Ritrovare riuniti i Dirotta Su Cuba, per chi come colui che vi scrive, è stato poco più che adolescente a metà degli anni ’90, è qualcosa che ti ricongiunge a tutti i bei ricordi, quelli della spensieratezza di chi si sente padrone del mondo, con i 18 anni, che ti sembrano la strada per la libertà con una vita davanti da dominare. E seppur poi, quella smania di fare chissà ché si ridimensiona anno dopo anno, col lavoro, con gli affetti sinceri, con la vita di tutti i giorni che non sempre è buonissima nonostante i tuoi migliori propositi, ogni tanto volger la testa al passato, sentire una voce che ti ricorda un momento, un sound che riconosci tuo e ti fa subito stampare quello stesso sorriso sulla faccia, non può che catapultarti nuovamente li, nuovamente con le spalle dritte e sguardo leggero verso il futuro, e lo fai con piacere anche se sai che è una bugia che ti stai raccontando.
Perché i Dirotta Su Cuba negli anni 90 sono davvero stati un fenomeno piombato sulla terra della musica italiana; e del resto chi prima di loro era riuscito a portare fino al pubblico di massa il funk? Erano dei marziani che però non avevano natali rossi come il pianeta, bensì erano figli della terra di Dante, quella Firenze che proprio in quegli anni vantava una produttività musicale paragonabile per numero a quella della Napoli dei primi anni 80 ( Daniele, i Bennato, Esposito, De Piscopo, De Crescenzo etc etc ) o a quella salentina di oggi. I Litfiba si erano consacrati a grandi del rock dopo le avanguardie degli 80, Raf ( fiorentino di adozione ) era diventato l’alfiere del pop, il cantautorato “bigazziano” aveva fatto centro con Masini, Vallesi ed Aleandro Baldi, e da poco era emersa anche una vivace signorina, quale Irene Grandi, che tanto bene faceva parlare di se.
I Dirotta arrivano da quel mondo là, dalla Firenze che pulsa, da quell’energia che probabilmente li ha forgiati..
Simona Bencini:
In verità no! Tutto questo fervore io non l’ho granché vissuto, ma probabilmente per causa mia. Parlo per me, perché i Dirotta ne facevano già parte ovviamente, con una formazione che non era il trio con cui siamo poi emersi. Di mio, ero quella che si dice una ragazza casa e chiesa, una secchiona. Non ho mai dato problemi di alcun tipo ai miei, studiavo e da buona Vergine, avevo bene in mente quale fosse la mia strada: volevo andare a Milano e lì laurearmi.
Stefano De Donato: Già da prima risale il mio incontro con Rossano ( Gentili ndr ). Credo sul finire degli 80. Da subito abbiamo trovato un’ottima alchimia ed abbiamo iniziato a scrivere.
Quale musica era l’ispirazione madre?
SB: Io ascoltavo la musica da hit parade. Mio padre aveva un negozio di elettrodomestici e vendeva anche dischi, ma solo quelli che tiravano per la maggiore. Personalmente amavo gli Spandau Ballet. L’unico grazie al quale sentivo “altra musica” era mio fratello maggiore. Lui ad esempio ascoltava i Pink Floyd, Toto, Supertramp, Elo. Per me conoscerli e a poco a poco amarli già era sentirsi un passo più in la.
SDD: Con Rossano cercavamo di produrre cose insolite, ovviamente con grandi influenze estere. Per noi la musica fondamentalmente non doveva essere mestiere. Io ancora oggi la penso così. Ed abbiamo iniziato a farci vedere in giro, a partecipare ai primi concorsi.
Mentre Stefano e Rossano assieme agli altri elementi si davano da fare in giro, tu Simona, come sei arrivata a loro?
