Silvia Mezzanotte da intervistare è una gioia per chiunque faccia il mio lavoro; le sue risposte non sono distaccate, fredde, ne tantomeno calcolate a mo’ di comunicato stampa.
Silvia è un fiume in piena e porta con sé aneddoti succulenti e curiosi che hanno reso la sua carriera, quasi trentennale, una valigia inestimabile da riaprire di tanto in tanto per bearsi di ciò che è stato e metter punti fermi per ripartire carichi di buoni propositi.
Una carriera vissuta nella musica a 360° gradi, con e senza Matia Bazar, la storica band italiana che le ha regalato, adottandola come vocalist, la grandissima notorietà, ma anche tv, teatro e da non molto tempo anche mediante l’insegnamento nella sua accademia, progetto ambizioso ma che le sta procurando grandi soddisfazioni. Un viaggio iniziato inconsapevolmente però…
I primi ricordi li ho di me a 5 anni che cantavo a squarcia gola Heidi nella mia cameretta. Per me quella era la canzone e mettevo su proprio uno spettacolino: mia madre presentava, mia sorella apriva le tende che erano il sipario e mi offriva il pomello con cui si aprivano a mo’ di microfono. Dimenticavo, c’era pure mio fratello che con la piccola Bontempi sapeva suonare la sigla dell’eurovisione.
Ti esercitavi a ben altri palcoscenici..
Assolutamente no! Questa era una versione casalinga, ad uso e consumo della stretta cerchia che viveva la nostra casetta. Nemmeno la mia vicina sapeva che cantassi, fuori dalla porta di casa nessuno conosceva questa mia attitudine. Ero di una timidezza assurda.
E come l’hai combattuta?
Il paradosso credo che sia proprio la musica ad avermi aiutato ad uscire fuori, ad aiutarmi a vivere. Mi ero fidanzata con un ragazzo che aveva un piccolo studio in cui realizzava jingle per le pubblicità. Qualche volta ho cantato li ed il suo papà, che aveva un piccolo ristorante in cui si cantava, insistette tanto perché io aprissi alcune serate.
Come ti ha convinta?
Dicendomi che la gente era li per mangiare e che di me non si sarebbe nemmeno accorta. Lo fece quasi passare come un favore per prender tempo fino all’arrivo magari del comico che faceva lo spettacolo o di chi suonava quella sera. Solo che poi la gente iniziò ad accorgersi di me tra una pietanza e l’altra e tra essi un produttore, Mauro Marchi.
Un sogno che si realizza quindi? Un produttore che si interessa a te…
Ma no, ti assicuro. In quel periodo io non pensavo proprio a fare la cantante nella vita. Però lui partì con un’idea ben precisa ed aveva anche la possibilità di andare a Sanremo. Chiaramente di fronte a questo un’idea te la fai…
E così fu Sanremo. Era il 1990 e la canzone “Sarai grande” arriva in finale. Come hai vissuto quel momento?
Sprecandolo purtroppo. Proprio non mi rendevo conto di quanto stesse avvenendo, non ne avevo le conoscenze. Era solo un trambusto e nonostante la canzone, pur finalista, non raggiunse il podio, mi regalò una popolarità notevole, con serate, ospitate. Però come dicevo ero impreparata e tutta la vitalità proferita come una grande luce si è spenta. Li puoi sbandare davvero.
E come si evita sbandando di finire giù?
Lavorando. Ho continuato a cantare, sono tornata nella mia Bologna cercando di trovare una strada che fosse mia, soprattutto come interprete.
Sono intercorsi 9 anni prima di approdare nei Matia Bazar in cui di te si persero le tracce. Possibile che non hai fatto nulla?
Certo che no! Ho fatto diverse gare, concorsi, ma era come se non trovassi la chiave giusta per aprire le porte.
La più grande delusione di quegli anni?
