7 Ottobre 2024
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7 Ottobre 2024

“Palo Santo”, intervista a Gio Evan: “La Terra ha bisogno di persone con il coraggio di affezionarsi”

Il brano è un inno all’amicizia, all’amore e al sostegno incondizionato

Gio Evan Palo Santo
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Disponibile in rotazione radiofonica e su tutte le principali piattaforme di streaming e download da venerdì 4 ottobre, Palo Santo è il nuovo singolo di Gio Evan, che torna con un inno all’amicizia, all’amore e al sostegno incondizionato.

Palo Santo è un brano che raccoglie un momento di vita preciso, netto. Un momento che è capitato ad ognuno di noi almeno una volta nella vita. È un’amicizia che si ritrova ancora insieme intorno a un fuoco, o davanti al mare, la sera. Perché è vero che l’estate finisce, ma la voglia di danzare no. Perché è vero che il sole si ammorbidisce, ma il nostro diritto al calore no”. 

“PALO SANTO”, INTERVISTA A GIO EVAN

Il palo santo viene solitamente utilizzato per i riti di purificazione. Oggi, Gio Evan cosa vorrebbe purificare? Cosa vorrebbe benedire (dire-bene di…)? 

Ogni cosa. In realtà, il mio è un voler omaggiare un gesto quotidiano, che faccio continuamente. Volevo spingerlo in una cantilena, una sorta di preghiera molto allegra. Il palo santo viene utilizzato per purificare gli ambienti, ma anche se stessi, e – dopo un anno che, per me, è stato abbastanza sporco, oltre che lunghissimo (pochi giorni fa abbiamo fatto l’ultima data live) – ora, che mi sono fermato, la prima cosa che ho fatto è stata accendere tutti i pali santi per inzuppare casa. La prima canzone, dunque, non poteva che parlare di questo gesto: fermarsi e ripulirsi.

Dai teatri con Fragile / Inossidabile ai “lidi” con il Moksa Bar, passando per Evanland. C’è un ricordo, un posto speciale, qualcosa che ti è rimasto impresso sulla pelle di questi mesi?

Sì, tantissimi, ma la verità è che siamo stati in così tanti posti diversi che adesso faccio davvero fatica a distinguerli e finisco per mescolare tutti i palchi sui quali sono salito, così come tutte le camere d’albergo in cui ho dormito e tutte le persone che ho incontrato e abbracciato.

Sicuramente, le date nei teatri sono state una più indimenticabile dell’altra. Il Duse (a Bologna, ndr), in particolare, per me rappresenta un posto speciale, in quanto ci ha un po’ formati dal momento che, tanti anni fa, ha generato il primo sold-out, che per noi era quasi imbarazzante, se non impensabile, da fare con la poesia. È stato dunque molto bello ritornarci per due volte. Poi, devo ammettere che quest’anno mi sono innamorato di Tonale e, più in generale, del Trentino Alto Adige. Penso proprio di avere un forte debole per quella regione. Ci vivrei volentieri!

Tornando a Palo Santo e continuando a parlare di purificazione, di eliminazione del negativo e di cambiamento, spesso i genitori si interrogano sul mondo che vorrebbero per i propri figli. Tu che mondo vorresti per tuo figlio? E, soprattutto, che papà sei?

Io per mio figlio vorrei il mondo che stiamo costruendo insieme. Vivendo con lui, quest’anno me lo sono portato spesso in tour, affinché potesse conoscere la realtà che stiamo costruendo, la famiglia che negli anni abbiamo messo in piedi, perché adesso iniziamo ad essere veramente tanti (25 persone). Per me era importante che li conoscesse bene, che si affezionasse a loro e che iniziasse anche lui a vederli come una famiglia.

Quindi, vorrei solo che lui fosse consapevole di quello che stiamo costruendo adesso, perché è il mondo che ci fa bene, che sento che gli sta facendo bene. La verità è che quando tu scegli come me di vivere la montagna e di fare un lavoro che ti rende veramente felice finisci per circondarti di persone che vibrano alla tua stessa frequenza. Quindi, agli occhi suoi il mondo è bello, è in pace, è buono, è tenero. Ora, quando compirà anni buoni da viaggio, capirà che purtroppo non è così ovunque, ma – a quel punto – se la vedrà lui.

Di sicuro potrà contare su delle radici ben salde…

Sì, esatto. Ci vuole una preparazione atletica anche nel mondo dello spirito. Sappiamo tutti che il corpo ha bisogno di essere allenato, ma essere muscolosi di cervello, di spirito, di delicatezza è altrettanto importante. Peccato che non ci venga insegnato da nessuna parte.

Lui, in compenso, potrà contare su un ottimo allenatore da questo punto di vista…

Sì, ci divertiamo. Lui comunque è molto più tenero di me. Io, che pensavo di essere il king della delicatezza, imparo molto da lui. Quindi, forse io sono io il suo allievo, chissà.

Palo Santo è un inno all’amicizia, all’amore e al sostegno incondizionato, ma custodisce anche una riflessione sul tempo, sull’esserci SEMPRE. Quanto dura un PER SEMPRE? È ancora possibile sottrarre un’amicizia all’usura del tempo e regalarle un PER SEMPRE?

Noi abbiamo questo terrore del “per sempre” perché ovviamente siamo legati, anche se non riusciamo ad accettarlo, a questo mondo effimero, in cui è tutto impermanente, come ci insegna il buddismo. Quindi, siamo un po’ costretti a far fronte a questa precarietà, ma io in questa impermanenza ci vedo un sacco di “per sempre.

