E’ Venerdi e come per Natale, Pasqua e Ferragosto, noi di All Music Italia abbiamo la nostra ricorrenza: la rubrica Da Oggi In Radio del nostro spietato critico musicale Fabio Fiume, che ha ascoltato per noi e voi tutti i nuovi singoli in uscita questa settimana e ce le racconta attraverso il suo pensiero. Chi si sarà salvato e chi meno? Scopriamolo assieme.
Si ricorda che si tratta del parere del solo Fabio e non di tutta la redazione di All Music Italia e che i voti espressi alla fine delle minirecensioni non mettono in relazione alcuna gli artisti tra loro, ma sono solo dei riferimenti alla validità del brano dell’artista che lo propone, in base alla sua carriera e a quanto realizzato prima.
Sabù Alaimo – Sogni multimediali
Quando sento degli accenti sbagliati penso sempre a Max Pezzali… chissà perché! Certo che Lìsbona, mi ha fatto sorridere non poco. Pop comunque abbastanza lineare, senza guizzi originali particolari, ascoltabile se non ti aspetti chissà cosa.
Sei
Biondo – Vodka
Di suo il brano non sarebbe nemmeno male; si tratta di un rap melò e Biondo ci mette dentro anche prove da cantante vero e proprio… che però si confondono tra i tantissimi effetti che certamente non te lo fanno passare come un’ugola felice. La durata comunque, che non arriva nemmeno a 2 minuti e mezzo, lo fa assomigliare più ad un jingle che ad una canzone ; ed il jingle ovviamente è quello per una Vodka!
Cinque
Daniele Celona – Hd blue
Tutto un po’ noioso, pieno di punti scuri sia nell’arrangiamento che non varia mai, che nella voce, che quando prova qualche variazione sembra quasi si apra al pianto, tanto che è difficile credere alla frase principale dell’inciso che dice: andrà tutto bene. E poi ci sono degli acuti che fanno quasi Kekko dei Modà, solo che quelli di Kekko sono gli originali!
Quattro
Cortellino – 140 km/h
Cover di Ivan Graziani, che parte dal lontano 1983 e si prova ad attualizzarla alla fine degli anni 10. Certo è che la Bora, che è attrice non protagonista della storia, c’è oggi come 35 anni fa, ed è un modo che ha il triestino Cortellino di omaggiare una città altrimenti mai cantata. Il sound è chiaramente modaiolo, e vede Filippo, il figlio di Ivan, collaborare ma il fascino dell’originale qui è un po’ perso. Eppure Graziani non era nemmeno triestino.
Sei =
Cesare Cremonini – Possibili scenari
Bella base d’attesa, carica di pathos grazie a degli archi evocativi su cui Cremonini canta un buon testo esistenziale. E’ il cantautore in uno stato di grazia, forse il suo miglior momento.
Otto
Michele Cristoforetti – Libera
Suona un po’ come un Ligabue impoverito della chitarra di Poggipollini e di una “cazzutaggine” vocale più preponderante. Cristoforetti viaggia sul sabbiato naturale ma la proposta ripiega un po’ su se stessa. Avrebbe avuto bisogno di una ritmica più accentuata, arrangiata senza ovatta ture “pop”. Così il brano suona come incompiuto.
Cinque
Mario D’Alfonso – Non chiamarmi amore
Musica educata e d’atmosfera, che sfiora attenzioni jazz che poi però non percorre fino in fondo. Tuttavia resta la sensazione di malinconico calore, che riesce ad arrivare precisa grazie ad una voce, che pur senza troppe sfumature, può rivelarsi, nel suo unico colore, molto riconoscibile.
Sei+
Mattia Di Bernardo – Neanche una canzone
Sembra uno di quei brani che il Tiziano Ferro degli esordi, avrebbe scartato dalla tracklist finale di un suo album con le strofe arrangiante con base black, soffusa e minimal ed apertura d’inciso che invece passa ad un Massimo Di Cataldo anni 90, pronto per Sanremo e la sua orchestra. Il pezzo si suo, così come la voce, non è brutto ma si perde nel mezzo perché non ha motivi distintivi che lo lasciano notare.
