Intervista a Mariella Nava di Fabio Fiume.
Conosco personalmente Mariella Nava da un po’. Con lei ho avuto modo d’interfacciarmi diverse volte e per motivi assolutamente diversi, eppure mai mi era capitato di doverla intervistare.
L’opinione umana, più che quella da giornalista di settore, che ho sempre avuto di lei, ha trovato qui piacevole conferma. Mariella è una donna di una sensibilità notevole; parlo proprio d’animo.
La maniera di come lei parla della sua musica, della sua arte, è intrisa di passione ma anche di rispetto; nulla Mariella lascia al caso e nulla Mariella segue con distacco o con leggerezza sin da inizi in quel di Taranto, città non certo centralissima per chi, soprattutto 40 anni fa , voleva fare musica e da cui le chiedo di far partire questa nostra amichevole chiacchierata..
“Effettivamente Taranto non era allora centrale, ma io non ne soffrivo perché nemmeno forse mi ero resa conto di voler fare musica” esordisce l’artista.
E quando è che te ne sei accorta?
Se ne sono accorti gli altri veramente. Un bel giorno in casa mia entrò un pianoforte perché mia sorella prendeva lezioni con una maestra.
Questo strumento grande e bello però attirava la mia attenzione, tanto che quando nessuno mi vedeva, io mi mettevo li e con le mie mani piccole, provavo a far suonare quei tasti enormi per me.
E poi le mani crescevano però…
L’insegnante di piano di mia sorella s’accorse di questa mia propensione e disse a mia madre che lei insegnava anche a bambini più piccoli e che avrebbe integrato anche me nelle lezioni.
Solo che finite le lezioni non finivano per me gli esercizi, ero sempre li e, senza averne consapevolezza, iniziai a comporre ed anche di questo si accorse mia madre, che sentiva queste melodie che non aveva mai sentito prima. E così diciamo fino al liceo.
Cosa accadde poi?
Che sentii di un concorso indetto dalla Rca per giovani autori, compositori. Solo per una mia curiosità personale decisi d’iscrivermi. Andai in uno studio stesso a Taranto che apparteneva a Maurizio Montanari, una carissima persona con cui ancora oggi sono in contatto e li registrai questo pezzo e lo inviai. Incredibile ma fui selezionata.
Ecco la grande opportunità?
Non proprio. Mi sentivo come se mi fossi tolta la soddisfazione e così un po’ per timidezza, un po’ per paura di questo che era un salto nel vuoto che decisi di non presentarmi alla convocazione in Rca per la fase finale del concorso, tra il disappunto di tutti i miei amici, che avevano già preparato il tifo.
Come si può rinunciare alla possibilità della vita?
Semplicemente perché non ti rendi conto. Succede quando quel che fai è solo perché ti viene spontaneo e non per fare chissà che.
La musica è sempre stata la mia grande compagnia, un dono che per esempio, proprio in questo periodo in cui abbiamo convissuto con la pandemia, è stato la mia valvola di sfogo.
Quanto tempo è passato prima che accadesse qualcosa?
A metà degli anni 80 mi capitò di sentire che il grande Gianni Morandi cercava giovani autori da lanciare, incidendo le migliori canzoni che gli arrivavano all’interno del suo album ai lavori, guarda caso, proprio per la Rca. Decisi così di spedire un pezzo che frattempo avevo scritto.
Avevi l’indirizzo di Gianni?
No, no. Lo mandai in Rca trovando l’indirizzo sulle Pagine Gialle, scrivendo: “all’attenzione del sig. Gianni Morandi”. Ti giuro, mai avrei pensato che gli venisse recapitato, ed invece…
Ed invece?
Accade che qualche tempo dopo, non ricordo quanto ma sufficiente a non pensarci proprio più, squilla il telefono a casa mia. Risponde mia madre dal corridoio e mi fa: “Mariella è per te”. Arrivo al telefono e per poco non riattacco.
Non credevi fosse lui? Cosa ti disse?
“Parlo con Mariella? Piacere, sono Morandi, Gianni Morandi. Ma sei davvero tu che hai scritto Questi Figli ?” Poiché nella cerchia d’amici sapevano che avevo mandato questo brano per Morandi ed in particolare c’era uno dei miei amici molto bravo con le imitazioni, ero proprio convinta fosse uno scherzo.
