Melga è una giovane cantautrice, finalista del Premio De Andrè 2021. Un’artista con le idee molto chiare e che sta cercando il suo posto nel mondo della musica con quella determinazione di chi sa che può puntare sull’originalità.
Un percorso in cui non manca il live, attitudine che ha sviluppato in oltre 150 date dal vivo.
Gaia Costantini, originaria di Massafra in provincia di Taranto dove è nata nel 1997, utilizza il nome d’arte Melga dall’età di 16 anni, quando intraprende un percorso da cantautrice, vincendo un concorso locale che le permetterà di pubblicare i suoi primi due album, Rattopparte (2016) e Buco (2017).
Allo studio del pianoforte si affianca quello della fisarmonica da autodidatta, strumento musicale sempre presente nelle sue performance dal vivo.
Numerosi i concorsi a cui ha preso parte, tra cui Music Indie Contest, organizzato da N.E.M. Nel Maggio del 2020 arriva tra i primi 30 candidati in tutta Italia per il concorso 1MNEXT, portale d’accesso per il Concertone di Roma.
Nel Dicembre 2020 partecipa alla trasmissione Esordi di Rai Radio 2 condotta da Gino Castaldo ed Ema Stokholma e firma con l’etichetta discografica Robin Hood Records.
INTERVISTA A MELGA
Come mai hai scelto Melga come nome d’arte?
Casualmente la parola Melga entra nella mia vita in un pomeriggio di inizio estate, per poi acquisire il suo significato più profondo. “Mel” è la radice tematica del verbo greco μὲλω (Melo), che significa ‘avere cura e stare a cuore’. Desideravo ricambiare l’importanza che la cultura greca ha avuto nella mia vita attraverso il nome che mi accompagna nella vita artistica.
La tua musica è ricca di contaminazioni. Quali sono gli artisti da cui hai tratto ispirazione?
Premessa: dal punto di vista degli ascolti non ho mai avuto alcun limite. Di sicuro la mia guida musicale è, e sempre sarà, Johann Sebastian Bach. Da lui nasce il mio modo di osservare e vivere la musica ed è a lui che devo tanto di quello che sono.
Di sicuro anche Lucio Dalla, Paolo Conte e la maggior parte della precedente leva di cantautori italiani mi ha ispirato molto. A ciò aggiungiamo cantautori e cantautrici come Erica Mou, Niccolò Fabi, Motta, Brunori Sas, Zen Circus e tanti altri, che hanno stimolato l’ambito della scrittura.
Per quanto riguarda la dimensione sonora avrei tantissimi nomi. Rachmaninov, Goran Bregović, Massive Attack, Jon Hopkins, Nicolas Jaar, Iosonouncane e tanti altri.
Sui social ti presenti scrivendo “Io non so cantare ma so raccontare storie”. Cosa vuoi comunicare con questa frase?
Questa frase significa: “Ehi amico, se mi chiedi di cantare una canzone pop inglese cosi com’è, hai sbagliato persona, ma se vuoi che scriva una canzone sulla tua vita, eccomi qui!”.
Non sono una cantante, sono una cantautrice.
Sei tra i finalisti del Premio De Andrè. Quale pensi siano gli aspetti che hanno colpito la Commissione?
Credo molto nella potenza emotiva di Dicono che sono pazzo, canzone selezionata per la finale del Premio De Andrè. Probabilmente il testo, che tratta il tema sociale della “follia”, ricorda l’approccio che Faber aveva con le sue canzoni.
Ci puoi parlare del tuo nuovo singolo “Dolce Universitaria”?
Dolce universitaria è un urlo di gioia e di dolore. Entrambe le cose. La canzone usa simbolicamente la figura dello studente universitario per mostrare il percorso intimo che ognuno di noi traccia giorno dopo giorno, con le proprie scelte.
In un momento storico come questo, per me è stato di vitale importanza ricordarmi perché faccio questo lavoro e perché lo scelgo ogni giorno. Così poi ho pensato che in fondo la mia generazione sta vivendo a pieno il sapore dell’incertezza e che forse sarebbe utile, anche solo con una canzone, poter supportare i sogni degli altri.
La canzone è stata prodotta da Alberto Dati, il videoclip realizzato da Giuseppe Rosato e il tutto distribuito e supportato da Robin Hood Records, N.E.M, Radio Rossa Managment, Pa74 Music Publishing e Artist First.
Il brano assume valore fin dalla copertina. Cosa rappresenta?
Ogni aspetto che si cela dietro un prodotto discografico, per quanto mi riguarda, deve contenere un significato. La copertina della canzone, realizzata da Elisa Danese, si estende su due colori: il rosso e il bianco, che rappresentano rispettivamente la passione e il fuoco che è in ognuno di noi equilibrato dal candore della nostra parte più intima: l’anima.
Anima e Passione sono gli ingredienti fondamentali per riuscire a realizzare quel che si è. Al centro della copertina vi è una ballerina (la protagonista del video) che è proiettata su due piani: un vero e proprio specchio, rappresentando il riflesso di sé e quindi l’impossibilità di scappare da se stessi.
Se dovessimo incontrarci nuovamente tra un anno quale traguardo vorresti avere raggiunto?
Un disco e tanti live, con la gente che si abbraccia ed io che mi emoziono cercando di trattenere le lacrime.