Oggi vi proponiamo un’intervista a Laioung. Un nome che in pochissimo tempo ha saputo catturare l’attenzione di pubblico e addetti ai lavori, diventando di fatto l’astro nascente della trap italiana.
Una hit come Giovane giovane – al fianco di Izi e Tedua – ha acceso i riflettori su di lui. Numeri monster che lo portano oggi a pubblicare una nuova versione del suo esordio in lingua italiana, supportato da Sony Music Italia. 18 tracce (di cui 8 inedite) racchiuse in Ave Cesare: veni, vidi, vici, lavoro disponibile anche in versione fisica e pronto ad essere presentato in tutta Italia grazie ad un Instore tour.
Se QUI via abbiamo presentato lui e il suo progetto, oggi lasciamo che sia lui a parlare e a presentarsi.
Un intervista che di fatto è il racconto di un’indole capace di trasferire empaticamente la propria storia al pubblico, trasformando la sofferenza e la voglia di emergere in musica e lavoro.
Un lavoro che è vita, una musica prodotta con uno stile capace di rivoluzionare la scena italiana con la travolgente forza della semplicità e della verità racchiuse e avvolte dalla sofferenza che è stata fil rouge del suo vissuto.
Una voce capace di racchiudere le sensazioni dei molti giovani di seconda generazione che vivono il nostro paese, lontano dalla retorica e dagli effetti speciali.
È uscito Ave Cesare: veni, vidi, vici. Come appendice nel titolo scegli un detto utilizzato per sottolineare una vittoria facile. Sul celebrare un traguardo sono d’accordo. Sul fatto che tu lo possa considerare facile ho qualche dubbio. Mi spieghi la scelta di questa citazione?
Ho voluto riprendere il significato letterale di veni, vidi, vici e non tanto l’uso che se ne fa. Sono venuto, ho visto e ho vinto. Ma non è stato semplice come sembra. Così come non sono semplici le 18 tracce che ho prodotto, lasciando molti punti interrogativi in chi le ascolta. Sarà così finché non verranno pubblicati i video, che aiuteranno a capire la mia visione della musica e il mio starle dietro a 360°.
Questo repack ha portato il tuo disco su supporto fisico. Che sensazioni ti hanno investito quando lo hai avuto in mano per la prima volta?
È stata una sensazione incredibile. Non potevo immaginare che la mia visione avrebbe portato a questo: un disco con Sony Music Italia, da indipendente. Basti pensare al fatto che fino a poco fa dormivo sui tavoli o a terra in paesi oltreoceano. La gente ha scoperto Ave Cesare grazie a Giovane giovane, un pezzo che è stato il mio bigliettino da visita. La versione veni, vidi vici di Ave Cesare è un regalo arricchito da 8 inediti. Avere in mano tutto ciò è stata una sensazione straordinaria.
LAIOUNG ft. IZI, TEDUA – GIOVANE GIOVANE
Come hai accennato il nuovo corso di Ave Cesare vede la collaborazione con Sony Music. Come sei stato accolto in una major con logiche apparentemente lontane dal tuo percorso?
Sono felice di poterti dire che con Sony Music faccio le stesse cose che facevo prima, con il valore aggiunto di poter contare su una grande organizzazione. Mi sento come se avessi dietro una vera famiglia, che pensa nel migliore dei modi alle mie uscite e ai miei video.
Sembri molto sicuro di te stesso, sia nei modi che nei testi. Non hai paura di sembrare presuntuoso o arrogante?
Il problema è che chi mi vede così non conosce la sofferenza. Questa gente non conosce il mio passato. Non sanno chi sono oggi e non sanno che arrivo da 12 anni di sofferenza, solitudine, sacrifici e delusioni.
Molti non hanno mai creduto in me. Sono gli stessi che oggi pensano che tutto ciò mi sia successo per puro caso. Sono poche queste persone ignoranti e sono convinto che, dopo avermi sottovalutato, saranno loro ad essere impressionati da ogni mia uscita.
Io posso solo dirti che cammino con la mia famiglia, con la tripla R e con il Karma. Il Karma dice che è arrivata la mia ora, ho finalmente il controllo della mia musica a 360°. Più che essere sicuro di me, sono sicuro che nella vita il lavoro fatto ripaga. Le piante che ieri germogliavano nella mia vita oggi sono degli alberi. E io continuo a piantare.