Verso la fine dei 90, su Canale 5, Pippo Baudo allestiva un Festival che voleva essere la risposta Mediaset al Festival di Sanremo (Il Festival Italiano .Ndr). Se ne fecero alcune edizioni, mai fortunate però come il più anziano parente. Era però un’opportunità per diversi giovani artisti di farsi notare e così mi presentai. Sembrava che il provino, con ben 2 canzoni, fosse andato bene, ma alla fine alla comunicazione del cast, non mi avevano presa. Crescendo però, ho capito che anche in quel caso le mie scelte non erano state particolarmente felici. Erano tutte molto tecniche e mi facevano guadagnare grassi complimenti, ma poi sembrava sempre mancasse un po’ l’anima.
E poi arrivano i Matia Bazar, come è successo?
La storia è lunga. Venni a sapere mediante 2 diverse persone che i Matia stavano cercando la nuova vocalist dopo l’abbandono di Laura Valente. Al tempo di quando cantavo nel locale una delle mie canzoni bomba era proprio Solo tu dei Matia. La prima persona che mi informò dei provini fu Maurizio Maggi e già li partì il mio assillo per riuscire ad essere messa in contatto con la band. Poi qualche tempo dopo, roba di giorni, mia sorella che lavorava in una concessionaria di auto di un importante brand, nel mostrare una vettura ad una cliente, sfoggiando il suo cartellino con tanto di cognome, si ricordò di me al locale anni prima e chiese se per caso mi conoscesse. Al ché dicendole di essere mia sorella, le lasciò un bigliettino per farsi contattare perché per lei dovevo fare proprio quel provino.
E ci sei effettivamente andata. Ce lo racconti?
In realtà ne ho fatti diversi mica uno? Al primo con Giancarlo Golzi ( tra gli storici della band scomparso recentemente purtroppo .Ndr ) ebbi subito la sensazione che fosse andato tutto bene. La formazione dei Matia all’epoca era diversa da quella che poi ritornò sulle scene a Sanremo 2000. Oltre a Giancarlo c’era Sergio Cossu, tastierista ed arrangiatore, membro di quasi tutti gli anni 80 e 90 della band e si parlava di un rientro di Carlo Marrale che invece aveva abbandonato 6 anni prima. Feci quindi un nuovo provino anche con Sergio che però non si mostrò così contento di me. Ne nacque un tira e molla tra i due; Giancarlo era proprio convinto, Sergio per nulla. Frattempo Carlo decise di non tornare coi Matia e Giancarlo e Sergio di separare li le loro strade. Golzi decise quindi di richiamare Piero Cassano, uno dei fautori della band che nel frattempo tanto aveva lavorato anche come autore e produttore per Eros Ramazzotti, Anna Oxa, Mina e Milva tra gli altri.
Vengo richiamata per un altro provino dove propongo diversi classici dei Matia, ma nel momento in cui canto Cavallo bianco mi sono accorta che era successo qualcosa. Piero esclamò: “Belin’”, che non sto a spiegare cosa significhi ma più o meno lo san tutti. E da allora ero la nuova cantante dei Matia Bazar.
Per i comuni mortali di tutto questo non era noto nulla, fino a quando annunciato il cast di Sanremo 2000, siete li e c’è la tua faccia con loro. Certo non è stata la cosa più semplice con cui partire vero?
Decisamente no! Ed oltremodo fu tutto così veloce. Brivido caldo non esisteva nemmeno. Si pensò ad un palco importante non solo per tornare in scena ma anche per presentare qualcosa che non suonasse già Matia, che aprisse ad un nuovo percorso, stavolta improntato sulla mia personalità.
Che ricordi hai di quella esperienza?
Indubbiamente facevo molta curiosità. Ero comunque l’elemento nuovo, assieme a Fabio Perversi, di qualcosa che era già familiare al pubblico. Dovevo entrare in punta di piedi perché Antonella Ruggiero era comunque un’icona irraggiungibile e Laura oltre che una grandissima cantante e professionista si era fatta volere bene dai fans. La cosa che però ti resta impressa è il numero di interviste che fai, praticamente non finisci mai ed alla fine ti trovi a rispondere a domande svariate su argomenti ancor più svariati e ti chiedi: “perché?”
