La figata di Jaka è che il suo sound, pur essendo al 100% reggae, non è una mera scopiazzatura dei suoni giamaicani né i suoi testi raccontano la storia di quei bad boy che qui da noi non esistono, perlomeno non nello stesso modo in cui si aggirano nei ghetti di Kingston. Al contrario il mood di Giuseppe Giacalone da Trapani strizza l’occhio alla sua di isola, una terra che con la Giamaica ha certamente due indiscutibili punti in comune: è bella e problematica.
E Jaka la racconta, da esperto cantastorie capace di far muovere il culo quanto il cervello, con una vena compositiva calda, solare e molto ispirata, che spazia dal reggae più classico al rap bello dritto, con spruzzate latine, passaggi dub e cantautorato.
Nato grazie a una fortunata operazione di crowfunding e registrato senza fretta – nell’arco di due anni fra fra la Sicilia, la Giamaica, le Isole Canarie e l’Inghilterra – Il Suono dell’Isola è forse il disco della maturità e, mi auguro, della definitiva consacrazione per l’artista siciliano.
E se la benedizione arriva da uno come Dennis Al Capone, che troneggia pompando con la sua voce calda la intro dell’album, non ho dubbi che lo sarà.
Una certezza, la mia, confermata dalla title track, passaggio di rara potenza, dove l’energia di Jaka, accompagnata dal ruggito del grande Admiral Bailey, ci invita a prendere posto in questo tour guidato nel suo mondo e nella sua Sicilia. Anche perché stavolta Jaka sperimenta, si prende dei rischi e guarda verso quell’oltre che dovrebbe essere la meta di ogni artista. Come in Music Paradise, con il suo refrain orecchiabile a bilanciare un rappato sincero, dove il nostro omaggia i suoi miti musicali, da Bob Marley a George Harrison passando per Jim Morrison, Michael Jackson, Amy Winehouse, James Brown, Peter Tosh, Tupac e tanti altri miti. E sono brividi, di quelli belli.
Con la successiva Crisi, che ospita l’ugola di quel mostro di bravura di Raphael, i brividi diventano mazzate, con i due a loro agio in un coraggioso pezzo denuncia che ci invitata a tirare finalmente su la testa.
Principessa Siciliana è invece un pezzo solare, positivo, che esalta le belle donne dell’isola, che belle lo sono davvero. E tanto. Da ballare sulla spiaggia, al tramonto, con i lembi dei pantaloni bagnati dalle onde e una principessa scalza ad accogliere la sera con la delicatezza dei suoi passi leggeri.
U Mare, è invece il passaggio che non ti aspetti, una ballad delicata che parte con un sussurro prima di aprirsi a una sorta di canto tradizionale, di quelli che aprono le danze durante le suggestive feste di paese, quelle in cui ci si guardava in faccia con la sincera voglia di stare insieme, non ancora inghiottiti dallo schermo di un telefonino e da quella maledetta fretta del tutto e subito che ha ucciso ogni poesia.
Se Lingua Lunga e Come sei Bella sono due pezzi più leggeri e forse meno ispirati, pur conservando una certa freschezza di fondo, Il Tempo si Ferma è un gran passaggio che parte reggae ma poi mastica riminiscenze dub, trip hop e disegna un gran groove, anche grazie alla bravissima Mistilla degli Earth Beat Movement.
In Meravigliosa c’è invece il Jaka che conosco e apprezzo: un’ottimista consapevole che, come dice lui, ha sempre cercato di trasformare ogni delusione in un’occasione. La canzone ripercorre la vita del nostra senza retorica ma con tanta voglia di dire comunque grazie.
Un Mundo Mejor, con le sue collaborazioni illustri – di nuovo Dennis Al Capone ma anche Dadda Wanche, Dactah Chando e Mr. TO dei Rootical Foundation – è il pezzo assassino da club e sudore, quello che non esci dalla pista finché non sei stremato oppure stai limonando pesante con quella ragazza dai fianchi morbidi.
Ciauru Di Gelsomino è ancora reggae, stavolta cantato in siciliano, un passaggio positivo e rilassato, come se il grande Lebowski si fosse reincarnato in un picciotto in costume da bagno e dreadlocks.
Con Origini Jaka rinsalda invece il legame con le sue sicilian rootz mentre nella frizzante Bicicletta, il drugo con i dread di prima si è alzato dalla sdraio e ora si fa un giro sotto il sole caldo della Sicilia.
Luce che splende – interpretata insieme a Chisco e Papa Massi – è l’ennesima iniezione di positività e self help, che ci prepara a una chiusura davvero inattesa. Già perché mentre ci aspettiamo un finale veloce e frizzante pregno di quel suono che ha riempito il disco, ecco arrivare invece Comu Trunia: mood lento e ipnotico, testo in siciliano e tanta voglia di emozionare ed emozionarsi.
Mentre l’estate bussa alle porte di una primavera a singhiozzo chiedendogli di aprire la porta e i venti dell’ignoranza e del razzismo più becero si abbattano sulla nostra povera Italia, il buon Jaka prova a regalarci un po’ di bellezza. E lo fa cucinando la perfetta cena del cuoco zen. Che non vuol dire piatti ricercati con ingredienti costosi ma un ricco pranzo, onesto e sincero, preparato con quello che si ha al momento nel frigo. Solitamente sono i pranzi migliori. Esattamente come questo disco, che senza orpelli, effetti ed effettini vari, arriva semplicemente dove si prefiggeva di arrivare: al cuore della gente.
BRANO MIGLIORE: Crisi
VOTO: 7
TRACKLIST
1. The Sound of The Island – Intro by Dennis Al Capone
2. Il Suono Dell’Isola – (feat. Admiral Bailey)
3. Music Paradise
4. Crisi (feat. Raphael)
5. Principessa Siciliana
6. U Mare
7. Lingua Lunga (feat. Kg Man)
8. Come Sei Bella
9. Il Tempo Si Ferma (feat. Mistilla)
10. Meravigliosa
11. Un Mundo Mejor (feat. Dactah Chando, Mr. T.O., Dadda Wanche, Dennis Al Capone)
12. Ciauru Di Gelsomino
13. Origini
14. La Bicicletta
15. Luce Che Splende (feat. Chisco & Papa Massi )
16. Comu Trunia
17. Piano Paradise (feat. Roberto Cacciapaglia)
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