Oggi intervistiamo Andrea Sannino. Ma facciamo prima un passo indietro…
La musica napoletana ha sempre avuto una caratteristica particolare rispetto a tutte le altre forme musicali dialettali provenienti da altre regioni. Non è solo perché il dialetto della città del sole è riconosciuto come vera e propria lingua e nemmeno perché la storia della musica italiana passa attraverso i grandi classici della canzone napoletana; direi più che altro che si tratti proprio di una vita parallela, di un folto pubblico che recluta dei successi locali importanti, spesso con dei numeri addirittura superiori a quelli di colleghi nazionali, capaci di rendere artisti vere e proprie star, anche se con confini limitati e ben visibili. Di tanto in tanto poi succede che le paratie di protezione si rompono e qualcuno di questi nomi conquista tutto il bel paese o per lo meno diviene molto noto, tanto che spesso e volentieri anche la stessa industria di settore si ferma ad osservare il fenomeno e cercare di capire chi sia colui che può , tra questi artisti, fare il salto del confine ed accaparrarselo.
Tra questi nel napoletano nell’ultimo anno e mezzo in particolare il nome forte, quello che ben impressiona gli addetti ai lavori ed il pubblico simultaneamente è Andrea Sannino, cantautore che compone e si esibisce prevalentemente in napoletano e che ha dalla sua già un successo d’ importanza notevole dal titolo Abbracciame, con cui è in testa da 18 mesi circa ( mica due giorni ) alla classifica di Spotify alla voce Song ‘e Napule. Lo raggiungo in occasione dell’uscita del tanto atteso nuovo singolo Carnale, partendo da una massima da lui scritta nella biografia disponibile sul suo sito personale…
Ho letto sulla tua biografia: “Chi crede nei sogni è solo a metà del percorso, all’altra metà ci arriva chi crede nell’impossibile”. Quale è l’impossibile in cui crede Andrea?
L’impossibile è riuscire a sognare, come sognavo da bambino. Farlo anche oggi da adulto e anche un domani da anziano. Purtroppo viviamo in un mondo che non ti protegge da nulla ed io prendo esempio dai miei genitori che nella loro modestia hanno sempre mantenuto una serenità. Oggi sei spesso a confronto con persone che magari hanno vite più agiate e lo stesso sono agitate, irrequiete. Il mio impossibile è sognare di essere sereno come i miei, anche con poco.
Dividi la tua carriera tra musica e teatro. Uno degli esempi grandi di un altro napoletano con questa caratteristica è Massimo Ranieri; lo è anche per te?
Come artista senz’altro. Sarei un pazzo a dire di non desiderare una carriera meravigliosa come quella di Massimo e soprattutto la sua professionalità. Se devo però dirti che compravo suoi dischi da piccolo e che fosse un riferimento specificamente musicale posso invece dire che non è così. In quel senso i miei riferimenti sono stati Pino Daniele ed Eduardo De Crescenzo e poi uscendo dai confini campani Lucio Dalla.
Con Dalla ci hai lavorato tanto. Che ricordo hai di questo artista enorme da voler raccontare a chi magari non ha potuto, anche per età, conoscerne l’estro e la grandezza?
Racconterei che guardarlo lavorare significava capire cosa vuol dire essere geni. Per trovare qualcosa di paragonabile bisogna andare davvero molto in alto. Lui era il genio, lui era Attenti al Lupo e Caruso, magia, melodia, denuncia, tutto. E poi lui si definiva un napoletano mancato o “napolese”( napoletano + bolognese ndr ).
Ricordi un complimento particolare suo, che ti è valso orgoglio ed un rimprovero che ti è stato utile?
Se scrivo canzoni nel mio piccolo lo devo sicuramente a lui, che mi dava anche qualche tirata d’orecchi attraverso la mail dicendomi : “scrivi, scrivi, scrivi”. Forse l’ho capito solo adesso e me lo fanno notare gli amici.
In che senso?