In che senso?
Nel senso che esci da un albergo, dal teatro da una radio e ti “sbattono” un microfono davanti alla bocca chiedendoti magari: “Silvia che ne pensi dell’amore?” E tu rispondi ovviamente la prima stupidaggine che ti viene in mente, non fai certo filosofia
E’ stato un trittico di Sanremi potremmo dire riusciti: 2000 con Brivido caldo solo ottavi ma gran successo di pubblico, 2001 Questa nostra grande storia d’amore terzo posto e consolidamento della tua posizione nella band, 2002 Messaggio d’amore, vittoria e successivo disco d’oro. Tu come ce li descriveresti dal tuo punto di vista?
Sanremo 2000 quello della preoccupazione. Se qualcuno rivede filmati dell’epoca ho difatti sempre una ruga pensierosa sulla fronte. Ero comunque riuscita a tornare alla musica e volevo, dovevo giocarmela bene. Sanremo 2001 quello della gioia e della tranquillità. Per la gente ero diventata familiare ed i riscontri erano costanti e sinceri. Non ero più sotto esame. Sanremo 2002 invece quello dell’ansia.
Ma come dell’ansia? Lo avete vinto!!!
E’ vero, però per arrivare a li un percorso ci fu e per me fu quello dell’ansia perché risultando in testa sin dalla prima serata, si moltiplicarono le pressioni su di noi. Non potevamo sbagliare, anche arrivare secondi sarebbe stata una sconfitta. Inoltre chiaramente tutti ci volevano e le nostre giornate iniziavano alle 8:15 già ospiti da qualcuno. Ed in ogni luogo si andava volevano che accennassi il pezzo, che cantassi qualcosa del passato, insomma, la voce non riposava mai e quindi mi aumentava la paura di non essere poi in forma alla sera.
Di quel periodo di grande ribalta cosa ricordi con affetto e cosa magari cancelleresti?
Cancellare nulla, ma non perché di cose brutte non ce ne siano state ma per un limite tutto mio: ho la memoria di un pesce rosso. Sai che si dice che i pesci rossi dimenticano dopo 7 secondi esatti? Non siamo a quel livello ma quasi ( ride ). Di bello invece l’affetto ricevuto, soprattutto da chi vedeva i Matia Bazar come e solo Antonella Ruggiero. Mi sono posta con rispetto e questo forse ha pagato.
Quale è la tua canzone preferita con i Matia, quella scritta per te come vocalist?
Non abbassare gli occhi. E’ un pezzo nato in studio partito da un testo di Aldo Stellita, all’epoca scomparso da poco e musicato da Piero che ha davvero secondo me scritto una grandissima melodia. La cantavamo a due voci io e Piero e fu una grande magia, ci sentivo atteggiamento da band e mi sentivo davvero parte della band . Se invece ne devo scegliere una incisa dalle altre vocalist ti dico Cavallo bianco perché oltre ad esser bellissima è anche la canzone che mi ha fatto entrare ufficialmente nel mondo Matia come raccontavo prima.
Ed invece la canzone che non sentivi proprio tua?
Non è in realtà una canzone ma un disco intero, Berlino, Parigi, Londra, album del 1981 che proprio come stile non mi apparteneva. Inizialmente da esso brani come Fantasia erano inclusi nei live. Fu proprio Giancarlo ad accorgersi che qualcosa non funzionava, che non era nelle mie corde e così da li decidemmo di non inserirlo nel repertorio proposto con me.
Poi sei andata via, decidendo di intraprendere la carriera solista. Perché mai?
Perché c’erano cose che all’interno della band non potevo esprimere e sentivo che era arrivato il momento di farlo. Erano stati 4 anni intensissimi in cui tempo per me stessa ce ne era stato davvero pochissimo. Avevo bisogno di rifiatare, fare altro. Non ci fu alcuno screzio per questa mia scelta.
