12 Settembre 2021
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12 Settembre 2021

Intervista agli Est-Egò: “Da Torino emergono schiere di artisti che sanno il fatto loro…”

La band sarà sul palco del SoFarm Festival di Torino il 19 settembre

Est-Egò
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Tra i protagonisti del SoFarm Festival in scena il 18 e 19 settembre al Bunker di Torino ci sono anche gli Est-Egò. Proseguono così dopo Comete e Manitoba le nostre interviste ad alcuni dei protagonisti della manifestazione che riporta sul palco gli artisti indipendenti.

Band alternative/psichedelica nata a Torino nel 2015 ha fatto del tentativo di ricreare a livello sonoro dimensioni oniriche e spaziali il proprio obiettivo.

Il tutto si traduce in una ricerca sonora e concettuale inconfondibile, vicina al mito e alla superstizione che confluisce nella realizzazione dell’omonimo EP concept EST-EGÒ edito nel 2016: il mito e la fantascienza si fondono nei racconti di gesta di popoli sconosciuti, titani, alieni, profeti e semi-dei.

Nel 2017 la pubblicazione del videoclip di Dortmund precede il tour che li ha visti impegnati per tutta la penisola.

Nell’ottobre 2020 viene pubblicato su Rolling Stone Italia il videoclip del nuovo singolo I film sui samurai realizzato dall’illustratore Davide Bart Salvemini.

Quest’ultimo brano apre il nuovo ciclo creativo della band torinese che a dicembre 2020 entra nel roster dell’etichetta indipendente torinese Bunya Records.

A gennaio 2021 esce il singolo Effetto Notte e successivamente, a maggio, Vodka sui Cowboy entrambi prodotti da Tiziano Lamberti.

INTERVISTA AGLI EST-EGÒ

Avete dieci righe per raccontare la vostra musica, come lo fate?

Non siamo tipi da eccitanti, però presumo molto molto velocemente.

Il vostro percorso musicale è nato nel 2015 a Torino e torna nella vostra città il 19 settembre per il SoFarm Festival. Com’è oggi la scena musicale torinese? Quali sono i pro e quali i contro?

Da Torino emergono schiere di personaggi che dal vivo sanno il fatto loro. E’ viva la dinamica da band, anche dove il progetto prende il nome di un singolo.

Il punto è che in un periodo come questo sono mancati gli spazi in grado di sostenere una certa espressione, anche a livello sonoro. Tutta via l’estate sembra aver smentito questa tendenza generale.

Speriamo che occasioni simili a quella del Bunker riescano a mantenere viva la fiamma anche con l’arrivo del freddo.

La vostra carriera si può dividere in due fase, quella che va dal 2015 fino a fine 2020, e quella successiva che parte con il singolo, con video in anteprima su Rolling Stone Italia, “I film sui samurai”.
Cosa è cambiato per voi e per la vostra musica in queste due “fasi”?

E’ finita la vita da universitari, siamo meno timidi e ci siamo stancati di fare musica cosmica per evitare di parlare di noi. Abbiamo trovato la sicurezza necessaria per parlare della nostro quotidiano e della nostra interiorità. Alla nostra maniera, si intende.

Dalle vostre canzoni è lampante quanto voi amiate la fantascienza, il mondo fantasy. Quanto è difficile far convivere questi mondi con i temi della nostra realtà in musica?

Non è così difficile. Sono territori in cui tanti tendono a rifugiarsi. O meglio ancora, sono filtri per un mondo che così com’è appare noioso nella suo ripetersi. E’ bello suggestionarsi. O pensare che dietro il pragmatismo esista davvero qualcosa di più sottile.

Da fan di questi generi consigli per chi legge? Libri da leggere, film da vedere musica da ascoltare?

Fellini aveva in mente da anni di realizzare un film ispirato ai resoconti di un irreperibile Castaneda. Se quel film esistesse lo consiglieremmo vivissimamente. Nino Rota avrebbe fatto senz’altro il suo.

La musica è davvero ripartita dopo i lockdown? L’impressione è che sia ripartita solo per gli artisti noti e con un grande seguito e, nel frattempo, gli emergenti si arrangiano, i live club chiudono.
Qual è la soluzione a tutto ciò secondo voi, cosa vorreste dire alle istituzioni?

Ci stiamo concentrando su quello che vogliamo esprimere. Scriviamo, suoniamo e facciamo le nostre esperienze. Non abbiamo voglia di sbracciare per farci notare, di ostinarci a credere di trarre profitto dalle cose che facciamo. Vogliamo solo “fare”, qualsiasi cosa il “fare” comporti, anche suonare in casa davanti a quattro amici il pezzo scritto la sera prima.

Non possiamo e non ci interessa lottare contro mostri di cui non percepiamo minimamente la forma e l’entità. Viviamo la nostra dimensione musicale, piccola o grande che sia. E’ questo che ci diverte e ci fa stare bene.