Spesso quando sono fuori con gli amici mi capita di incantarmi, isolarmi a guardare qualcosa ed è li che mi nascono le idee che devo subito buttare giù. Come diceva lui bisogna vivere per scrivere in mezzo agli altri. Sono infatti contrario alle scuole per autori; essere autori è prevalentemente un istinto che non può essere mica disposto a comando? Sennò faremmo tutti hits di continuo. E non a caso anche qui Dalla era un grande, uno che viveva. Io l’ho accompagnato anche dal tabaccaio a comprare le sigarette e mica c’erano le guardie del corpo!
Tra le tue esperienze importanti, durante gli anni in cui ti esibivi anche live con Dalla, c’è la finale della Piedigrotta nel 2010, dove fosti scelto da un altro signore della musica, Enzo Avitabile…
Si è stata l’occasione in cui ho conosciuto il maestro. Presentai il pezzo Pe’ L’età che tengo che faceva parte del mio primo disco, Senza Accordi, completamente in italiano se non per quel brano. Il disco era scritto tutto assieme a Maldestro che i lettori oggi conoscono bene grazie all’ ultimo Sanremo. Il pezzo invece è firmato assieme ad Emanuele Nerino e la reinserirò anche in questo nuovo album, attualmente ai lavori perché mi rappresenta molto e racconta della mia città, Ercolano, come la prima città “derackettizzata” di Italia.
Scrivi canzoni si da giovanissimo ma se ti dessero canzoni da interpretare, ti sentiresti in difficoltà?
In linea di massima no, anche se ho bisogno che chi ha scritto il brano mi conosca, viva il mio mondo, ed il suo sia al mio vicino. Nell’album a cui sto lavorando ad esempio c’è un pezzo che affronto da interprete e che è scritto da Antonio De Carmine, alias Principe di Principe e Socio M. Ma li non c’è differenza tra la sua scrittura e la mia; mi ritrovo nella sua composizione. Un po’ diverso sarebbe il discorso di scegliere canzoni scritte apposta per me da chissà chi ed in quale pezzo di mondo. Difficilmente prenderei la canzone da uno che aveva il pezzo chiuso nel cassetto e che lo tiene li e lo potrebbe dare a chiunque.
Tanti anni di teatro nel mentre tra cui C’Era Una Volta Scugnizzi di Mattone, Stelle A Metà di Siani, Quartieri Spagnoli dei fratelli Gallo. E’ stata supplenza alla carriera musicale o l’hai cercato?
Assolutamente cercato perché lo amo. Ho cominciato da giovanissimo in compagnie amatoriali. La cosa mi è sempre riuscita facile, perché era mia caratteristica imparare il copione in meno di due giorni.
Sempre nella tua biografia dici che non ti aspettavi di essere scelto da Mattone nel remake di Scugnizzi…
Si trattava di un provino e chiaramente non hai mai certezze. Non è che mi apettavo andasse male, ma nemmeno di esser scelto come protagonista nei panni di Don Saverio, ruolo che fu di Sal Da Vinci, che quell’anno lasciava per prender parte a Sanremo tra le altre cose. Pensavo di diventare uno dei ragazzi ed invece devo dire grazie a Claudio Mattone che si mise contro tutta la produzione affidando a me, così giovane, tale ruolo.
Cosa lo aveva colpito?
Esattamente non lo so, posso però dire che disse che lo colpiva il mio cantare. Diceva che gli arrivava esattamente il concetto di ciò che dicevo.
Correggeresti qualcosa del tuo canto?
Tecnicamente sono d’accordo che ci sia sempre da studiare, ma non cambierei le peculiarità di timbro ad esempio. Ci sono molti maestri che a volte pensano d’intervenire anche su alcuni difetti che però fanno personalità. Chiediamoci cosa sarebbe Jovanotti senza la zeppola oppure Mia Martini senza il suo graffiato. Inimmaginabili.
Che effetto fa per uno giovanissimo che sta cercando la sua strada avere un pezzo come Abbracciame in testa alla classifica spotify, alla voce “Song ‘e Napule”, da 18 mesi?
Incredibile. Proprio questa settimana è tornata in testa e mi chiedo come sia possibile che tenga testa a canzoni magari uscite ieri. Però ti dico che non voglio abituarmi e spero di non abituarmi mai. Poi certo , andare su Rtl con Abbracciame è stata una cosa che ha sorpreso prima me, del tutto inaspettata.
Non ti ha aperto le porte delle tv nazionali?