SB: La prima esperienza fu nel musical The Rocky Horror Pictures Show, dove mi presero. Per me cantare era solo un hobby, una cosa che mi divertiva. Li però iniziai a conoscere nuovi mondi; ad esempio chi aveva idea del mondo dark, di quella gente che ne faceva uno stile di vita, dagli abiti al trucco, al modo di proporsi? Io che non mi ero mai messa dei pantaloni di pelle in vita mia! Quella è stata la prima esperienza artistica. Da li poi involontariamente non mi sono più fermata. Ho iniziato a fare dei live in giro per piccoli locali e pub con una piccola band. In quegli anni ad esempio ho conosciuto sia Stefano Bollani che Irene Grandi. Poi un bel giorno mi arriva una telefonata. I Dirotta, che non avevo mai incontrato, cercavano una corista ed a Stefano avevano dato il mio numero. Andai ad ascoltarli e pur senza capire granché dello stile che proponevano, mi sembrarono da subito talmente forti che mi dissi che volevo esserci. Mi fecero un provino in cui dovetti principalmente armonizzare e mi fecero la proposta di restare. Accettai subito.
Quindi sei partita dai cori?
SB: Non ci si meraviglierebbe se si sapesse che strepitoso cantante avevano. Innanzitutto era un uomo dalla voce e dalla presenza scenica incredibile
SSD: Confermo, davvero era un’ottima presenza
E poi, cosa accadde? Lo hai avvelenato tu?
SB: Certo che no! ( ride ). E’ successo che lui in parallelo era un ufficiale medico e non riuscendo più a fare entrambe le cose, si sposò e scelse di continuare quella carriera.
SDD: Non è rimasto nella musica, davvero un peccato perché era un invidiabile performer
E nonostante il vostro repertorio fosse improntato sulla voce di uomo avete scelto Simona?
SB: Non è andata esattamente così. C’è stato prima un altro vocalist che però convinceva meno e poi dopo una vera crisi fu il manager a proporre: “Ma perché non facciam provare la Bencini”?
SDD: Eravamo titubanti ma non per la bravura di Simona, ma perché faceva strano dover rimettere le mani su cose scritte per un uomo, testi, tonalità.. ma anche in quel caso Simona ci impressionò positivamente.
Come è che si passa dall’anonimato ad un successo improvviso come “Gelosia” che inizia a farsi strada nel 1994 ?
SB: Non ponendosi aspettative. Direi che erano proprio basse. Sapevamo che il pezzo aveva il suo perché ma da li a pensare ciò che sarebbe successo…
SDD: Uscì a Maggio ed arrivò all’estate in sordina, più per il passaparola sulla spiaggia e le piccole emittenti che ci passavano.
SB: Poi a fine Agosto senza preavviso un importante network iniziò a proporci e da li a poco a poco… seguirono gli altri.
Sarà stata una gioia immensa?
SB: Che non mi sono potuta godere granché. Il caso volle che fui ricoverata per un problema serio in ospedale. Quando mi arrivò la notizia obbligai mio padre a portarmi una radio e praticamente passai tutte le settimane di degenza a cercare Gelosia in radio. Di colpo divenni la cantante popolare… della corsia dei ricoverati! ( ride )
SDD: Qualcosa stava accadendo. Come dicevo prima, non ho mai pensato alla musica come un mestiere, ma solo come un’ enorme passione, un modo di esprimermi. E’ indubbio però che quando cogli un successo del genere, non ne resti indifferente al momento. Poi col tempo impari a proporzionare le cose.
Siete immediatamente approdati al famoso primo album, quello omonimo del 1995, per la gloriosa CGD?
SB: Gelosia era già stata incisa per loro, anche se uscì diciamo con un’etichetta minore, una loro “appendice”. Il successo inaspettato del pezzo ci fece entrare invece dalla porta principale. Diversi brani del disco però non erano scritti per me, ma sempre per il famoso vocalist.
SDD: Si fece un bel lavoraccio sul riadattamento dei brani in base alla voce di Simona ed anche i testi, virati ovviamente al femminile.
Partono qui degli anni fantastici; la prima estate da protagonisti al Festivalbar con “Liberi di Liberi da”…
SB: Eravamo su uno dei palchi più importanti d’Italia, le radio ci amavano e decretavano il successo di ogni nostro singolo, il disco andava benissimo ( L’album d’esordio vendette oltre 150.000 copie ndr ). Chiaramente il progetto laurea si andò a far benedire.
