.

In studio ho appositamente suonato strumenti tipici di quest’epoca, come l’M1, o strumenti ideati con la stessa nostalgia per l’analogico, come i Critter&Guitari.

Io non abito al mare (Francesca Michielin – Calcutta)

Queste cose vorrei dirtele sopra la techno.

Questo brano esalta la difficoltà di comunicare e probabilmente è una delle canzoni d’amore più coraggiose che abbia scritto, perché pur nell’incomprensione generale e in un mondo di relazioni forzatamente passionali, c’è voglia di abbracciarsi, di non avere paura di mostrare pura tenerezza.

Ho cercato di ricreare la sensazione di un’immersione marina in profondità, con pad e synth molto scuri e “oceanici”.

Tropicale (Calcutta – Dario Faini)

Sembra carnevale e io un coriandolo nel mare.

In Tropicale c’è un contrasto costante tra spiaggia e mare, dove la spiaggia è il ritrovo di una festa caotica e rumorosa, e il mare è un luogo dove si vuole evadere perché non ci si sente adatti ad affrontare una serie di situazioni.

La produzione è un equilibrio esplosivo tra ritmiche tropical, suoni urban e archi più classici, che rappresentano anche stilisticamente i contrasti sentimentali del brano.

E Se c’era… (Tommaso Paradiso – Dario Faini)

Esiste un mondo che ho creato, che nessuno può vedere, si trova qui nella mia testa, tra la gola ed il futuro.

E Se c’era… è una ballad più minimal e classica, che può prestarsi a diverse interpretazioni, come suggeriscono i 4 puntini. C’è una chiave di lettura più sentimentale, e una chiave più intima e personale, che si riferisce a quel mondo costruito nella nostra testa, fatto di ricordi, emozioni lontane, sentimenti mai spenti, elementi dell’adolescenza o comunque del passato, che dobbiamo imparare a lasciare andare per ritornare a vivere davvero.

Scusa se non ho gli occhi azzurri (Francesca Michielin)

Il bene che ti voglio è così grande che neanche lo riesci a capire.

Questo pezzo procede ammettendo tutte quelle qualità convenzionali che a volte mancano e c’è un po’ il sentirsi nerd e la voglia di giustificarsi per questo, ma anche un amore forte che va oltre tutti i dettagli che l’altra persona non riesce ad assorbire.

L’esperienza a Los Angeles è stata fondamentale per la realizzazione di questo pezzo, che vuole essere asciutto ma potente.

Vulcano (Francesca Michielin – Dario Faini)

Come il volume che si alza e contiene il mare.

E’ una vera e propria esplosione: il racconto personale di oggi e di ciò che ho vissuto attraverso vertigini e paure ma anche voglie e passioni.

Un up-tempo magmatico, viscerale e caldo, e insieme elettrico e urban. La cellula “V presente dall’esordio continua come elemento ritmico costante e struttuale.

Due galassie (Francesca Michielin)

Ti ho letto dentro a un libro della scuola elementare che adesso non saprei nemmeno più come imparare.

È una canzone piena di dettagli quotidiani e d’immagini a me care e simboliche (lo specchio, di Riflessi di me).
Due galassie è un brano che parla di crescita, o meglio, di una storia giovane in cui le due persone coinvolte non crescono di pari passo, si perdono, viaggiano su due piani diversi, non si sanno stupire.

L’arrangiamento è minimal techno, tornano gli anni ’90 ed è anche presente il suono campionato della carta di una caramella.

La Serie B (Francesca Michielin – Calcutta)

La terraferma è sempre un’isola lontana dove non so trovare te.

Questo brano è ispirato ad una grande delusione d’amore, una di quelle che ti lasciano l’amaro in bocca, un po’ come fu per me la retrocessione del Vicenza in Serie B.

Nel testo ho spaziato su altri piani e giochi di parole legati a situazioni di “recupero” che esprimono la sensazione di aver fallito insieme alla voglia di scappare, pur consapevoli che in ogni luogo non ci si ritroverà più e si rimarrà persi per molto tempo.

La veste del brano è volutamente classica, per contrastare l’ispirazione calcistica, espressa anche con una rivisitazione dei tipici cori da stadio, sovrapposti come coda ai ritornelli.

Tapioca (Francesca Michielin – Cosmo – Calcutta)

Dire grazie ogni tanto, d’altro canto, non si può evitare.

Brano ispirato e basato su un canto liturgico popolare ghanese, conosciuto proprio all’interno della comunità ghanese con cui ho condiviso tante domeniche, a base di musica e pranzi di riso, involtini e tapioca.

Campionando inizialmente con Cosmo una mia amica, Esther, abbiamo poi sviluppato con Calcutta un testo di ringraziamento, una specie di cantico urbano, dove viene ringraziato tutto, dal basso verso l’alto, anche la mia città, per gli incontri che mi ha fatto fare ma soprattutto per quello che non mi ha saputo dare, perché l’ho potuto immaginare.

Lava (Francesca Michielin – Dario Faini)

Il testo parla di un episodio di amore molto complesso e rabbioso, in cui la donna è un oggetto, è il divertimento dell’uomo, e viene anche ferita sia verbalmente, sia fisicamente.

Il testo è ispirato a Tahiti di Bat For Lashes, dove però la protagonista sembra essere completamente soggiogata dalla comunità e dalla figura maschile. Qui invece c’è ribellione, desiderio di ritrovarsi, o meglio, c’è voglia di trasformare il malessere in energia potente e comunicativa.

I suoni rievocano un vulcano intento ad esplodere, c’è visceralità, c’è senso di ribollire interno, reso soprattutto dalla componente drum&bass.

Alonso (Francesca Michielin)

La colpa non sono gli altri se stiamo male, siamo noi che (…) non ci lasciamo amare.

Ispirata a Fernando Alonso e ad alcune vicissitudini che ha vissuto negli ultimi anni, è una ballad pianistica scarna ed essenziale che parla dei sacrifici dei genitori per i figli, sacrifici spesso dati per scontati. È anche una riflessione su quanto le nostre capacità e il nostro talento spesso possano essere compromessi proprio da noi stessi e dalle nostre scelte.

LA PRODUZIONE DI 2640

2640 è stato prodotto da Michele “Canova” Iorfida

PreProduzione a cura di Pat “MyBestFault” Simonini, Michele “Canova” Iorfida e Christian Rigano.

Gli arrangiamenti sono a cura di Michele “Canova” Iorfida, Pat “MyBestFault” Simonini, Cosmo su Tapioca, Mattia Barro “Splendore” su Comunicare.

Nel disco hanno suonato:

Alex Alessandroni JR, tastiere e sintetizzatori
Francesca Michielin, pianoforte, tastiere, sintetizzatori, Critter and Guitari, produzione vocale
Pat “MyBestFault” Simonini, programmazione, programmazione ritmica
Michele “Canova” Iorfida, tastiere, sintetizzatori, programmazione ritmica.
Tim Pierce, chitarre acustiche ed elettriche
Esther Oduro ha prestato la sua voce per il campionamento in “Tapioca”

 

Foto di Letizia Ragno