Come ha fatto il buon Morandi a farti capire che così non era?
Parlandomi della lettera che avevo scritto a corredo del pezzo. Quella era personale e solo chi l’aveva letta poteva sapere cosa conteneva.
Mi disse che oltre al brano bellissimo, anche la lettera lo aveva colpito e che, se quella era la mia sensibilità, io dovevo per forza andare a Roma, perché non solo doveva conoscermi, ma doveva presentarmi alcune persone per lavorare con quello che per lui era un assoluto talento.
Parte così la tua carriera ed arrivano subito due Sanremo come nuova proposta; siamo nel 1987 ed 88.
Si. Ottengo sia un contratto artistico, per lavorare ad un progetto che sia proprio Mariella Nava, che uno editoriale, per continuare a scrivere per altri artisti della scuderia. Con il progetto artistico mi hanno mandata due anni consecutivi a Sanremo, ed anche se non è successo granché, sono stati anni meravigliosi.
Raccontameli, puoi?
C’era un fuoco artistico pazzesco. C’era la possibilità di arricchirsi, di confrontarsi con colleghi giovani ma che avevano un evidente mondo artistico da raccontare.
Pensa solo che sono anni in cui,oltre a Sanremo, io incontravo in rampa di lancio come me artisti quali Michele Zarrillo, Paola Turci, Biagio Antonacci, Andrea Mirò, Bungaro, Mietta… e se consideriamo le lunghe carriere che abbiamo tutti, direi che già questo descrive alla perfezione quegli anni.
E poi nei corridoi della Rca ho avuto modo di conoscere oltre a Gianni, Renato Zero che come ci presentarono, si complimentò e mi chiese subito di scrivere per lui.
Come autrice tutto si muove con un nuovo pezzo da 90, Come Mi Vuoi per Eduardo De Crescenzo, nel 1989. Come è avvenuta questa collaborazione? Si dice che De Crescenzo non sia un caratterino proprio facile…
Non ho avuto quest’impressione. Fu Mara Maionchi a chiedermi di scrivere un testo per Eduardo.
Mi fermai a pensare a quali sensazioni mi arrivavano da un artista splendido come lui, dotato di una voce che mi faceva pensare a Stevie Wonder e così arrivò Come Mi Vuoi. Poi mi dissero che l’avevano scelta per andare a Sanremo.
Ti venne un colpo?
Che si è ripetuto uguale due anni dopo quando anche Renato Zero scelse il pezzo che avevo scritto per lui sempre per Sanremo. Il suo oltretutto era un debutto alla manifestazione.
Due artisti completamente differenti: il primo voce ariosa, melodie eleganti ma mai troppo lontane dal popolo, l’altro invece un attore delle parole a cui da voce, una maschera interpretativa. Come fai a scegliere a chi dare le tue canzoni e quali tenere per te?
No, per carità! E’ un pensiero che non mi appartiene proprio. Forse è il contrario.
Spiegati meglio…
Quando finisco una canzone, il primo pensiero che faccio è chi potrebbe renderle giustizia… e non sono mai io. Ho sempre l’idea che le mie canzoni debbano viaggiare e posarsi sulla bocca della personalità più giusta per dare loro la forza maggiore possibile.
Mi è capitato però che avessi pensato ad interpreti per delle mie canzoni, magari a volte un po’ forti, e questi mi ha risposto che non se la sentiva. In quel caso le ho tenute per me.
Un esempio?
Quando ho scritto Piano Inclinato io volevo la cantasse Renato. Lui si è letteralmente innamorato del pezzo ma mi ha detto da subito che quello era mio, che dovevo utilizzarlo per la mia di carriera. Semmai l’avrebbe cantata in duetto con me. Anche se…
Anche se?
Ne è talmente innamorato, lo ha detto negli anni talmente tante volte, che sono convinta che prima o poi ne fornirà una magnifica versione, come solo lui sa fare, da solo.
Renato è stato importantissimo nella tua carriera. Tu hai scritto per lui quel capolavoro di Spalle al Muro, ma lui ti ha guidata come un fratello maggiore…
Assolutamente. Pensa che in quel famoso Festival del 1991 mi pose come condizione. Disse ad Adriano Aragozzini ( organizzatore del Festival nelle edizioni 89-90-91 ndr ) che avrebbe partecipato solo se nel cast avrebbe inserito anche me.