Il “per sempre” è non trascurare ciò che è passato. Se tu entri nella mia vita e poi te ne vai, lasci comunque dentro di me un “per sempre“, perché custodirò in ogni caso un ricordo di te. Per questo sono un po’ iperattivo e non riesco mai a fermarmi. Ho bisogno di collezionare dei “per sempre“. Essere vuoti è veramente brutto.

Pochi giorni fa, su Instagram, hai scritto: “Ho convinto e costretto la mia anima che ogni cosa è fatta di impermanenza. Ma non ci riesco e per me, ora, va bene così“. E, forse, va davvero bene così se quel “per sempre” comunque c’è, esiste, anche se sotto un altro punto di vista, del tutto inedito…

Sì, va bene così. È come un mantra, che ho imparato in Sud America, frequentando gli sciamani. Io sono cresciuto, sono stato educato e ho vissuto con una forte tempra buddista. Questo ha fatto sì che uno dei primi insegnamenti che ho ricevuto è stato quello di non affezionarmi, di non legarmi a niente, perché tutto svanisce, muore.

Io ci ho provato tantissimo. Penso di essere il disonore del buddismo. Reputatemi un buddista ovviamente, perché sono le miei pratiche maggiori. Però, in realtà, io penso che un buddismo 2.0 dopo 5 mila anni ci possa anche stare. Adesso la Terra ha veramente tanto bisogno di avere persone con il coraggio di affezionarsi, perché l’affezione, l’affettività, porta sempre ad avere grande cura verso il prossimo e questa è una cosa che ci sta mancando.

Il tuo è un buddismo che abbraccia e accoglie tutto, senza precludersi nulla. E, a questo proposito, nella cover di Palo Santo troviamo Ganesh, che è una divinità induista…

Sì! Il buddismo, di per sé, è molto più una filosofia che una religione, è proprio un pensiero. Se dobbiamo parlare del repertorio credenza, io credo in tutto. Il mio tempio ha Gesù davanti. A sinistra, invece, c’è Yogananda, mentre a destra troviamo Babaji, Ganesh e Shiva, perché il maestro è maestro a prescindere.

Poi, la terra che ha tocca l’ha battezzato in una forma di religione. Buddha non ha inventato il buddismo, così come Gesù non ha fatto il cristianesimo, ma è stato San Paolo a farlo. Loro portavano delle buone novelle, dei messaggi, dei codici ed io sono molto più affezionato a questo che ai nomi delle divinità.

Nel post Instagram di cui parlavamo prima, tu parli non di INSEGNAMENTI, ma di EDUCAZIONI che i monaci ti hanno dato in Asia. Ci parli un po’ più nel dettaglio di questo concetto?

La parola educare viene da ex-ducere, che vuol dire condurre fuori. Di fatto, ci sono proprio delle attività che tu hai già dentro e che alcune esperienze, alcuni luoghi e alcuni incontri ti portano ad attivare.

A questo proposito, l’Asia cosa ha attivato dentro di te? Quali educazioni hai ricevuto lì?

Prima io ero un’ameba, un’alga, un albero. L’Asia mi ha tirato fuori delle educazioni che riguardano l’empatia, il silenzio, il raccoglimento, la riflessione, la condivisione e la spiritualità. Mi ha insegnato che ogni cosa è sacra ed ha ragione di esistere, ha un suo percorso.

In India c’è una gratitudine, una consapevolezza e un’attenzione verso la profondità che è immensa e che, purtroppo, nella mia Europa ancora non c’è. È proprio una tradizione. I gusti del gelato si chiamano come gli dei, così come i bus. Può sembrare fanatismo, ma non lo è. Il fatto è che la loro attenzione è continuamente rivolta al Signore.

In India pronunciano sempre parole sacre e questo è ciò che, più di tutto il resto, mi ha educato. L’India mi ha passato dei codici che conducono all’attenzione, al vivere l’hic et nunc, senza mai distrarsi, perché se ti distrai smetti di esistere. Ecco, per quanto possa essere veramente un casino, l’India non ha distrazioni.

Ritornando a Palo Santo, tu canti: “A te che ci sei sempre quando non mi vedo più, quando non mi vedo ancora”. E ancora: “E tu ci sei quando mi odio e dico: basta, rimango solo. E tu mi abbracci ed io ritorno intero“. Ci parli un po’ più nel dettaglio di queste due frasi?

Ci sono persone che sono state chiamate a proteggerci, che ricoprono il ruolo di angelo e che noi chiamiamo quando ci sentiamo completamente distrutti, smarriti o persi. In pochi attimi loro sono in grado di capire tutto, per poi riassestarci e rimetterci nei giusti binari.

Queste frasi non sono per forza io a dirle. Magari, ricopro l’altro ruolo. La scrittura non fa protagonisti, fa emozioni. Per me è importante la cartolina di una persona che non riesce ancora a credere in se stessa, ma che ha al proprio fianco qualcuno in grado di farlo al posto suo.

Nella mia vita, credo di non aver mai provato un sentimento di odio nei miei confronti, né mi sono mai sentito incompleto al di fuori di un abbraccio.

Ciò non toglie che in tour incontro tantissime persone che hanno proprio bisogno di abbracciarsi e a me piace farlo. Si tratta di momenti sacri, che è fondamentale costruire. Ad un certo punto della mia vita, una mano di un maestro sulla guancia mi ha rivoluzionato tutto. Quindi, è importante non smettere di abbracciarsi, perché sono queste le cose che impediscono alla terza guerra mondiale di esaudirsi.

In chiusura, ti chiederei di riassumere in una sola frase questo anno: dal tour Fragile / Inossidabile in teatro all’uscita di Palo Santo.

Addio e grazie per tutti gli abbracci.