Quanto manca una manifestazione come il Festivalbar ai musicisti di oggi?
SB: Non manca solo quello; manca il Disco Per L’estate, il Cantagiro e tanti spazi promozionali che non ci sono più, anche se non so se avrebbero lo stesso senso, riproposti oggi. Fruire musica è un concetto così cambiato oggi. Passando dal fisico al liquido, quel che vuoi sentire senti e lo fai quando vuoi. Non c’è l’attesa di vedere il tuo artista in tv.
Quindi siete a favore del digitale?
SB: Si e no. DI sicuro mi piace il fatto che tutti quelli che han qualcosa da dire possan provare, senza vedersi sbattere porte in faccia. Dall’altra parte però non essendoci selezione, passa davvero qualsiasi cosa e ti trovi prodotti veramente modesti, che magari per qualche motivo strettamente di moda, diventano successi.
SDD: Per noi in questo momento è in realtà ininfluente. Non ci poniamo certo più traguardi da classifica, che pur per il nostro disco appena pubblicato è arrivata. Noi proponiamo le nostre cose per guadagnarci spazi live, che sono poi quelli che hanno fatto nascere i Dirotta e per cui, cadendo questi presupposti, paradossalmente si sciolsero.
Dopo un primo album di successo, mi colpì al tempo che il secondo lavoro, atteso e cosiddetto della consacrazione, “Nonostante tutto”, non fu promozionato da alcun video. Come mai?
SDD: Siamo stati gestiti davvero male.
SB: La casa discografica ci aveva fatto firmare un contratto in cui non c’era scritto da alcuna parte che si prevedevano video promozionali, per cui a parte Liberi di, Liberi da, che servì esclusivamente a dare un volto ai Dirotta Su Cuba, che tutti avevano sentito ma nessuno sapeva che faccia avessero, non ci fecero realizzare alcun altro promo, nemmeno dal primo album.
E ma che senso ha? Hai una band che va benissimo, in un periodo in cui le tv tematiche stanno prendendo piede pur da noi, dovresti spingere no?
SB: Non era proprio così. MTV non passava ancora molta musica italiana, declinata invece a Video Music, che però proprio in quel periodo era in crisi. Quindi di fronte al nostro chiedere, la risposta era sempre negativa, come se non servisse.
SDD: Li iniziò la mia insofferenza. Quel che non volevo si stava avverando, si facevano le cose per convenienza e per obblighi contrattuali dovevamo sottostare.
Ricordo bene che ci furono addirittura problemi promozionali per la scelta dei singoli?
SDD: Ricordi benissimo, più tu di me.
SB: Noi avevamo puntato tutto su Ridere. Poi un importante network ( stavolta non facendoci un favore come la volta precedente ) decise arbitrariamente , dopo appena due/tre settimane, di passare Sensibilità. Tutti pensarono che avevamo cambiato già il singolo e virarono di colpo su quello. Per noi fu problematica perché, ad esempio, eravamo in gara al Festivalbar ( ed anche nella compilation ) con la prima, ma fummo costretti a proporre la seconda, bruciandoci un singolo in cui credevamo molto.
C’eravate anche alla finale che quell’anno per la prima volta si svolgeva nella mia Napoli a Piazza del Plebiscito?
SB: Certo! E fummo pure rimproverati da Salvetti ( Vittorio, storico ideatore della manifestazione ) perché arrivavamo da Genova, dove la sera prima eravamo in concerto e beccammo un incidente sull’Autostrada che … mamma mia, quante ore nel traffico! Arrivammo giusto in tempo.
Poi di colpo ed anche inaspettatamente Sanremo 97, con “E’andata così”. Fu quella una partecipazione strana, perché voi, in teoria, avevate ancora un album in promozione…
SB: Si ma la casa discografica non volle sentire ragioni. Ci avevano invitato e dovevamo andarci.
SDD: E senza avere nessun pezzo!
Come senza avere nessun pezzo?
