Saverio Grandi, uno tra i più rappresentativi parolieri e musicisti italiani ha lanciato il suo nuovo album Segnali di fumo anticipato dall’ultimo singolo scritto con Pacifico L’amore crede l’amore può.
Intervista a Saverio Grandi
L’abbiamo raggiunto per una lunga intervista in cui si racconta tra nuovo album, il Saverio Grandi autore, Sanremo, i Taglia 42 ed i progetti futuri.
Saverio Grandi – SEGNALI DI FUMO
Ciao Saverio e benvenuto ad All Music Italia, il tuo album “Segnali di fumo” si fa ascoltare tutto d’un fiato ed ogni brano ti lascia qualcosa. Momenti di vita e sincerità. Si nota un’attenzione ed una selezione accurata delle parole. Ogni brano è curato nei dettagli. “Segnali di fumo” arriva a più di dieci anni di distanza da “Pattinando sul ghiaccio sottile”, come scegli i brani da cantare tu e quali affidare ad altri?
Ciao Alessandro, grazie. Diciamo che il criterio generale è sempre quello di partire da un’idea, che sia di testo o musicale. Se non c’è l’idea non parto. Arrivato a circa l’80 % del brano mi domando a quale artista potrei proporlo, anche non finito, perché di solito gli artisti, giustamente, vogliono metterci qualcosa di loro. Nel caso di “Segnali di fumo” i brani che ho scelto erano e sono molto personali, difficili per tematiche e trattamento da proporre ad altri cantanti. Quindi è venuto naturale, canzone dopo canzone, mettere insieme i brani del disco, che prima erano 15 e poi sono diventati 9. Del resto ai tempi dello streaming mi sembra che 9 brani siano più che sufficienti.
Ascoltando i brani contenuti in “Segnali di fumo” mi ha colpito molto il brano “A mio padre” in cui personalmente mi identifico molto: “Solo l’ultima cosa prima di salutarti/ Che poi alla fine è solo un arrivederci/ Ogni volta chi mi guardo allo specchio/ Penso che ti assomiglio/ Ogni volta che mi guardo dentro/ io sono orgoglioso di essere tuo figlio”. Scrivendo i testi riesci ad arrivare al cuore delle persone, forte sensibilità o capacità di saper raccontare le emozioni fino in fondo?
Credo entrambe le cose. Non scrivo a tavolino per principio, tantomeno i testi. A volte accade che devi mediare, soprattutto quando collabori con altri autori o direttamente con l’artista. Questa volta non ce n’è stato bisogno, le canzoni sono uscite da sole. Alcune in un paio di giorni altre in un’ora. Del resto faccio dischi solo quando penso di avere qualcosa di importante da dire. Di importante per me, si intende, non ho le qualifiche di filosofo o sociologo, ma credo ancora che la musica possa far riflettere, se offre qualche contenuto e non diventa solo puro intrattenimento.
“Mi piace” è una lettera/poesia delicata ma potente, una confessione a cuore aperto, una presa di posizione: “Mi piace chi legge, mi piace chi pensa/ Chi si fa domande e non si accontenta/ Chi guarda avanti, mi piace chi si espone/ Chi non vuole avere sempre ragione”. Uno schierarsi per dire apertamente ciò che piace e ciò che si detesta. Come mai questa confessione?
Quando fai un disco, o scrivi un libro, o dirigi un film non puoi essere vigliacco. Vorrebbe dire che lo fai solo per denaro o per inseguire la fama. Il denaro è utile e la fama rafforza l’autostima, ma non erano quelle le mie intenzioni. Quindi mi sono schierato, l’ho sempre fatto e non credo smetterò. “Mi piace” è un brano in cui faccio capire chi sono, cosa penso e da che parte sto. Puoi essere d’accordo con me oppure no, ci sta. Non è un obbligo, ma nascondersi non fa per me, non… mi hanno disegnato così.
Di “Come è giusto che sia” hai dichiarato: “Non sono mai stato geloso, una donna non è di mia proprietà. Se decide di stare con me devo solo ringraziarla. Io stesso a volte fatico a stare con me”. Le canzoni possono essere veicoli di messaggi; questa affermazione è molto attuale e forte, lascia spazio al pensiero, era il tuo obiettivo?