Tale espressione di te stessa è nei tuoi dischi solisti, “Il Viaggio” e “Lunatica”?
Ovviamente non era solo lavoro mio. Io penso che da soli non si faccia nulla. Ho avuto un bel gruppo di lavoro che mi ha aiutata a tirar fuori ciò che volevo venisse fuori in quel momento. Comunque si, sono dischi molto femminili, talmente tanto che poi in quel periodo ha iniziato a prendere forma Regine lo spettacolo dapprima teatrale e poi ultimamente proprio live e pop in cui racconto aneddoti su alcune regine che tutti conosciamo ma non mediante queste chicche attraverso le quali ve le mostro in altro modo.
Proseguiamo con ordine però: c’è stata nel mezzo anche la tv, dapprima con MusicFarm e poi al fianco di Massimo Ranieri per il grande varietà di Mamma Rai…
Musicfarm la ricordo con affetto ma non come un grande momento.
E perché?
Ho semplicemente scoperto che non sono una persona adatta al reality. Le dinamiche, le telecamere 24 ore su 24, l’isolamento. Inoltre in quel periodo avevo mio padre che stava poco bene e non sapere notizie mi creava un ansia credo capibile. L’affetto invece è dovuto al ricordo ad esempio che ho del grande Franco Califano.
E’ vero! Era quell’anno li…
Esattamente. Franco era entrato con un timpano perforato ed aveva bisogno di prendere del cortisone. Da guascone quale è sempre stato, rifiutava però le regole ed allora la produzione mi chiese di assumere questo ruolo da “infermierina” per lui. Dovevo ricordarmi gli orari, dargli la pasticchetta… e lui, da marpione ci provava sempre( ride ). Era però un provarci da galantuomo. Mi chiedeva se volessi andare a vivere con lui una volta fuori o se gli dessi un bacio se lui prendeva la pillola buono, buono…
Ci sono colleghi con cui dopo quell’esperienza isolante sei rimasta molto amica?
Sicuramente Jenny B. Abbiamo continuato a sentirci moltissimo e poi ci siamo ritrovate nello show di Massimo assieme. Adesso è un po’ che non la sento, ora che mi ci fai pensare. Però è colpa sua! Con i suoi continui viaggi all’estero diventa impossibile a volte starle dietro. E’ proprio una persona piacevole.
Ma Jenny non aveva fatto parte anche del mondo Matia? A Sanremo 2001 la sua Anche tu non era scritta dai Bazar?
Ammazza che memoria. Si, era dei Matia ( e ne accenna un pezzetto )
E poi con Massimo Ranieri?
Beh, senza sviolinare, Massimo è un grande dello spettacolo. Quando lavori con lui ti rendi conto di come sia quel che è per il grande lavoro che fa. Non lascia nulla al caso, è molto pignolo nelle prove, ti fa quasi sentire sotto esame, ma poi in scena è un signore che ti lascia palco ed attenzioni e che ti permette di condividere dei grandi momenti con lui. E’ davvero unico. Io e le altre ragazze ( Jenny B, Simona Bencini, Linda) siamo state davvero onorate.
Frattempo i Matia avevano un’altra vita con la cantante Roberta Faccani. Non ti mancavano?
Certo che mi mancavano. Però ero contenta sia per me che per loro. Poi con Giancarlo che per me assieme a sua moglie ed alla sua famiglia era come un fratello, come un’altra famiglia, non mi ero mai persa di vista. Ci sentivamo continuamente e lo informavo dei vari miei passi, lasciandomi pur consigliare.
Sei al corrente in quel periodo di chi altra cantante abbia fatto il provino per sostiturti?
In realtà non so se il provino sia stato fatto tra il mio primo periodo e la Faccani o se tra lei ed il mio secondo periodo; di sicuro so che Lisa aveva sostenuto il provino e che era anche molto piaciuta. Di altre… non ricordo.
