Quarantaquattro anni, di cui 25 trascorsi sopra le assi dei palcoscenici: Gianluca Capozzi è indubbiamente l’alfiere fiero ed inattaccabile del pop Made in Naples.
Lo ha rappresentato in qualunque fase delle stagioni musicali, che lo hanno visto passare da vinile al cd e poi virare verso i download digitali, durati giusto il tempo che lo streaming audio e video se li mangiasse; e poi il nuovo attuale, lento ma sempre più inesorabile ritorno al vinile, sconfiggendo i molti, tanti rampolli che via via provavano ad attaccare quel trono dove però, nonostante qualche momento di bassa marea, è sempre rimasto saldo.
Lo abbiamo incontrato per provare a farci raccontare le emozioni di una carriera lunga, delle tante vittorie e anche di qualche sconfitta, senza filtri, partendo proprio da quest’ultimi periodi:
E’ da un po’ che hai deciso di ritornare a cantare in napoletano, dopo un periodo anche di discreto successo in cui hai provato ad estendere a tutta Italia il tuo successo. Da dove ti è arrivata questa esigenza?
Dalla rete. Questo lavoro, perché anche se nasce dalla passione prevede comunque dedizione, tempo, attenzione e ti ripaga con del denaro, quindi è un lavoro a tutti gli effetti, è in continua evoluzione.
Da quando ho iniziato, 25 anni fa, è cambiato proprio tutto e non è stata la nascita di internet a farlo cambiare, ma da quando internet stesso è diventato il maggiore divulgatore di tutto praticamente.
E a differenza di appena 10 anni scarsi fa, non c’è più il bisogno di fare qualcosa che piaccia al discografico o alla radio, ma è stesso il pubblico, attraverso la rete che ti dice cosa gli piace.
C’è stato un lungo periodo in cui, nel napoletano, non avevi rivali. Non ti è mancato l’interesse da parte della discografia che contava allora?
L’ho cercato ma in quel periodo era piuttosto complicato. C’era già stato più di un nome illustre che aveva fatto il salto verso il nazionale, ma si era rivelato un pacco. Ed allora gli occhi erano ancora più attenti.
Pensa che una volta un notissimo discografico mi disse: “Cavolo ma tu sai parlare!” Perché fino a quel momento lì, ero solito che il cantante napoletano non sapesse parlare in italiano. E poi… lasciamo sta!
E no, scusa, finisci…
Sono sempre stato uno diretto. Portavo il provino: ti piace? Bene. Non ti piace? Torno a casa. Non sono mai stato uno di quelli che ti porta un telefonino per essere detto si!
Il tuo è un maniacale lavoro di squadra tra i cui componenti spicca tuo fratello Massimiliano. E poi segui scrupolosamente tutto, scrivendo persino le sceneggiature dei video..
No, in quel caso mi limito a collaborare, ma è vero che seguo tutto. Sono molto scrupoloso, è una cosa che mi appartiene. Però sono anche ben supportato ed aiutato. La mia giornata dovrebbe essere oltre le 24 ore, anche perché poi c’è anche il privato da coltivare.
Il momento migliore della tua carriera?
Non è mai capitato, ma è colpa mia. Sono uno che cerca di fare sempre meglio e forse questo è un problema. Io sono quello che cantava davanti a 5000 persone al Palapartenope, ma già pensava al prossimo step. Non me la sono goduta mai.
Il treno che invece non hai preso?
Un paio di volte. Avrei potuto essere per ben 2 volte a Sanremo. Un produttore di Roma aveva ascoltato il disco finito, quello di Resta e voleva portarmi al Festival. Io avevo però già preso un impegno serio e al posto mio al Festival ci andò Mario Rosini.
Quanto c’è di te nelle tue canzoni?
Tutto. Se non è ciò che sto vivendo c’è qualcosa che ho vissuto.
E visto che c’è del tuo, non c’è qualche canzone che ti fa particolarmente male ricantare?
Le canzoni fanno male quando le scrivi, non quando le canti. Quando le canti non sono più solo tue.
L’uomo Gianluca è al pari passo con l’artista Gianluca?
Si, anche se non è facile. L’artista deve essere sempre un po’ bambino ed io…non lo sono più di certo. Io ad esempio, e non è un caso, non mi sono sposato, non ho fatto figli. Però credo di essere credibile nelle mie canzoni, di non arrivare alla gente come quello che poi va a casa e si mette con le pantofole.
Dalle major ti hanno mai chiesto di dare un tuo pezzo a qualche altro artista?
Ho scritto per Silvia Mezzanotte che è una grandissima cantante ed anche una bella persona. Ho scritto per Il Volo, o meglio mi hanno fatto destinare un mio brano a loro, ma non so se l’abbiano mai nemmeno ascoltato. Io personalmente ne ho proposto uno ad Eros Ramazzotti per questo suo ultimo disco.
Come mai non l’ha inciso?
Perché ha virato su tutti pezzi suoi. Però gli è piaciuto molto e difatti con questo giudizio adesso me lo tengo per me.
Cosa vorresti sperimentare?
Mica è facile? Per sperimentare devi fare un album, dove metti dentro 5 canzoni con cui vinci facile, 5 singoli e ti lasci le altre 5 tracce per metterci dell’altro. Ma adesso il mercato t’impone di lavorare per singoli.
Oggi funziona il rap e tutti collaborano con i rapper e tu?
Io ci potrei anche pensare. Qualcuno che stimo c’è, in testa Nto’.
Oggi cosa piace a Gianluca Capozzi?
Quelli che cantano. Oggi cantano solo le donne ormai. L’ultimo cantante uscito è Marco Mengoni. E poi mi piacciono quelli che comunicano vissuto, come Antonacci ed Elisa e poi mi è sempre piaciuta la scrittura di Raf col suo filo di voce, ma che scrittura.
Quale è il prossimo passo di Gianluca Capozzi?
Vivermi quest’estate e godermi i live. Perché non è facile mica rispolverare cose anche di 25 anni fa e piacere a chi nemmeno c’era allora!
Clicca su continua per scoprire cinque canzoni rappresentative dei 25 anni di carriera di Capozzi.