È una canzone sul “possesso”. Che trovo sia un atto di prepotenza mai giustificabile. Una persona non diventa di tua proprietà solo perché “credi” di amarla. Il vero amore è libero, in ogni senso e genere. È un brano che neanche tanto velatamente attacca gli stalker, fino ad arrivare al femminicidio, che già come parola mi dà la nausea. Ed è anche una canzone che ribadisce il concetto della libertà in amore: le storie iniziano e finiscono, va così da sempre. Bisogna fare delle scelte, e soprattutto lasciare l’altra persona libera di farle, anche se questo può arrecare dolore. È la vita, funziona così, o almeno è come dovrebbe funzionare.
Flusso di coscienza, confessioni, amore, gli ultimi, disagio, affetti, comunicazione e condivisione. Un album trasversale che, personalmente, mi ha conquistato; ogni brano racconta uno spaccato di vita in modo molto deciso e chiaro. Complimenti per il progetto “Segnali di fumo”. C’è un brano a cui sei più legato? C’è qualche brano che è rimasto fuori e che custodisci solo per te, un gioiello nel cassetto?
Intanto grazie di cuore, perché è un disco di cui vado davvero orgoglioso. Il brano a cui sono più legato è “A mio padre”, e non credo ci sia bisogno di aggiungere altro. Poi viene “Eroi silenziosi”, una canzone che parla degli “ultimi”, tanto cari a De André e a Lucio Dalla. Nessuno ne parla più, almeno in canzone. È un mio personale piccolo omaggio a tutte le persone che conducono esistenze “normali”, a quelli che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese, che poi sono il motore di tutto.
A chi manderesti dei “Segnali di fumo”?
A chi è in grado di decifrarli, quindi a chi si identifica nei brani dell’album. I cow-boy non capivano quelli dei pellirosse, i segnali di fumo erano un codice tra tribù. Li manderei anche però, tanto per dire, ai potenti del pianeta che si sono appena riuniti a Glasgow per decidere del futuro del mondo. Mi sembra che abbiano fatto qualche piccola promessa, ma che alla fine ci sia stata poca sostanza. Almeno su questo tema dovremmo essere tutti d’accordo, ma non mi sembra sia così.
In genere sono ottimista, ma sarebbe ora di darsi una mossa, e dovrebbero farlo tutti gli stati indipendentemente dagli interessi nazionali. Speriamo bene.
Saverio Grandi – L’AUTORE
Quando scrivi un brano sai già a chi affidarlo o pensando ad un artista componi un vestito adatto solo per lui?
No, come dicevo prima all’inizio scrivo solo per me. Poi in corso d’opera magari viro e vado da un’altra parte. Quando poi scrivo insieme ad altri autori questo capita continuamente, è un brainstorming a volte estenuante, che però serve per evitare di scrivere banalità o testi senza senso.
Hai scritto per moltissimi artisti italiani. Chi manca nel tuo canzoniere? Con chi vorresti collaborare?
Ho scritto per tanti e con tanti, è vero, ma sono stato anche fortunato. In questo lavoro servono talento, molto studio e anche fortuna. Spesso ero nel posto giusto con la canzone giusta e l’artista giusto. Sarebbe bellissimo potere collaborare con Francesco De Gregori, ma è un sogno che credo resterà tale. Tra i nuovi mi piace Salmo, è molto forte, in ogni senso. Sarebbe bello poter scrivere un bel chorus e lasciargli tutto lo spazio che vuole per dire la sua sul tema. Vedremo, nulla è impossibile, almeno sulla carta.
Nel nuovo panorama musicale italiano c’è molta omogeneità di stili e si fa difficoltà a distinguere un artista da un altro, tu sei un grande paroliere e musicista, cosa vorresti che i giovani autori facessero per essere unici ed identificabili?
Beh, sai, lo streaming non aiuta. Necessita di continuo ricambio settimanale. Tutto si assomiglia, o quasi. Credo manchi personalità, infatti appena arriva qualcuno che ce l’ha, vedi alla voce Måneskin, se ne accorgono pure gli americani. Quello che non mi piace del mainstream giovanilista è la pochezza di contenuti. Da una parte si parla solo di macchine veloci e orologi d’oro, dall’altra di storie a metà mai risolte. Questa cosa mi fa sorridere. Non è poesia e neppure linguaggio diretto. Se due non stanno bene insieme perché non si lasciano? Se ci pensi 2 brani su 3 parlano di questo. È surreale. Nella vita vera non va così. Fa molto “indie” trattare un testo in questo modo, a me invece fa sorridere. In senso buono, si intende.
