Mahmood ha vinto il Festival di Sanremo 2019 con Soldi, canzone con cui ci rappresenterà all’Eurovision 2019.
Il brano è un successo sotto tutti i punti di vista. Primo nella classifica radio di Earone, primo su iTunes, primo negli streaming dove, tra le altre cose, ha infranto un record molto importante diventando il brano italiano entrato al posto più alto della classifica mondiale di Spotify.
Venerdì, il 22 febbraio, pubblicherà il suo primo disco in formato fisico, Gioventù bruciata. Nell’attesa la versione digitale (con una tracklist ristretta rispetto al disco in uscita) lanciata qualche mese fa è riuscita a conquistare il sesto posto della classifica di vendite.
Risultati che sono il frutto di una gavetta decisamente lunga (più di sette anni) che lo ha visto passare dal suonare nei locali a X Factor (dove entrò e uscì nella stessa puntata), dal bancone di un bar, dove ha lavorato per potersi permettere di continuare a far musica ad un Sanremo fatto nel 2015, quando lui stesso in primis non si sentiva ancora musicalmente a fuoco.
E poi ancora finalista al Wind Summer Festival per arrivare alle radio italiane ( o meglio, a quelle che scelsero di credere in lui, come Radio Deejay per esempio) con i singoli Pesos, Uramaki e Asia occidente.
Nel mezzo alcuni successi in veste di autore, come Nero Bali e Hola (I Say) e duetti con Fabri Fibra e Gué Pequeno.
Questo è il percorso musicale di Mahmood e del suo team. Una strada di cui va dato merito anche alla sua casa discografica, la Universal Music Italia, una di quelle major che è uso criticare molto spesso, elogiare meno.
Una discografica che dopo quel Sanremo 2015 ha scelto di non farlo bruciare con un disco che probabilmente sarebbe passato inosservato ma che ha voluto credere nel suo talento preservandolo, dandogli possibilità un passo alla volta, senza abbandonarlo alla prima delle tante difficoltà incontrate.
Di questo e della vittoria, prima a Sanremo Giovani 2018, quindi al Festival di Sanremo 2019 si dovrebbe parlare.
Da più di una settimana invece ci ritrova a leggere il suo nome accostato a dichiarazioni di politici bravissimi nello strumentalizzare gli argomenti in Trend Topic, accostato a polemiche sulle giurie che alterano il voto del popolo sovrano, un popolo che forse non ha votato Mahmood in prima battuta in quanto meno conosciuto, ma che ora lo sta premiando.
E, infine (almeno per il momento) a dichiarazioni dell’artista su omosessualità, coming out e arcobaleni vari. Dichiarazioni arrivate, sottolineiamolo, in risposta a domande ben precise che, in mondo utopico magari non verrebbero nemmeno poste a chi sta presentando nella musica.
Io credo che per comporre canzoni sincere non ci sia la necessità di raccontare tutto di sé.
Penso che i passi avanti nella nostra società non si fanno privando le persone della libertà di scegliere cosa raccontare di sé ma imparando ad apprezzarle per quello che scelgono di condividere con noi, senza la morbosità di voler sapere nulla di più.
Piantiamola con questa convinzione che chi è più in vista debba condurre le battaglie di tutti, nella società e nella vita reale siamo noi stessi a dover combattere le nostre battaglie. Ogni singolo giorno.
Del resto non si fa altro che lamentarsi degli artisti che tolgono arte alla musica trasformandola in business e Instagram stories di vita quotidiana, e allora noi, quando si torna a parlare di musica?