Come vivi l’aspettativa che circonda oggi il tuo nome?
Io non lavoro con le aspettative, lavoro con le visioni. Le aspettative portano delusioni, la mia musica non mi ha mai deluso.
Leggendo la tua storia a livello musicale dai l’impressione di essere a dir poco iperattivo. Produttore, musicista,… sia per te che per molti altri. Hai lavorato e lavori tanto. È un tratto che nasce dalla tua necessità di dimostrare sempre qualcosa?
Mi fa piacere che noti questo. Fare musica è molto naturale. Inoltre è un lavoro e come in qualsiasi settore un professionista sa come agire. Io sono così grazie ad Angelo Raffaele Consoli, mio padre. Lui non si ferma mai, lui è un treno. Ho imparato da lui. Questa è una filosofia di vita che mi appartiene e che io ho potuto esprimere nella musica.
Mi pare di aver capito che sei più attratto dalla voglia di fare che dal talento puro. Tra le due a cosa credi sia dovuto il tuo successo di oggi?
Nella vita ci sono due talenti: il talento fine a se stesso e il talento del lavoro. Conosco un sacco di artisti bravi che spaccano nella loro cameretta o con gli amici al bar. Spaccano ma non lavorano duro.
Spaccano e lavorano al Mc Donald’s. Io spacco e lavoro per me stesso. Mi spacco perché lavoro duro e ho sempre in mente un piano. Un sogno senza un piano resta solo un desiderio. Io pianifico da sempre e ho investito in me stesso e nel mio vasto catalogo di musica. Ogni giorno penso alla musica e non ho nessuna altra distrazione. Sono nella musica a 360°.
Hai già avuto modo di testare dal vivo gli inediti contenuti in Ave Cesare, veni, vidi, vici? Com’è stata la reazione del pubblico?
La gente ascolta ed è emozionante vedere l’attenzione nei confronti di pezzi mai sentiti prima. Ad esempio ai Magazzini Generali di Milano fatto molti inediti in una serata sold out: la gente era attentissima. Straordinario.
Nei testi ti distingui per l’assenza di alcuni tratti considerati default nella trap. Non si parla di droga, non ci sono parolacce o volgarità varie. Perché?
Io non mi considero un grande scrittore. Mi considero una persona molto semplice. Canto e scrivo quello che conosco, sono molto naturale e certamente non vado a cantare di robe che non mi rispecchiano. Non è uno sforzo il non parlare di certi argomenti negativi. Penso anche al fatto che la parola è molto importante i giovani ci ascoltano. Non voglio certo rovinare le prossime generazioni senza motivo.
Di fatto sei una voce forte della Seconda generazione del nostro paese. Ti sei mai auto censurato o comunque hai mai avuto paura che le tue parole potessero essere strumentalizzate o mal interpretate, magari deviate verso interpretazioni populiste?
Non mi sono mai posto il problema. Le seconde generazioni si stanno evolvendo. Ci sono italo somali, italo brasiliani, italo russi… ci sono un sacco di seconde generazioni che come me hanno vissuto la discriminazione del razzismo. Loro si rivedono nella semplicità delle mie parole. Si ritrovano nella spontaneità dei miei stati d’animo. Preoccuparmi è l’ultima cosa successa in vita mia. Forse perché mi fido solo delle mie visioni Credo di essere arrivato sin qui proprio grazie a questo.
Ti vedresti mai impegnato a portare avanti la voce della seconda generazione in sedi differenti, magari istituzionali?
Le migliori cose non si prevedono. Ci sarà un momento storico, magari tra un decennio, dove effettivamente le cose cambieranno. Io posso solo garantire che sosterrò tutti quelli che mi hanno sostenuto, di seconda generazione e no.
Qualsiasi cosa farò la farò restando nel mio, lontano dalle cose che non mi appartengono. Il mio posto oggi è qui: divertirmi, esprimermi e rendere la vita degli altri migliore attraverso la musica. Il vero messaggio che voglio lanciare è che bisogna svegliarsi e vivere pensando sempre alle conseguenze di ogni propria azione.