Diceva che era arrivato il momento che la gente conoscesse la mia faccia al pari delle mie canzoni. Dopo un po’ di titubanza Aragozzini accettò.
E tu andasti al Festival in assoluta punta di piedi, con un brano persino complicato. Perché, non pensavi potesse essere la tua occasione?
No. A me di essere in gare non interessava proprio. Io ero a Sanremo per tifare da vicino Renato e con lui il mio pezzo.
Personalmente scelsi di andare con Gli Uomini perché il coraggio mi ha sempre contraddistinto artisticamente. Andai con un brano che dovesse far capire più chi ero come autrice che esplodere come canzone.
Però mi resta il plauso dell’orchestra che amò da subito quella canzone così difficile, arrangiata, come tutto l’album del resto, dal grande Geoff Westley.
Renato, Gianni, Eduardo… ma anche Ornella Vanoni, Mietta, Syria, Loredana Bertè, Irene Fargo, Annalisa Minetti, Tosca, Gigi D’Alessio, Andrea Bocelli, Mango… hai scritto per tutti loro e di più. Chi vorresti nei tuoi sogni si aggiungesse alla lista?
Non ci penso granché. Tutte le cose nella mia vita artistica sono arrivate da sole e sempre quando non ci pensavo più. Anche un grande regalo arrivato troppo tardi, ma sempre grande.
Di chi parli?
Di Mia Martini. L’avevo conosciuta proprio in quegli anni e mi aveva chiesto di mandarle qualcosa. Scrissi per lei Le Altre ma non ebbi mai notizia, nemmeno se le fosse piaciuta.
Poi mi chiamò Maurizio Piccoli che mi chiese come mai non fosse segnalato che avessi scritto per Mimì; al mio spiegargli che lo avevo fatto ma che Mia non aveva mai inciso la mia canzone, mi disse che invece aveva trovato un foglietto con il mio nome scritto sopra ed un nastro in cui aveva provinato il mio brano… che poi è uscito ( nel 2007 nell’album Live 2007 ndr).
Si però non ci credo che tu non abbia ancora un sogno non realizzato…
E vabbè allora lo dico: il sogno è Sting! Vive anche in Italia, magari lo viene a sapere… ( ride ndr )
Negli anni 90 hai partecipato più volte a Sanremo. Mi racconti qualche aneddoto riguardo ai brani presentati?
Nel 1992 proposi Mendicante…
Ah si, io ricordo avevi l’influenza, è possibile?
Ricordi bene, stavo malissimo. Pensa se fosse successo oggi? Mi avrebbero cacciata come untrice! Ricordo le prove con questi fazzoletti ovunque e anche un aneddoto mica da ridere?
Allora devi rivelarcelo!
Chiaramente anche a Sanremo c’è un direttore di palco. Quando io arrivai alla prima prova, li all’Ariston, bella, bella e anche malaticcia, mi accomodai al piano.
Mi si avvicina questo signore che mi dice: “tu chi sei, che ci fai qui”? Ed io: “Veramente devo suonare”. M’incalza: “Devi suonare? Ma adesso è il turno di Mariella Nava, non c’è una pianista aggiunta”! Ed io disperata: “Ma sono io Mariella Nava”.
No, non ci credo!
Devi invece, perché continuò. “Scusa ma tu non devi cantare”? Ed io: “Si certo, ma mi accompagno anche al piano”… come se fosse una cosa assurda.
E negli altri anni?
Nel 94 mi presentai con Terra Mia, altra scelta sulla carta non facile, perché per la prima volta si cantava in dialetto pugliese.
Perché allora decidesti di farlo?
Primo perché ho sempre cercato di seguire l’istinto e di propormi sempre nuova, poi perché mi piaceva l’idea di questi versi a mio avviso caldi ed universali, comprensibili a tutti.
Non da ultimo l’idea di essere accompagnata da due musicisti sul palco, uno dei quali italo/svedese che fu motivo di risate per tutta la settimana. Non capiva nulla di quello che avveniva, parlava poco italiano e esattamente come t’immagini faccia uno nordico.
Lo dovevo guidare proprio sul palco, perché non capiva perché ci esibivamo assieme ma poi le interviste venivano fatte solo a me. Sanremo gli risultava incomprensibile.