Cinque
Enzo Di Palma – Nun tien’ sentimenti
Il latinoamerica, nelle sue ultime variabili elettroniche, invade Napoli e Di palma lo usa per vestirci una tematica che è abbastanza trita e ritrita. Il risultato però non sfigura rispetto a produzioni in stile che arrivano dai paesi originali, dove certa musica è di casa. E poi in quelle canzoni li, alla fine queste cose qui cantano, mica credevate che parlassero di alta finanza o del protocollo di Kyoto?
Sei
Elodie & Ghemon – Rambla
Si è ormai votata ad un’orecchiabilità oggettiva Elodie, abbandonando le velleità da interprete più instradata in percorsi adulti degli esordi. E sforna un altro pezzo che chiaramente spacca dal punto radiofonico, pur se meno forte di Nero Bali, che però non racconta granchè. E’ puro divertissement sugellato dall’emblematica frase che recita fuori dalla Rambla, stiamo scrivendo il nostro libro della giungla. Capirete che non vincerà certo il Pulitzer! Ah, l’intervento di Ghemon? Impalpabile.
Quattro ½
Lucia Fratini – Non stavo affatto dormendo
Quante volte si è attenti a qualcuno che non si accorge nemmeno che lo stai osservando con tale cura? Lucia ha messo questo sentimento comune a molti in canzone e lo ha fatto mediante un buon incalzare, con inciso che si apre da storie che richiamano attenzione e variazione con minirap, o più correttamente testo recitato. Il tutto arriva in porto preciso e si ancora con fermezza.
Sette
Franco 126 – Frigobar
Anche senza Carl Brave ( e viceversa direi ) il rapper romano funziona. Probabilmente ciò che cattura è la capacità di riuscire a dare una linea melodica anche cantata alle tracce proposte, grazie ad una scrittura molto più vicina al momento cantautorato che al rap fine a se stesso.
Sette
Simone Frulio – E non servono parole
La voce di Simone matura ed anche la sua interpretazione perde dei manierismi da bel canto per diventare più personale e soprattutto più moderna. Qui il nostro recita le strofe e lascia all’inciso la parte per spiegare le ali della voce e salutare chi non c’è più. Difficile per le radio, ma sicuramente valida per momenti intimi ed emozionali nei propri spazi live.
Sei ½
Gazzelle – Sopra
Inciso di impatto, memorizzabile e canticchiabile da tutti. Però ci si aspettava qualcosa in più dal giovane cantautore di questo “stonacchiato” poppettino che alla fine racconta in maniera un pochino confusa di quando sembra si accetti che lei se n’è andata, ma che effettivamente le cose non stanno proprio così. La fine del brano è come spesso accade affrettata!
Cinque ½
Giorgia – Le tasche piene di sassi
Ci sono delle meraviglie scritte che oggettivamente non sono attaccabili, ci si può solo inchinare. Ci sono voci spettacolari, capaci di essere portentose senza mai infastidire, anzi, stai sempre li a sperare che ti sorprendano oltre. Ma non è detto che le due cose combinate assieme risultino un miracolo. Come qui, in cui la voce di Giorgia, non rende giustizia alle liriche scritte da Lorenzo, canta troppo bene ciò che invece lui recita soffusamente, mestamente quasi, stonacchia, ma rende terribilmente tangibile la sofferenza che ha provato per la madre, ma che alla fine non ti palesa mai. Resta tutto sottinteso. Bello tutto quindi… meno la resa.
Cinque
Izi – Fumo da solo
Ripeterò all’infinito che è proprio tutto uguale da un rapper/trapper all’altro, almeno nelle tematiche. Scopo, fumo fino a che non mi ricordo chi sono… E dispiace perché la vena malinconica del brano e la tematica base della solitudine poteva essere sviluppata con un testo un po’ più apprezzabile, provando a non far credere alle attuali generazioni che parlare in questo modo faccia figo. Ormai non sanno proprio più parlare e non è certo colpa di Izi, ma dei tanti Izi che ci sono in parte sicuramente. Peccato perché in sé il brano, ribadisco, non è affatto brutto.
