“Il mio obiettivo è far sì che la musica classica si diffonda a tal punto da abbattere ogni barriera tra i generi musicali”.
A due anni dalla pubblicazione di The Minimalist Evolution, Gabriele Ciampi, compositore e direttore d’orchestra d’altri tempi, ha presentato lo scorso 28 ottobre il suo secondo lavoro dal titolo emblematico, In Dreams Awake, il nuovo progetto discografico pubblicato dalla Universal Music.
Gabriele Ciampi si racconta ai microfoni di All Music Italia.
Partendo dal principio. Perché “Sveglio nei sogni“? Cosa rappresenta per te questa espressione?
“In Dreams Awake” rappresenta ciò che è successo a me. Vedere il sogno che si realizza e, dopo tutto questo, rimanere vivo e continuare a lavorare. Se il sogno rimane tale, tu rimani sognante. Quando il sogno lo vivi, a quel punto puoi realizzare qualcosa. Il titolo è tratto da una frase del poeta Turot, poiché egli sosteneva come la condizione migliore per un essere umano fosse appunto quella di essere “sveglio nei sogni”.
L’opera di un’artista deve essere semplice, autentica, nel rispetto di quelle regole di base che nascono per essere poi stravolte. Nel mio lavoro c’è la ricerca costante dell’essenziale, eliminando il superfluo. Senza lo studio diventa difficile scrivere qualcosa di nuovo, perché il futuro appartiene e dipende sempre dal passato. Questo cd parla di me, del mio vissuto in America, nel bene e nel male, con il desiderio di trasmettere queste emozioni attraverso il mio unico linguaggio, la musica.
La tua musica ha l’intento costante di omaggiare il classicismo. Perché questa epoca storica e a quali compositori fai e hai fatto riferimento nella tua vita? Chi ti ha ispirato di più?
Vorrei partire dal presupposto che, volente o nolente, abbiamo, nel corso di tutti questi anni, alzato delle barriere, anche in virtù del fatto che la qualità della musica si è decisamente impoverita nel tempo. Tutto questo ci porta inevitabilmente a muovere lo sguardo verso il passato. La musica classica è l’origine di tutto, e per difenderla dagli altri generi abbiamo erroneamente alzato delle barriere; e dico appunto erroneamente perché la musica classica dovrebbe essere quella che più avvicina e accontenta tre o quattro generazioni diverse, dai ragazzi di 14 anni ai sessantenni. E’ una musica universale, da Chaikovsky a Rachmaninov. Il mio intento è anche quello di raccontare, prendendo spunto da alcuni elementi del classicismo, l’origine degli altri generi musicali, in particolar modo facendo riferimento al periodo dei grandi compositori russi, che considero estremamente contemporanei.
Qual è il segreto in un mondo così “pop” per mandare avanti la musica classica e per far sì che essa abbia il successo che merita?
Dobbiamo tornare alle origini e buttare giù le barriere che abbiamo alzato. Andare a teatro, in un’auditorium, abbandonare il concetto di musica colta, perché la musica è musica; sicuramente c’è musica che comunica e musica che invece non esprime emozioni e rimane un prodotto di margine, però la musica che ha segnato la storia parla da sola. Sono favorevole alle iniziative dei musicisti di strada, perché riuniscono il grande pubblico, lo toccano con mano. Lo sviluppo dei generi nasce comunque dall’ispirazione alla musica classica; l’origine di tutto è sempre il classicismo; poi da lì sono nati tutti gli altri, anche in virtù della nascita di queste barriere. Quindi ben vengano anche i crossover. Ascoltando un buon brano jazz o blues può nascere un’ispirazione, che ti permette di utilizzare quelle armonie anche in una composizione classica.
Nel corso della tua carriera hai ricevuto diversi riconoscimenti e ti sei esibito davanti a personaggi illustri del panorama mondiale, come Hillary Clinton, gli Obama e Papa Francesco. Che tipo di sensazione hai provato ad esibirti di fronte a questi personaggi in occasioni così memorabili?
Michelle Obama mi ha invitato alla Casa Bianca in occasione del White House Holidays lo scorso 8 dicembre. Ho avuto modo di conoscere Hillary Clinton senza però condividere con lei un concerto. Quello con Papa Francesco è stato un incontro molto caro anche in virtù della fede che mi unisce a lui.
Ho avuto l’onore e il privilegio di incontrare tre personalità influenti dal punto di vista umano. Ciò che più di tutto mi ha colpito di queste esperienze così diverse tra loro è l’umanità. Michelle Obama non sarà dimenticata per il messaggio di coesione che ha lasciato, poiché ha attribuito alla musica il ruolo di collante tra le diverse culture. Hillary è la donna che non molla mai, colei che ha introdotto il concetto di NEVER GIVE UP, con questa voglia costante di continuare anche quando le situazioni non vanno nella direzione sperata. Per quanto riguarda il Papa, non faccio riferimento tanto all’autorità cristiano-cattolica a me cara, ma all’uomo, alla sua umanità, che invita a crescere anche dal confronto con le altre religioni. Il messaggio globale del Papa e di Michelle Obama hanno ispirato due delle mie composizioni, appartenenti al mio nuovo album.