Poi c’è stata Così è La Vita nel 1999…
In realtà ci sarebbe potuta essere Dimmi Che Mi Vuoi Bene prima nel 1998.
Un pezzo meraviglioso, forse, e scusa se lo dico, il mio preferito in tutta la tua discografia…
Anche i miei fans l’amano molto. Personalmente ogni anno, il giorno prima del mio compleanno organizzo questa festa speciale in cui puntualmente la canto dicendo: “Dimmi che mi vuoi”… e tutti rispondono bene.
E come è possibile che non l’abbiano presa?
Ammetto che ci rimasi male ma alla fine sai cosa? Sanremo è un mosaico. Chi l’organizza deve metterci dentro tutti gli ingredienti possibili per renderlo gradibile a quanta più gente possibile.
Mi riesce difficile pensare che il motivo della mia esclusione potesse essere la canzone non piaciuta. Forse quell’anno, per il mosaico, non ero appetibile. E comunque la rivincita me la sono presa l’anno dopo.
E si, terza!
E tra l’altro proprio quando credevo che nemmeno mi prendessero! Tentai proprio alla fine. Avevo questo pezzo e non volevo mandarlo. Proprio in chiusura dei termini lo consegnai e mai, giuro mai, pensavo di essere chiamata.
Come l’hai vissuto il trambusto del risultato?
E’ come se in quel momento il pubblico mi avesse riconosciuto i meriti di tutta una carriera. E’ stato bellissimo perché oltre al premio attribuito dal pubblico è arrivato anche quello come “miglior musica” dagli organi competenti. Quindi quel pezzo ha unito la gente comune e quella di settore.
In merito a questo non credi che sia stato un azzardo tornare al Festival l’anno dopo quando, in coppia con Amedeo Minghi per Futuro Come Te, sei stata un po’ rimbalzata nei bassi fondi della classifica?
Sinceramente no. Sicuramente il pezzo non è andato bene. Ancora oggi quando mi capita d’incontrare Amedeo, ancora non si da pace del perché il brano non funzionò. Lui lo amò da subito, da come glielo feci ascoltare, tanto che mi spinse a modificarla.
Come arrivasti a pensare di collaborare con lui?
Volevo riandare a Sanremo per battere il ferro finché caldo, come si suol dire.
Avevo scritto questo pezzo che mi sembrava perfetto per essere proposto a due voci. In quel periodo con Amedeo condividevamo il discografico, Elio Cipri, e così decidemmo di proporlo a lui.
Inizialmente sul palco dovevo esserci solo io, proporre la parte iniziale, quella recitata e lui doveva entrare in divenire per cantare. Invece, come dicevo prima, s’innamorò a tal punto proprio di questo fatto del recitato, che mi disse, che voleva farlo anche lui e così mi convinse ad adattare la cosa a due voci già dall’inizio.
Nel nuovo millennio vanti una sola partecipazione, per altro molto positiva, con Il Cuore Mio. Come mai?
Perché sono anni che non trovano giusta la mia presenza nel mosaico di cui prima. Io, di mio, ho mandato un pezzo quasi tutti gli anni ma effettivamente quella del 2002 resta la mia ultima partecipazione, con un pezzo però molto amato del mio repertorio, ed anche molto ricordato visivamente perché per la prima volta mi proposi scollata e con trasparenze in bella vista.
Cosa ti spinse ad osare?
Quando sceglievo gli abiti per Sanremo in genere per l’ultima serata ho sempre pensato all’eleganza ed una mia collaboratrice di allora mi disse se non era il caso per una volta di ostentare anche la mia femminilità, con un abito da diva, che facesse anche vedere il lato estremamente femminile che mi è proprio.
E così dissi perché no? Ricordo Pippo Baudo che chiese ad orchestrali e pubblico se vedevano anche loro ciò che vedeva lui. Sorpresi tutti. Sarà per quello che non mi prendono più? ( ride ndr ).
Mi spieghi la vita particolare di Per Amore, brano portato al successo da Andrea Bocelli ?
Il brano fu portato a Sanremo da Flavia Astolfi nelle nuove proposte, tra l’altro nello stesso anno in cui Bocelli tra i big proponeva Con te Partirò. Non fu capita ed eliminata.
Pensa che non so per quanto la povera Flavia mi continuava a chiedere scusa, dandosi la colpa di non essere riuscita a far arrivare la bellezza del pezzo. Povera, la prese proprio male.