SB: Non gli interessava la canzone, ci volevano e basta. Per me non fu inizialmente piacevole, perché desideravo andarci e per l’occasione volevo essere pronta, volevo che tutto fosse al posto giusto. Invece addirittura mandammo il provino della canzone, giusto perché andava comunque consegnato.
SDD: E’ andata così è nata in un nulla e per fortuna è nata buona! Ancora oggi è uno dei pezzi che il nostro pubblico più ama. Le cose con la fretta in genere non vengono mai bene.
SB: L’ho amata subito. Su una cosa eravamo d’accordo che volevamo un pezzo che non fosse ciò che la gente si aspettava dai Dirotta e nemmeno la classica canzone sanremese. Direi che il risultato ci ha resi tutti contenti
Che ricordo avete di quell’unica esperienza? ( Simona parteciperà solista poi nel 2006 )
SB: Bellissima, emozionante. E poi ci fu ospite nostro Toots Thielemans, il più grande musicista d’armonica al mondo. Lui entrò così tanto nel mood della canzone che io sul palco con lui dimenticai completamente la tensione che ti prende allo stomaco, quando sei subito dietro.
SDD: Un’esperienza emozionate che personalmente e credo anche proprio come band, abbiamo affrontato sentendoci da subito fuori gara. Eravamo li a far sentire la nostra proposta; il resto non ci interessava granché.
Ma non sarebbe stato più giusto uscire con il repack di “Nonostante tutto”, anziché che un mini best of dopo appena due album? Non credete che questa scelta vi abbia discograficamente penalizzati dando l’idea che già foste alla frutta?
SB: Certo che saremmo dovuti uscire con un repack. Purtroppo ribadisco, non avendo granché possibilità di controbattere al contratto in essere abbiamo dovuto anche in questo caso dir di si.
SDD: Siamo però riusciti a tenere fuori dal disco alcuni singoli di successo ed anche l’altro inedito, Jezabel, ( cover dei Delirium del primo Ivano Fossati ) era in realtà una canzone che portavamo in giro già prima di essere famosi.
E finalmente dopo tanti chilometri, dischi e live arriva un periodo di pausa…
SB: Di cui non ho un gran ricordo. La CGD fu inglobata in Warner che ci propose ovviamente un nuovo contratto, in cui giustamente provammo a metter a posto tutto ciò ( video compresi ) che non andava nel precedente
SDD: Con me contrario. Io non volevo in nessun modo firmare per la grossa major, perché c’erano troppe cose a cui sapevo saremmo andati incontro. Saremmo diventati un prodotto e non più un’officina artigianale.
SB: In più al nuovo presidente…. I Dirotta non piacevano. Motivi per esser preoccupati ce ne erano quindi.
Come ci siete arrivati quindi a “Dentro ad ogni attimo” del 2000?
SB: Lo ricordo come il periodo di sala più brutto mai vissuto. Credo di avere pianto ad ogni incisione. Finivamo i pezzi e puntualmente non piacevano. Sentivamo una grande sfiducia. In più Stefano dava sempre più segni di insofferenza.
SDD: Certo! Avendo sempre lavorato alla scrittura e agli arrangiamenti dei pezzi in prima persona, non riuscivo a lavorare con chi mi diceva che la musica doveva essere: “singolo veloce, singolo lento, poi ci vuole il pezzo così, poi colì” E sai cosa mi dispiace?
Cosa?
SDD: Che non sono uno che risente le proprie cose, ma Dentro ad ogni attimo tra tutti i nostri lavori, non riesco proprio a risentirlo. Nemmeno mi ricordo tutte le tracce che c’erano eppure, so che alcune cose proprio buone dentro c’erano..
Come “In riva al mare”?
SDD: Già, In riva al mare. Ma anche Notti d’estate aveva un bel tiro.
Come andò a finire?
SB: Che io in particolare arrivai alla chiusura del disco sfinita, anche perché ero fidanzata con il nostro produttore e quindi facevo volente o nolente da tramite. Capivo il discorso di Stefano ed anche Rossano sul mantenere il nostro senso di fare musica, ma capivo anche le esigenze discografiche e le pressioni che arrivavano al mio compagno dal famoso presidente non troppo benevolo.
