Nel ristorante di Alice
(Ricky Gianco, Mogol, Gian Pieretti)
“Nel ristorante di Alice
ti penso e non sono felice
porto ogni cosa alla bocca
ma è un abitudine vecchia
e ti cerco, ti penso, ti vedo
ma tu non ci sei qui con me
chissà dove sei
cosa fai con chi stai?
Adesso nel ristorante di Alice
stasera nessuno è felice
han capito che tutto è finito
guardando una seggiola vuota
e nessuno, nessuno, nessuno mai
mi chiede il perché
chissà dove sei
cosa fai con chi sei?
Nel ristorante di Alice
lo specchio stasera mi dice
che la favola bella è finita
e resta una seggiola vuota”
Ho sempre amato questa canzone. Malinconia e un addio.
A che di noi non è capitato di finirla in un ristorante. Di portare il cibo alla bocca “ma è un’abitudine vecchia”. Con un magone che vorrei andare in bagno a mettere la testa nello sciacquone e tirare la catena.
Ma voglio parlarvi di un altro ristorante. Il ristorante di Irina.
Dove non ho vissuto per ora nessun addio e quando ci vado sono felice.
Lei Irina è una donna con una carica di cordialità bellissima. Insomma quando a un ristorante diventa casa. Prima era anche un bar. Questa estate oplà cambiato tutto. Solo ristorante.
Ma hanno dato la licenza di bermi il mio caffè quando passo di là con il mio amato maltesino Chas.
Ed è grazie al mio cane che ho conosciuto questo locale. Perché? Perché il cagnolino mi era scappato.
Io e mia moglie Patrizia eravamo disperati. Dopo un’ora il miracolo. Il cane era stato accolto e coccolato nel ristorante di Irina.
Come faccio a non esserle grato? Come faccio a non amare quel posto? E infatti lo amo. Anche per gratitudine.
Poi ho conosciuto un sudamericano con quelle facce un po’ così. Un italiano che racconta barzellette sporche. A volte pulite. Pico. Il compagno di una delle figlie di Irina. Ragazzo d’oro.
Ho un po’ ricostruito il mio paese di origine in questo luogo. Stessa cosa che tanti anni fa fece mio padre. Si mangia bene. Cibo etnico. Cibo dell’est. Ma a volte il cibo si sposta ad Oriente. Per poi arrivare all’insalata russa. Una vera insalata russa. Tutto buono. Nessuno se la tira. Cosa fondamentale.
Questa estate quando passavo , guardavo, fermo con il cagnolino i lavori di ammodernamento. Da buona anzianotto stavo lì a “controllare” il cantiere. Chiedevo: “Quando è pronto?”. A settembre mi veniva detto. Ed ero contento.
Insomma devo cambiare il testo della mia amata canzone: “Al ristorante di Irina stasera io sono felice”. Lo so non fa rima.
Ma la serenità non necessita una rima.
E nemmeno una canzone.