In realtà un contatto c’è stato ma l’ho rifiutato per una forte sensazione di volere in qualche modo ghettizzarmi e denigrare la musica di Napoli.
In che senso?
Fui chiamato dalla trasmissione Quinta Colonna per una puntata sulle differenze tra nord e sud e volevano me come rappresentate della musica napoletana.
Inizialmente accettai ma poi mi venne in mente una trasmissione simile in cui era invitato un altro artista che però più che promosso fu utilizzato quasi con scherno, come fenomeno da baraccone per un termine, neomelodico, usato con un’accezione negativa ed ebbi paura. Richiamai per chiedere come intendevano presentarmi e mi confermarono che intendevano proprio quello. Chiesi ovviamente di non bollarmi con nessun termine e dopo pochi minuti, mi richiamarono per dirmi che allora non ero più necessario. S’intenda, non avrei avuto nessun problema ad essere chiamato neomelodico, però se deve arrivarmi che lo stai facendo con un’accezione negativa, e no! Così non va bene.
Adesso però è tempo di Carnale, il nuovo singolo, con un sound decisamente internazionale. Ci sono artisti che segui particolarmente all’estero?
Il brano in particolare è volutamente ispirato al mondo di band come i Coldplay, trai più grandi degli ultimi anni; hanno un sound specifico pieno di contaminazioni che sa emozionarmi sia quando fanno pezzi più introspettivi che magari up. Personalmente ho il grande rimpianto di non aver mai potuto vedere live un mito come Michael Jackson e forse è per questo che sono praticamente fan di chi nel mondo ne ricalca musicalmente un po’ il mood e cioè Bruno Mars.
Ma visto che sei la nuova stella nel napoletano dove si parla tanto di te, come mai non hai pensato di partecipare a Sanremo alla ricerca di una consacrazione magari anche nazionale?
In realtà non ho detto di no. Coi miei produttori artistici, Mauro Spenillo ( il Socio M di Principe & Socio M ) e Pippo Seno, tranne l’anno scorso, sono quattro anni che ci proviamo. Però devo dire che ci abbiamo sempre provato non con troppa convinzione.
Cosa intendi?
Ti faccio l’esempio di quest’anno. Eravamo al lavoro sul disco ed i primi di Ottobre, appreso che c’era il limite fissato a metà mese per presentare eventualmente un brano, mi hanno guardato e detto: “mandiamolo sto pezzo, tanto è un terno al lotto, vediamo se lo prendono, che ci è costa?” E così abbiamo inviato il pezzo che però non è stato selezionato. Ma io non vorrei fare Sanremo così. Per fare davvero Sanremo c’è bisogno di fermarsi e lavorare per bene attorno a quello e quest’anno, per farlo, avrei dovuto distrarre la mia concentrazione da questo nuovo album che è invece per me priorità. Sanremo posso farlo un altro anno, ma il disco se non viene come dico io, è un passo indietro, Ecco, non ero disposto a barattare un bel disco in cui credo, per una canzone al Festival.
Parteciperesti in italiano o napoletano?
In Italiano perché, a meno che non sei molto famoso, non ti è concesso il dialettale.
Cosa anticipa questa Carnale?
L’indizio che dà Carnale su quel che sarà il nuovo album è soprattutto nei suoni. Rispetto al mio precedente album Uanema che rappresentava le radici, qui c’è un abbinamento tra la mia voce che resta molto mediterranea, rispetto ai suoni che invece spaziano in un mondo completamente diverso, più internazionale.
Perché Carnale come primo singolo?
Come sempre faccio l’ho fatta scegliere da un numero ristretto di persone di cui tengo particolarmente al giudizio, una sorta di campione. Il testo è nato da un qualcosa che ho scritto con Mauro per una commedia teatrale che s’intitolava proprio Carnale. Lo spettacolo narrava la storia d’amore carnale, passionale, tra un malvivente e la figlia di un notaio, ma non in modo fiabesco. Lei ad esempio non era la classica cenerentola ma una ragazza obesa, quindi descriveva un amore diverso, difficile, come tanti amori diversi, non fiabeschi.
Quando esce l’album?
Credo che uscirà un singolo nuovo prima a Gennaio e poi verso la fine del mese sarà tempo per l’album.