Sei =
Jeffrey Jey – Settembre
Settembre è la chiusura dell’estate e si porta via con lei tutti i baci, i ricordi del divertimento e benessere dell’anima che non sanno cancellarsi. Musicalmente è dance stavolta intelligente, che non scimmiotta altro… solo che Jeffrey, forse è un tantino in là con l’età per rimpiangere i baci fugaci e facili di un’estate. Almeno lo spero per lui che sia oltre…
Sei
JuriJgami – Tra il tedio e il dolore
In un sound 80 che più 80 non si può, JurijGami prova a raccontare in maniera diretta ed efficace, chi nel suo pessimismo ci sguazza, trovando il proprio castello di felicità nel suo dolore e senza provare nemmeno a trovare una soluzione per uscirne. Tirati in ballo anche i Nirvana, immagine di un disfattismo che ha fatto storia, ammettendo candidamente: “a me non piacciono… neppure come band”!
Sette
Emis Killa – Fuoco e benzina
Rap abbastanza classico, di quello che ricorda da vicino i primi successi italiani di stile degli anni 90, che racconta un sentimento. Killa dice pure di se stesso, un percorso suo, che passa anche per qualche slang abbastanza solito invece nelle proposte attuali, sempre di stile. I soldi prima non c’erano, ora invece li si può pure strappare. La storia è la sua, certo, però l’esempio non è proprio il massimo. Bella comunque la base, con chitarra a guidare ed effetti ipnotici.
Sei+
Leave The Memories – Così piccola
Poppettino leggero che s’ispira a molte cose in voga all’estero. E’ eseguito pur bene, rispettando quegli stilemi, con un unico neo: non c’è un barlume d’originalità, nemmeno nella scelta di ripiegare vocalmente sul falsetto, che qui risulta persino un po’ abusato, più un vezzo che un abbellimento.
Cinque
Lori’s – Come funziona
Intenzione di base rock, ma voce arrangiata in chiava più pop, che pru bella è, ma che … se vuoi comunicarmi il rock, essa deve essere parte della base stessa e non un corpo esterno., sennò restano due cose che camminano parallele su binari diversi.
Cinque =
Clara Marv – Sentire
Sentori di anni 90, di una certa house che sposava l’acid e l’r’n’b, sia nell’arrangiamento vocale che nel suono del piano. E’ un pescare dal passato in un periodo abbastanza insolito e per questo al momento nuovo. Piacevole, pur non passando alla storia, anche nella voce della nostra, che esprime bene ciò che canta, con la giusta intenzione.
Sei ½
Ermal Meta – 9 primavere
Una storia passata per ben 9 primavere è il tema guida di questa romanticissima ballata con cui l’artista da il graffio sentimentale che lascia il segno nel suo ultimo album. In alcuni momenti sembra quasi un rap, che però mantiene un’eleganza base fornita dalla base soffusa che accompagna il mesto rendersi conto che certe bellezze sono passate. Non sai che sta piovendo, perché ci stiamo lasciando, sennò mica pioveva così tanto…
Otto
Not – La fine di un’estate
Di buono c’è che questo brano pop è molto suonato, come alla vecchia maniera, lasciando molto poco ad artifici da studio. Per il resto è un pezzo che descrive la fine dell’estate mettendola in parallelo alla vita, come se la fine della bella stagione rappresentasse anche la fine dell’adolescenza. Non ci si strappa i capelli, ma passa il turno.
Sei
Og Eastbull, Dogslife & Mago Del Blocco – Bella giornata
Indubbiamente la location è Roma e non è serve leggere un comunicato per capirlo. I due rapper sono infatti capitolini e non fanno nulla nel loro slang per nasconderlo e tutto sommato bene fanno. Hanno identità e riescono con questo rbano a proporre qualcosa di diverso dalla massa dello stile, proprio a livello di sound, che sfocia in tematiche caraibiche.
Sei ½
Ottavio – L’amore non ha età
Tutto molto banale, anche l’intenzione interpretativa. Peccato perché le note base del nostro non sono affatto male, ma l’enfasi e persino i “risucchi” della parte alta, ricordano certe cose anni 80, che sarebbe preferibile potessimo continuare a tenere chiuse nella stiva. Ecco, questo brano per Sanremo 1987 sarebbe andato benissimo.
