SANREMO 2024: PREMIO “TESTO” (PER IL MIGLIOR TESTO)
III POSTO: SANTI FRANCESI, L’AMORE IN BOCCA
Mi hai lasciato con l’amore in bocca
senza farlo apposta.
La sostituzione di amaro con amore, rinnovando la fraseologia, ci consegna il più intenso hook di questa edizione. Il testo non è particolarmente articolato, ma brilla per misura, per equilibrio lirico: le parole sono semplici, ma selezionate; le immagini calibrate. Tutto è incastrato perfettamente nella musica, i livelli si fondono senza fratture, la voce ha la facoltà di esaltare i significati con le sue laceranti venature.
Al centro della canzone c’è un amore che ricerca un’altra occasione, che insegue una possibilità negata, che si misura tra privazione e rabbia, tra ardore del corpo e tensione dell’anima. La frase più bella è:
Ma l’amaro torna
ed è la prima volta
La rabbia tiene svegli
tutti gli animali…
Forte è il sensualismo: qualunque emozione sembra avere un riflesso carnale, passa dall’anima al corpo o dal corpo all’anima.
Mi hai lasciato con l’amore in bocca
E intanto la tua luce sorge
Forte
Brucia la mia pelle
A volte
Mi racconterai delle tue ombre
E poi mi ci nasconderò
Mi hai lasciato con l’amore in bocca
Lascerò i vestiti per strada
Ti sembrerà strano
Seguirò un filo di lana…
II POSTO: DARGEN D’AMICO, ONDA ALTA
Un testo necessario. L’unico testo davvero impegnato di quest’anno.
La tragedia del Mediterraneo è rappresentata senza i toni della tragedia, ma anche senza semplificazioni. Dargen usa il consueto linguaggio – ironico, pungente, provocatorio e dissacrante – per raccontare il dramma dei migranti, l’onda alta che travolge tutto il mondo, perché il diluvio ci coglie tutti, in mare aggrappati a salvagenti o sulla terraferma.
Un testo descrittivo su una musica che pompa. Una musica che non ci porta più dove si balla, ma ci spinge, con una insistente cassa dritta, a considerare la nostra responsabilità collettiva:
Se la guerra è dei bambini
La colpa è di tutti quanti
Abbiamo cambiato le idee
Abbiamo cambiato leader
Ma la madre e le altre donne
non hanno niente da ridere.
Non è solo il tema affrontato a donare rilievo al pezzo. Onda alta merita questo posto in classifica perché nella scrittura si riconosce uno stile, un modo distintivo di usare la parola. Cheope, D’Amico, Fazio, Marletta, Roberts: gli autori sono tanti, è vero. Ma si sente una penna unica, coerente e graffiante. In questo Festival ne avevamo bisogno.
I POSTO: ANGELINA, LA NOIA
Si fa fatica, è vero, a giudicare i testi di Angelina senza considerare il piglio autorevole con cui l’artista li canta, o meglio li rappresenta. Perché Angelina ha sempre una parola sua, anomala e straniante, che lancia energicamente su pentagrammi articolati con perizia da acrobata.
Anche La noia è un’esperienza acrobatica, sia sul piano armonico, sia sul piano melodico, sia sul piano poetico. Eppure ha il sapore della terra, di una cumbia verace che parte dal basso, dalle viscere (per leggere il testo clicca qui).
Canta la noia, ma non lo spleen decadente: canta l’euforia della noia, il bisogno della noia. Canta la noia e il suo contrario, il basso e l’alto, la lentezza e la fretta, la pausa e il movimento. Canta l’urgenza di restare fermi per osservare e per osservarsi, e forse per ripartire. Canta il diritto di aprire le porte alla noia, di accoglierla alla festa.
Il linguaggio è ora contemporaneo, ora persino manierista e citazionista (“Non ci resta che ridere / in queste notti bruciate” sembra un omaggio a Troisi). Alcune immagini sono eccessivamente preziose, altre eccessivamente trappeggianti. Così espressioni come
La mia collana non ha perle di saggezza
A me hanno dato le perline colorate
per le bimbe incasinate con i traumi
da snodare piano piano con l’età
convivono con
Allora dico che è difficile campare
Business parli di Business
Intanto chiudo gli occhi per firmare i contratti
Princess ti chiama Princess
Allora adesso smettila di lavare i piatti.
Il talento nella contaminazione dei codici, riferibile certo ad Angelina quanto alla coautrice Madame, trova una sintesi perfetta nella frase più lapidaria ed esistenzialista del Festival:
Una corona di spine sarà il dress code per la mia festa.
Cara Angelina, i miei complimenti. Continua ad ‘annoiarci’ così!