Oggi Fabio Fiume ha intervistato per All Music Italia il cantautore Luca Bussoletti.
Tra gli artisti emergenti del panorama musicale italiano, si fa sempre più un gran parlare attorno a questo nome , in arte semplicemente Bussoletti, della scuola romana, quella che viene spesso descritta come fucina di grandi cantastorie, cosa che anche lui è, ma che fa vestendosi di un abito però insolito, un pop di matrice ed approccio tipicamente 80’s a supporto di concetti che non negano le difficoltà degli anni che viviamo, ma che rilanciano con la speranza e la spensieratezza tipica del decennio che fece del ludico il suo tema portante. Lo abbiamo raggiunto in occasione della doppia tappa campana che lo ha visto a supporto di Francesco Tricarico il 9 Aprile a Napoli al Goodfellas e ieri, 10 Aprile, a Salerno, per parlare non solo di questo impegno ma per farci raccontare di un momento carico di emozioni, che lo ha visto anche raggiungere per la prima volta la top 10 dei dischi in digitale più venduti in Italia, con l’ultima fatica, Pop Therapy
Buona lettura.
Allora Luca cosa ci racconti di quest’ultimo, intenso, periodo?
C’è poco da raccontare! Diciamo che è un periodo che non respiro e a dire il vero non voglio riprendere a farlo. Di sicuro non lo farò fino a Giugno e già si lavora per prolungarlo fino a Settembre.
Quando sentivo colleghi ben più famosi di me raccontare come non avessero tempo, mi chiedevo sempre se sarebbe mai successo anche a me. Adesso che succede me la godo.
Appena un anno fa avresti immaginato tutto questo?
No. E come avrei potuto? Non ho sfere di cristallo o cose simili. Diciamo però che ci stavo lavorando da 12 anni perché accadesse. La gavetta può esser dura, ma io ho avuto la fortuna di vedere crescere il mio pubblico concerto dopo concerto e quindi, anche l’album in classifica non mi ha stupito o almeno non così tanto.
Il disco di intitola “Pop Therapy”. Ma la terapia del pop è giusta per te o ritieni che dovrebbero seguirla tutti?
Ah certo, per me dovrebbero seguirla tutti. Spesso, soprattutto dalla scena indie, arrivano grandi critiche al pop ed a chi lo fa. Io faccio pop e ne sono fiero. Cerco di comunicare un senso di leggerezza anche grazie ad un’ispirazione molto 80, pur senza dimenticarmi che viviamo anni difficili. Però sono stufo di vedere tutto difficile, scuro.
E’ difficile fare pop?
E’ difficilissimo scrivere cose semplici, che arrivino a tutti e che non somiglino ad altro. Io, ad esempio, devo stare attento a non plagiarmi da solo, anche se… a pensarci bene che fa? Di certo non mi farei causa!
Dal tuo sito avevi promesso come ringraziamento un caffè a tutti quelli che acquistando “Pop Therapy” avevano contribuito a portarlo in classifica. Hai mantenuto la parola e quanto ti sei indebitato?
L’ho mantenuta e ahimè credo di dover fare almeno altri 5 dischi per recuperare. Ho però imparato la lezione e la prossima volta mi legherò ad uno sponsor . Quale? Una nota marca di caffè, ovvio!
Dopo “Come scemi”, il primo singolo, hai già scelto quale sarà il secondo e perchè?
Mi piacerebbe far uscire Estate precaria che è un pezzo che ho scritto ben 2 estati fa ma purtroppo… l’estate è ancora precaria.
Fai da supporter a Tricarico, artista sensibile ed alquanto stralunato. Come è nato il vostro rapporto?
Mediante produttori che si conoscevano. Devo ringraziarlo moltissimo perché mi ha permesso di fare non delle comparsate, ma dei veri e proprio mini show di ben 30 minuti, eseguendo ben 6 dei 10 brani del disco.
Ed esegui sempre gli stessi o ruoti permettendo a tutte e dieci le composizioni di avere il proprio spazio?
Ruoto. Come Benitez applico molto turn over!
A fine Aprile aprirai invece a Roma la tappa di Jack Savoretti e sul tuo sito hai dichiarato che la “pop therapy” ha contagiato anche lui. E’ un’infezione curabile?
Mi auguro proprio di no, anche se in realtà, visto che per l’occasione riarrangerò i miei pezzi in chiave acustica, direi che la “pop therapy” ha si contagiato lui, ma io non sono uscito indenne dalla sua influenza. Mi sono “savorettato”
Avevi mai suonato a Napoli? Che tipo di accoglienza ti aspetti?
Ho suonato spesso a Napoli e devo dire che l’accoglienza è sempre stata ottima. Credo sia un fatto di affinità anche mentale. Napoli è una città che amo molto, da prima di fare il cantautore. Mi piace il suo chiasso, il suo calore. Mi sono sempre sentito a casa e credo che anche oggi la cosa si percepisca.