Quattro
Pamela Petrarolo – Vivere a metà
Un follow up atteso ben 23 anni questo di Pamela, che una volta avrebbe avuto la desinenza di Non E’ La Rai quasi come se fosse per lei un cognome. Non torna con un brano che passa alla storia, ma che però almeno le sta bene addosso, evitando di cadere in inutili brani stacchetto per ricordare un epoca. Qui è tutto guidato da una chitarra e poco altro ed arrangiato in maniera pulita, essenziale.
Sei
Armando Quattrone – Che sarà
Quando ho letto il tutolo di questa canzone ho davvero sperato che non si trattasse della cover dell’allora quartetto dei Ricchi e Poveri, scritta da Jimmy Fontana. Perché quando si toccano certe canzoni, così “tronfiamente” di tutti, il pericolo è sempre grande. E non ne viene fuori nemmeno Armando che pur la rende essenziale nel suo chitarra e voce, ma non si capisce perché la canti come se fosse straniero, ( pur se trapiantato in Germania ) con le d e le t inglesizzate? E comunque fa troppo italiani all’estero.
Quattro
Fabrizio Sanna – Basta uno sguardo
Amore nuovo, cantato con un’irruenza rock su una base ed uno stile molto più pop, in cui però la ritmica rimane li a rivelare le vere intenzioni molto più del rauco che Fabrizio lascia venire fuori nelle spinte vocali. E’ quella tipologia di brano che fa tanto Renga, Nek e quel tipo di proposte li.
Sei
Elisa Sapienza – Replay
Pop elettronico in cui s’inseguono i vorrei e tutti gli altri condizionali a cui una storia d’amore ci pone contro. Tutto piuttosto medio, che viaggia su binari che ti sembra esattamente dove ti condurranno. Ed è come andare in villeggiatura dove vai da anni: ti senti al sicuro ma manca la sorpresa!
Sei =
Sintoh – Vera
Bella storia che racconta di una ragazza che amava giocare con i suoi vestitini corti e a far parlare di sé la gente che invece non sa, fino a quando però cade vittima di una violenza di cui nessuno però viene informato e continuano a parlare e parlare… Il tutto arrangiato con chitarre che dettano ritmiche e fiati finali. Ma Vera riparte e si lascia dietro porte che si chiudono…
Sette
Samuel Storm – Begging
Lo abbiamo conosciuto ad X Factor e la sensazione che il suo approccio alla musica fosse molto internazionale è stato chiaro subito a tutti. E’ proprio la pasta della sua voce a trascinarlo verso tipologie d’arrangiamenti non così comuni al nostor modo di fare musica. Questo brano ad esempio avvincente, anche nell’arrangiamento vocale che lascia i giusti spazi sia alla sua bella voce in solitaria che a raddoppi vocali che impreziosiscono, potrebbe tranquillamente finire nel repertorio di giovani hitmaker d’oltremanica, tipo Sam Smith.
Sette+
Thema – Non si può tornare indietro
Unirsi in 4 per produrre naftalina? Si può ed i Thema qui fanno proprio centro, andando a rispolverare ballate melense stile Westlife di cui, diciamocelo pure, non se ne sentiva proprio il bisogno.
Quattro
Timoria – Angel
Musica composta nel 1993 quando nella band c’erano sia Francesco Renga che Omar Pedrini. Il testo è un omaggio a Kurt Cobain ed il tutto è una finestra aperta su un rock vecchio ma salubre, oggi forse anacronistico, ma fortemente vero, suonato, sudato ed inspiegabilmente… sarà pure stantio ma funziona. Sarà perché è fatto bene?
Sette
Donato Tommasi – Parli ancora di lei
E’ un racconto di qualcosa che tutti più o meno hanno vissuto nella vita, quella fase di quando finisce un amore e non fai altro però che parlarne ancora, ci soffri e ti crogioli in quel dolore. Le strofe funzionano più dell’inciso che è corposo nella parte vocale ma che dà la sensazione come se mancasse qualcosa nella base. E poi, pur di restare entro i 3 minuti, non si apre ad un ultimo, qui indispensabile inciso, per non comunicare una sensazione di incompletezza.
Cinque+