SDD: E così giusto il tempo di consegnare e far le foto per il booklet e girare il video di Notti d’estate, che pur piacendomi, praticamente ci fu imposta, ed io lasciai.
SB: Gettandoci nello sconforto assoluto. Ci lasciò il giorno stesso dell’uscita dell’album. Ne io ne Rossano probabilmente ci aspettavamo che le cose finissero così. Che brutto periodo! Un disco nuovo sul mercato ma la sensazione che comunque tutto stava finendo.
Eppure il disco aveva delle belle carte da giocare; “In riva al mare” l’abbiamo già nominata”…
SB: anche a me piaceva tantissimo ed anche ai nostri fans. Era nata a seguito di un breve periodo trascorso in Spagna, a Siviglia con l’esattezza.
SDD: Si rimanemmo affascinati da alcuni suoni e provammo a portarli nel nostro mondo. Si pensi però che nemmeno questo brano piacque alla direzione. Non volevano che la includessimo nel disco, tanto è vero che abbiamo lasciato alla fine la versione provinata pur di inserirla, senza lavorarci su. Alla fine però quando una cosa è buona arriva lo stesso…
SB: Credo sia stata comunque usata come ultimissimo singolo, senza alcuna promozione però.
Poi comunque non è finita. C’è stato “Fly” nel 2002…
SB: Si, la chiusura del contratto praticamente. C’erano voci che non ci avrebbero comunque rinnovato il contratto e che il presidente fosse interessato a tenere me come solista. E’ chiaro che così il lavoro non fu sereno.
Cosa che è avvenuta però…
SB: E che ha portato all’album Sorgente nel 2005, ma che non ebbe i risultati sperati. Fu una grande delusione perché ci avevo messo davvero tutto il quel disco. Ci credevo molto.
Lo hai anche ripresentato a Sanremo?
SB: Anche li però fu in realtà un out out! Mi dissero: ”devi andare a Sanremo. Puoi scegliere: o lavori in fretta ad un nuovo disco oppure ripubblichiamo questo”. E poiché amavo talmente tanto quel lavoro, pensai che una seconda possibilità la meritasse.
Possibilità che però…
SB: E non andò nemmeno quella. Tempesta il brano scelto, per il festival e per rilanciare l’album non arrivò nemmeno in finale ed il disco si arenò.
Eppure “Tempesta” era firmata Elisa. Come l’hai convinta a lavorare con te?
SB: Conoscendola. Mio marito che lavora in una grossa azienda di promozione live, ( F&P Group .ndr ) organizzava il suo tour ed io sono andata spesso a vederla. L’adoro come artista e come persona e così, quando mi dissero del Festival ci provai e dietro le quinte le chiesi: “Ma non è che mi scrivi una canzone per Sanremo”? E lei: “E se ce l’avessi già”. Il giorno dopo sedute ad un bar vicino al Teatro Sistina di Roma, mi fece ascoltare Temptation,che mi folgorò subito. Non solo me la diede, ma mi permise anche di lavorarci su, adattandola a me e riscrivendo il testo che anche se non come significato, cercai di rispettare nelle metriche. Il risultato lo conoscete e Sanremo a parte, la trovo una bella canzone, davvero bella.
Ricordo il video: c’eri tu che strisciavi su una scala. Ma almeno avevano pulito per bene?
SB: ( RIDE ) si, certo, mi sa che erano passati a metter in ordine prima.
Sono stati anche anni di tv per te Simona?
SB: Mi avevano dapprima chiesto di partecipare a Music Farm, però rifiutai perché stavo preparando Sanremo e scelsi ovviamente l’Ariston. Poi in seguito invece la proposta di lavorare allo show di Ranieri era irrinunciabile. E sono entrata in squadra con Silvia Mezzanotte, Linda e Jenny B.
E tu Stefano, nel frattempo?
SDD: Ho continuato a scrivere, produrre, registrare; per me la musica è vita. E poi in Italia sono l’unico bassista che fa funk.