Nell’album ci sono dunque due dediche, una per Michelle Obama e l’altra per Papa Francesco. C’è una composizione all’interno del tuo ultimo progetto, o del tuo intero repertorio, a cui sei più legato?
Quando ho perso mia nonna ho scritto il solo per clarinetto, Adagio for Clarinet, e mi sento di riservargli un posto speciale, proprio perché è nato da un momento difficile. Allo stesso modo sono legato al Trio in B min, perché racconta il mio stato d’animo. E’ scritto in una tonalità minore, è una composizione molto cupa, e ripercorre la mia vita a Los Angeles, una città difficile, così grande, caratterizzata da enormi distanze che generano quel disagio che ha aiutato e accompagnato la mia creatività.
Questo cd non è un prodotto legato ad un’etichetta, nonostante ci sia una parte commerciale curata dall’Universal Music. Dal punto di vista musicale nessuno mi ha imposto condizioni o regole, ho dato libero sfogo alla mia creatività in tutta libertà.
A proposito di “prodotti commerciali”. Nell’era dei talent vediamo come i giovani si espongano diventando così dei prodotti gestiti nell’immagine e nella produzione musicale dalla casa discografica.
Che consiglio ti senti di dare ai giovani di talento che escono da un’accademia, da un talent oppure semplicemente dalla “porta di casa”?
Il primo consiglio per chi viene da una formazione classica e ha studiato, è di rimanere coi piedi per terra. Di essere in grado di capire e di carpire, e di non uscire dall’accademia pensando di essere giunti al punto di arrivo, senza aver più nulla da apprendere. L’apertura mentale è fondamentale. Lo studio in America mi ha permesso di unire alla mia formazione accademica un approccio moderno.
Dal punto di vista di marketing, nel momento in cui diventi un prodotto, sei tu artista che legandoti ad una etichetta segui il mercato ed è a quel punto che non lascerai mai il segno; magari venderai tanto, ma quello è più un lavoro commerciale. Io penso da artista, quindi per prima cosa dobbiamo lasciare il segno ed è l’artista che deve creare una nuova moda, che deve fare il mercato. Studiare tanto serve. Il talent è un’ottima macchina per mettersi in mostra ma non è detto che chi esce dal talent sia poi effettivamente un’artista in grado di segnare. Il talent è il punto di partenza, non di arrivo.
Tornando alla White House. Parlano già di Michelle Obama come un possibile presidente futuro. Cosa ne pensi? Sul risultato di queste elezioni: come vedi un personaggio come Trump alla guida dell’USA?
Non sono affatto stupito dal risultato delle elezioni. L’America non è pronta alla donna alla Casa Bianca. Prima o poi avverrà, sarà Hillary Clinton, Michelle Obama o qualcun’altra, ma ci sarà sicuramente. Porterò sempre con me la sensazione nell’entrare e suonare alla White House. Tornerei a suonare per il popolo americano, qualunque sia il suo presidente. La Casa Bianca, la storia, è più grande del presidente stesso.
E’ in arrivo un evento importante a Capodanno. E per quanto riguarda il futuro?
Il primo dell’anno presenterò il mio nuovo album con un concerto al Parco della Musica a Roma per il quarto anno consecutivo; sono contentissimo dell’opportunità che è stata data a questo progetto giovane. Sono davvero orgoglioso di presentarlo in anteprima assoluta in Italia e nella mia città, Roma.
Il concerto di Capodanno, oltre a essere patrocinato dal giubileo straordinario della misericordia è un elemento di un’ulteriore vicinanza a Papa Francesco e al vaticano. Per la prima volta sarà eseguito un duo di violoncelli davanti al Papa, dunque sarà per me doppiamente emozionante.
C’è in programma un tour in America, con New York, Washington e Los Angeles, dove tra febbraio e marzo presenteremo quindi il nuovo album e anche alcuni brani inediti.
Una parola, una frase, una citazione per descrivere la tua musica.
Semplicità. La ricerca dell’essenzialità. Mi auguro di essere riuscito a fare qualcosa in più rispetto al cd precedente. C’è ancora tanto da lavorare. C’è una ricerca costante di semplicità, per ridurre il superfluo e lasciare l’essenziale. E la semplicità fa parte anche della mia umanità, non solo del mio essere artista.
Io mi reputo un cervello in prestito, non in fuga. Parto, con la voglia però di tornare. Il nostro è un grande paese, abbiamo delle grandi menti creative, dobbiamo però credere di più nelle nostre possibilità. Bisogna osare, non stare sulla difensiva, ma “attaccare” per poter emergere non facendosi influenzare da facili guadagni e strumentalizzare dal mercato. Dobbiamo imporci per fare il mercato. Rischiare, rimanendo con i piedi per terra, lamentandoci di meno.
“In Dreams Awake” è un vero capolavoro musicale. Gabriele Ciampi è un Artista con la “A” maiuscola. La sua musica scorre tra le viscere umane con semplicità e naturalezza, come un ruscello in piena che sa come dissetarti. E’ uno scorcio sulla natura umana, in grado di mettere in luce i sorrisi e le ombre dell’animo.
Barbara Rocchelli per All Music Italia