Ma poi sei tornata…
Giancarlo mi propose di farlo ma avevo un po’ paura.
E perché mai? In fin dei conti i Matia erano un po’ anche casa tua…
Regine mi stava dando grandi soddisfazioni e la paura stava nel perdere, al rientro nel gruppo, tutto il bello che il percorso da sola mi aveva dato. Volevo chiaramente poter dire la mia e continuare ad esprimere anche questa parte di Silvia.
Come ti ha convinta quindi il Golzi?
Veramente ho convinto io lui. Quando mi resi conto che ci teneva gli proposi di venirmi a vedere in teatro. Solo così avrebbe potuto capire cosa intendevo. Venne e rimase entusiasta. Non smetteva più di complimentarsi. Mi chiese di portare Regine in un paio di eventi benefici che stava organizzando dalle sue parti in Liguria, e poco dopo, col benestare anche di Piero e Fabio ero pronta a rientrare nella band.
Nacque il vostro ultimo disco d’inediti Conseguenza logica che però ha avuto le sue difficoltà…
Presentammo il brano Conseguenza logica a Sanremo 2011 ma non ci presero. Cambiammo quindi strategia promozionale puntando su un altro singolo dall’appeal più estivo. ( fu scelta Gli occhi caldi di Sylvie .Ndr )
Però poi fu solo un posticipare la cosa?
Si, andammo nel 2012 con Sei tu, ristampando l’album. Eppure anche li le cose non andarono bene. Fummo eliminati e ci criticarono per la nostra esibizione con Platinette che per l’occasione in realtà era solo Mauro Coruzzi. Oggi, ti dirò che quando ancora mi ricapita di guardare quell’esibizione, la trovo davvero bellissima. La gente non l’ha capita o forse sbagliammo noi a non spiegare prima la cosa. Mauro in quel contesto era bellissimo e forte e la canzone era adattissima a lui, ma probabilmente avremmo dovuto chiarire prima che non dovevano attendersi Platinette. Ammetto che la si prese proprio male.
Eppure un qualcosa di bello accadde pure li…
Ti riferisci all’esibizione con Al Jarrau?
Certo..
Che momento! Me lo porterò sempre nel cuore. E’una delle mie più grandi soddisfazioni, assieme a quella poi solo personale di aver duettato in America con Michael Bolton , un altro mio mito.
Poi però qualcosa si spezza. Giancarlo se ne va…
Ed è stato uno dei giorni più brutti della mia vita. Non nascondo che mi sono fatta anche seguire per un periodo perché non trovavo la forza per rialzarmi.
Silvia ti senti di raccontarci qualcosa? In fin dei conti si sa davvero poco..
Eravamo nel bel mezzo dei festeggiamenti per il quarantennale dei Matia, il Dvd stava andando molto bene ed anche i live. Era un momento speciale. Poi una notte una telefonata, la moglie di Giancarlo. Mi disse: ”Giancarlo non c’è più, per favore puoi dirlo tu agli altri?” Me lo dovette ripetere più volte, non credevo, non capivo. Giancarlo era il mio fratellone, il mio capo saldo nella band. Il feeling con Piero non era mai stato molte forte se presi singolarmente. Il collante era Giancarlo.
Ma Giancarlo stava male, soffriva di qualcosa?
Assolutamente no. Aveva forse avuto un’ avvisaglia qualche settimana prima, ma si era fatto controllare ed era tutto ok. E’ stato improvviso e doloroso. Troppo doloroso.
E’ li che è finito per te il mondo Matia?
Per un po’ è finito proprio per tutti. Avevamo bisogno di riprenderci, la botta era stata forte. Poi quando abbiamo raccolto le forze ed abbiamo provato a ripartire si è subito fatto avanti il poco feeling tra me e Piero.
Inconciliabile?