E Simona come mai non sono arrivati altri dischi?
SB: Non ci ho pensato perché in realtà l’episodio Sorgente mi aveva un po’ scossa. I rapporti in etichetta si erano deteriorati. Potevo andare di autoproduzione, ma da una parte non ero convinta del materiale che arrivava e dall’altro mi sembrava stupido scontrarmi in territori pop, con artisti più giovani.
Ed è per questo che nel 2012 son tornati assieme i Dirotta?
SDD: L’idea è venuta a me. Ho ritenuto che fosse arrivato il momento. Certi dissapori erano ormai dimenticati, alle spalle. Il tempo aveva lenito le ferite di un rapporto troncato in maniera non serena. Era arrivato il tempo di chiarirsi se non altro, dirsi ciò che non ci si era detti e da li vedere se quel rapporto familiare, fraterno, poteva tornare. Inoltre le maturità di un quasi 50enne, con famiglia e figli è diversa da quella di quando si è giovani.
SB: Stefano è andato prima da Rossano; hanno iniziato a fare delle cose e poi si sono resi conto che i Dirotta senza Simona….e si son fatti coraggio.
E tu?
SB: Se da una parte ero nel vero senso della parola lusingata, quasi mi sembrava potermi riappropriare della mia pelle, dall’altra avevo un po’ paura.
Paura? E perché mai?
SB: Perché all’epoca della band, soprattutto del primo contratto, non è che avessi tutta sta voce in capitolo. E’ chiaro che col tempo le cose sono andate crescendo, ma la paura di dover subire passivamente delle scelte non mi andava. Chiarito questo aspetto e trovata la loro disponibilità, non c’era motivo per non tornare ad esser noi.
E perché non farlo con un disco di inediti?
SB: In realtà abbiamo prodotto diverse cose nuove, alcune uscite come singoli, ma i grandi network ci hanno un po’ rimbalzati.
SDD: Dicevano, si, bel sound, però non siete in target .Ci siamo così presi il nostro spazio nei live ed abbiamo costatato che non solo teniamo botta, ma che il pubblico ci aspetta sempre con affetto.
E l’idea di rilavorare il vostro primo album con ospiti come è arrivata?
SDD: Qualcuno ci ha fatto notare che il nostro primo album compiva 20 anni. Diversi colleghi incontrati in questi lunghi tour in giro per l’Italia, ci han detto bellissime parole a riguardo del disco; addirittura che lo conoscevano a memoria. Così è nata l’idea di rifarlo, e poi lavorandoci di chiedere ad alcuni di quegli amici di cantare o suonare delle tracce con noi. Non si può capire la gioia di quando Mario Biondi mi ha chiesto: “Chi vi fa la voce intro di Solo baci “? Io la so a memoria, posso io?” Come dirgli no?
E adesso? In molti pensano che siano maturi i tempi per tornare a Sanremo..
SB: Da quando siamo nuovamente insieme ci abbiamo già riprovato, ma non ci hanno voluti. Svelo anzi, che in realtà, il pezzo per Sanremo lo preparano tutti, anche gli artisti più impensabili, quelli che dici: “ma figurati non ci andrà mai”! Invece non è così. E’ in corso d’opera che poi si decide se lasciare la candidatura o meno e se a ritirarla ci pensa l’artista stesso o l’etichetta.
SDD: Stiamo lavorando a diversi brani, ma non ce ne è uno per Sanremo. Quindi se lo presentiamo, in perfetto stile Dirotta, non sarà una canzone apposita per Sanremo, ma solo quelle che troviamo più adatta tra le nostre cose.
SB: Rifarlo mi piacerebbe, me lo godrei di più.
SDD: Si ma se arriva bene, altrimenti… non è indispensabile.
E poi?
SDD: Tanti live. E’ allo studio un nuovo programma date. Ovviamente via social ci saranno tutti gli aggiornamenti.
E si festeggerà anche “Nonostante tutto”?
SDD: Come disco no! Ma in live non è detto che non si riascolteranno anche brani di quel lavoro li.