Ti sei appassionato all’hip hop grazie alla scena di Atlanta ma i tuoi gusti spaziano da Michael Jackson a Lucio Battisti. Quali sono le tue canzoni italiane preferite?
Sono un po imbarazzato, ce l’avevo sulla punta della lingua… Definitivamente quella di Pino (Daniele ndr) che ho ripreso nel disco (Je sò pazz ndr) che è un classico. Possiamo tutti fare una preghiera per Pino, che è partito troppo presto: un grande uomo che ha cambiato la vita di tanti con la sua musica. Sono legato a lui perché ha avuto la forza di portare il black sound e il soul in Italia.
Un altra canzone definitiva è Con te partirò di Andrea Bocelli (anche lui omaggiato nel disco nell’omonima traccia ndr). Lui ci ha regalato la sua anima cantando questo pezzo, diventato poi conosciuto a livello mondiale.
Rispetto a molti tuoi colleghi sei particolarmente dotato a livello vocale. Pensi che riusciresti mai ad esprimerti in un terreno vicino a sonorità pop? Hai voglia di farlo?
Il mio catalogo è molto vasto e ho pezzi di ogni tipo. Non ho limiti musicali, mi piace qualsiasi genere e soprattutto voglio continuare ad imparare. Sicuramente nella mia carriera ci sarà un momento molto più acustico e analogico. resta che per il momento mi piace cavalcare quest’onda.
A livello stilistico e strutturale la tua musica è molto poco italiana.
Mi piace pensare di poter mostrare anche agli artisti che non ci sono limiti. L’uso dell’autotune è un plus. Non dev’essere fondamentale ma si può imparare ad usarlo bene. Grandi cantanti a livello mondiale usano autotune e il pubblico nemmeno lo sa. È diventato come la maionese nel sushi.
Sono effetti utilizzati da tutti e nel produrre la musica bisognerebbe tenere conto dell’opinione dei giovani. Oggi la trap è arrivata in Italia, quando fino a due anni fa tutti credevano che non avrebbe mai funzionato. Quante volte mi sono sentito dire “Bravo, questo pezzo è bello ma in Italia non funzionerà mai”.
Spazio ai giovani. Bisogna credere nei progetti dei giovani, credere nella filosofia dei giovani perché la verità arriva non solo dal vino ma anche dai bambini.
Credi che l’elettronica sia vista come musica di serie B?
La musica acustica va considerata tanto quanto quella elettronica. Esiste lo studio anche qui, tanto quanto esiste nel mondo delle scale, dei classici e di Beethoven. Siamo nel 2017 e bisogna svegliarsi, imparare ad usare i computer e i software: non esistono solo gli studi da 1 milione di dollari per fare buona musica.
Nel nostro paese credi ci siano delle difficoltà nel recepire questo?
Sono barriere che cadranno da sole. Se devo dare un opinione personale lo faccio pensando a cosa funziona nel mondo, non in un solo paese. Questo si dovrebbe fare nel 2017. Forse per queste barriere la mia musica ha funzionato a scoppio ritardato. Ma se prima ero troppo avanti, oggi ho finalmente gli occhi addosso.
Che legame hai con la Sierra leone?
Un legame quasi inesistente per il momento. Non ho mai avuto l’opportunità di andarci: i miei genitori non hanno mai avuto i soldi per il biglietto aereo e mi hanno sempre venduto un sogno inesistente. Mi dicevano: andiamo a Natale, poi andiamo d’estate, poi di nuovo a Natale e così via… una storia che non è ancora finita.
Spero di poterci andare presto e di ricostruire questo legame con una terra che amo così tanto e che culturalmente mi ha già dato enormi energie positive. Lottando nella mia povertà in questi anni l’ho fatto anche pensando alla Sierra Leone e al fatto che ero povero ma avevo un’opportunità. Quindi non esistevano scuse.
Spero di poter fare un documentario il giorno che appoggerò piede in quella terra.
Ringraziamo Laioung per la disponibilità e il racconto, ricordandovi che dal 21 aprile potete conoscere il suo mondo nel migliore dei modi: attraverso il doppio CD Ave Cesare: veni, vidi, vici.
QUI trovate la sua pagina Facebook con tutte le informazioni sul lancio.