Molti giovani hanno un boom iniziale in cui sembrano essere subito dei grandi artisti e poi nel giro di pochi anni, se non mesi, sono superati dai nuovi “colleghi”; la tua carriera invece fa capire che qualità e studio garantiscono un percorso che attraversa gli anni. Cosa ti senti di dire ai molti giovani che si avvicinano al mondo della musica?
La musica è cambiata, ormai è quasi solo intrattenimento. Non saprei oggi, nel 2021, cosa consigliare se non di studiare i grandi songwriters americani che sono avanti anni luce perché riescono a coniugare la forma canzone con testi non banali. Se ascolti i brani scritti da Julia Michaels, Teddy Geiger, Kid Harpoon, trovi sempre le stesse caratteristiche. Per questo sono i miei autori preferiti.
SANREMO ed i TAGLIA 42
Sanremo 2022 si avvicina e tu oltre che come autore hai partecipato al Festival calcando il palco dell’Ariston, nel 1998 tra le Nuove proposte con i Taglia 42 ed il brano “Con il naso in sù”, personalmente uno dei miei preferiti di quell’anno. Ci puoi raccontare come si vive il Festival da concorrente e da autore? Stress e/o ansia da palcoscenico?
Spero di non deluderti ma non sono un fan di Sanremo. Anche quando lo abbiamo vinto, con gli Stadio nel 2016, è stato bello, ma alla fine niente di trascendentale. Troppi cambi di abito, comici, insomma, è un varietà dove si canta di più rispetto agli altri varietà. È sempre una soddisfazione partecipare, e l’ansia c’è eccome. Sai, speri che la canzone piaccia, ti auguri di essere telegenico durante il passaggio, insomma, un sacco di pensieri.
Hai partecipato cinque volte al Festival di Sanremo come autore, vincendone uno: nel 2016 con gli Stadio ed il brano “Un giorno mi dirai”. Tornerai in gara?
Negli ultimi anni non ho proposto nulla per due motivi. Ho abitato a Los Angeles dal 2017 fino alla metà del 2019 e durante quel periodo, se escludiamo la collaborazione con Vasco, non ho scritto neanche una canzone in italiano. Mi sono volontariamente chiamato fuori. Non lo so, servirebbe la canzone giusta e l’artista giusto, una combo non facilissima. Dopo averlo vinto, per quanto io non creda affatto che la musica sia una gara, non penso sia il caso di andare per fare una comparsata.
PROGETTI FUTURI
Guardando al futuro hai già in mente un brano e a chi vorresti proporlo? Ci saranno dei live?
Il 5 novembre è uscito MANIFESTO di Loredana Bertè in cui ci sono due brani che ho scritto con Luca Chiaravalli che è il mio “partner in crime” preferito per scrivere canzoni. Sono due brani solidi, non aggiungo altro perché il disco è di Loredana e mi sembra più corretto che ne parli lei.
Dico solo che trattano temi importanti, purtroppo molto attuali. Per il momento niente live, vedremo in primavera, mi piacerebbe fare una cosa multisensoriale in piccoli spazi multimediali, ma per ora è solo un’idea.
Spero che queste domande ti abbiano permesso di raccontarti. C’è qualcosa che non ti è stato chiesto e che vorresti condividere con i lettori di All Music Italia?
No, le domande erano molto belle, varie e pertinenti. Auguro a tutti quelli che ci hanno letto di essere felici davvero. Sembra banale ma non lo è. La felicità non si fa prendere facilmente, ma quando ce la fai è bellissimo. A volte dura troppo poco, ma visto il risultato ne vale comunque la pena.
Saverio grandi – Segnali di fumo – Tracklist
L’amore crede l’amore può
Senza peso
Mi piace
Come è giusto che sia
Eroi silenziosi
Svegliami quando sarà finita
Siamo noi (feat. Gianni Novi)
A mio padre
Segnali di fumo