Non per me. Io avrei cercato soluzioni, avrei provato. Non mi aspettavo quanto accaduto. Da allora non li sento più, non ho notizie se non quelle pubbliche.
Torniamo a te; quest’estate Regine è diventato uno spettacolo pop…
Il successo in teatro mi ha spinto a cercare una via per riproporlo anche live e per farlo è stato utile trasformarlo, con l’aiuto dei mie 4 validissimi musicisti, in chiave pop/rock. Non mi aspettavo che venisse fuori un tour di 30 serate, ma ci volevano e siamo andati…
Lo ritieni concluso?
Certo che no! Sono pronta a farne altrettante se ci vogliono. Certo non adesso perché con Tale e Quale show…
Ci sei arrivata da sola e quindi adesso ne parliamo. Cosa ti ha portato a decidere di partecipare?
Carlo ha bussato per 3 anni consecutivi alla mia porta. A me la cosa intrigava ma ero bloccata dal contratto coi Matia, scaduto il quale ho subito detto di si.
Cosa è particolarmente complicato in questa avventura?
Riuscire a non farmi dare della secchiona da Emanuela Aureli ( ride ). Ogni volta che provo con lei mi manda via dicendomi: “ma va a casa va”!
Come fare parte di questo carrozzone?
E’ una cosa meravigliosa. Innanzi tutto, grazie all’aiuto dei coach, ho scoperto delle parti della mia vocalità che non conoscevo. Anche imitare apre a nuove opportunità, proprio perché devi cercare un suono diverso da quello che emetteresti tu. E poi come trascurare il backstage? Ragazzi si ride tutto il tempo, che spesso mettiamo a dura prova il trucco. E meno male, perché è davvero faticoso, a volte pure 7/8 ore.
Ci sono quindi stati momenti delicati?
Tutta colpa di Enrico Papi. Come è esilarante quell’uomo dietro le quinte non si può credere. E pensa che quando ho impersonato Dalidà non potevo ridere per non far staccar le protesi. Impossibile.
Silvia però so che ci tieni molto a parlare anche di questa nuova avventura che è l’accademia che hai messo su. Ce ne racconti?
Silvia però so che ci tieni molto a parlare anche di questa nuova avventura che è l’accademia che hai messo su. Ce ne racconti?
Con vero piacere. E’ cominciato tutto l’anno scorso con l’apertura della prima sede a Mazara del Vallo in Sicilia, dove risiede il mio compagno. Poi è arrivata quella in Sardegna e da poco anche una a Bologna, dove vivo. Oltre ai corsi in sede, dove poi tengo personalmente degli stage, siamo diventati i primi in Italia ad usare il Fad ( formazione a distanza ) mediante collegamenti grazie ai quali riesco più facilmente a raggiungere anche la sede in Sardegna appunto.
Che tipo d’insegnate sei?
Io dico pane al pane vino al vino e dico tutto. Ci metto tutta la mia esperienza, prima gli errori i pianti e poi i successi. Troppo facile raccontare solo le glorie. I ragazzi devono invece sapere che dopo essere approdata a Sanremo da impreparata, pensavo di aver buttato via l’occasione della vita, devono sapere dei no e di perché me li davano.
Tanti impegni ma un nuovo disco?
Starei veramente raccogliendo materiale nuovo. Non so quando potrò entrare in studio a provinare perché Tale e Quale è un impegno davvero duro e speriamo quanto più lungo possibile.
Chi vorresti scrivesse per te?
Come uomini Cesare Cremonini e Jovanotti che trovo due poeti del nostro tempo. Raccontano il quotidiano e sanno unire gusto vecchio ed apertura al nuovo. Però ci terrei a dire che mi piacerebbe anche cantare un brano di Mariella Nava e Grazia Di Michele, due artiste sensibili che sanno scrivere come poche.
Te lo auguriamo quindi?
Si ma per prima cosa speriamo di arrivare in finale a Tale e Quale, che mi sto divertendo un mondo.