L’anno dopo fu Caterina Caselli che lavorando ad un nuovo disco di Andrea, mise assieme delle canzoni che per lei meritavano un pubblico ampio, tipicamente dentro alla melodia italiana e la scelse.
Mariella Music Farm fu un errore?
No, perché mai? Sai, ogni volta che decido di fare qualcosa, lo faccio sempre riflettendoci molto. Anche in quel caso ci pensai parecchio. Poi decisi che bastava farlo rispettando me stessa e credo di esserci riuscita.
Ti sei sentita in difficoltà in quel contesto?
Nel quotidiano con i colleghi, alcuni amici, no. Le cose cambiavano un po’ in prossimità della gare, perché , soprattutto alcuni, facevano venire fuori l’agonismo. Forse è pure giusto.
Spesso ti sei trovata a proporre pezzi in appoggio di cause sociali importanti. Ritieni che la cosa oggi abbia ancora un ritorno?
Dal punto di vista discografico per nulla. Dal punto di vista della luce accesa su un qualche cosa di cui c’è bisogno di parlare invece senz’altro si.
Parlo proprio di ritorno mediatico, non di quello economico. Io appoggio comunque cose in cui credo, ma non ho l’idea che un mio pezzo o il suo ricavato possa davvero aiutare dal punto di vista economico.
Semmai chiedo alle persone di fare donazioni o io stessa ne faccio, senza fare certo pubblicità alla cosa. In questo comunque noi artisti possiamo ancora dire la nostra.
Come ha fatto la nostra Mariella ad arrivare a scrivere e duettare con la leggenda black Dionne Warwick?
Come tutte le cose che mi accadono: per caso. Eravamo ad un concerto in Vaticano entrambe ed io sedetti al piano in una pausa ed iniziai a suonare proprio Per Amore.
Si avvicinò una sua assistente e mi disse che la signora avrebbe voluto scambiare due chiacchiere con me.
E cosa ti chiese ?
Se avessi scritto io quella canzone che aveva già sentito chiaramente cantata da Andrea e che la commuoveva particolarmente. Mi chiese se scrivessi in inglese e se mi andasse di farle sentire qualcosa per lei.
Quando le mandai It’s Forever non solo volle inciderla, ma farla in duetto con me. E’ quel che si dice dei più grandi no? Che sono anche molto umili.
Nel 2019 ti sei unita ad altre due pazze impensabili Rossana Casale e Grazia Di Michele per delle date live. Ma come è successo, chi ha contattato chi?
Ci siamo trovate tutte in una rassegna curata da Grazia e lavorando dietro le quinte non ricordo chi ha detto a chi: ma come è che noi non abbiamo fatto mai nulla assieme?
Ci conosciamo da anni, ci apprezziamo, ma effettivamente… E non ce la siamo fatta passare. Dopo qualche tempo eravamo a lavorare sul progetto di un live a tre voci, dove ognuna canta anche cose delle altre.
Come mai non avete pensato a Sanremo?
Mah, chissà potremmo pure per l’anno prossimo, se ci vogliono.
State lavorando a nuove cose quindi?
Si, potrebbe uscire già prossimamente un nostro singolo assieme e stiamo lavorando ad altre cose. Io sono praticamente impegnata con loro ma anche con la chiusura del mio disco solista.
Anticipato dal singolo Povero Dio. Come è nata questa canzone dal testo molto forte?
Forse anche da questo periodo. Tutti noi chiediamo sempre aiuto a quello in cui crediamo nel momento in cui siamo in difficoltà.
Ma ci chiediamo mai dove sia Dio quando stiamo bene? C’è chi impreca quando gli accade qualcosa di brutto e le sue preghiere non vengono ascoltate.
Si sentono frasi come: “Dov’era Dio che ha fatto succedere questo”? Stava dove stava quando non te lo chiedevi e non t’interessava sapere dove fosse, preso dalla tua frenesia e da ogni cosa a cui diamo più importanza.
La vita va di corsa ed io credo che invece ognuno di noi dovrebbe trovare la forza ed il tempo per meditare, pregare. Quando si prega ci si accorge anche più di se stessi, perché pregare è un po’ come parlarsi.
Grazie Mariella, di cuore.
Grazie a te per questa bella chiacchierata e a tutta All Music Italia.