6 Novembre 2018
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6 Novembre 2018

Intervista a Enne: instrospezione e sonorità ’80-’90 nel progetto prodotto da Takagi & Ketra

E' uscito il 12 ottobre "Vodkatonic", singolo di Enne prodotto da Takagi & Ketra, che lo hanno inserito nel rooster della loro etichetta.

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E’ uscito il 12 ottobre Vodkatonic, il nuovo singolo di Enne, primo artista della nuova etichetta di Takagi & Ketra denominata PLTNM. Si tratta di un inno generazionale che partendo dalla location simbolo del divertimento più sfrenato, la discoteca, arriva a mostrare un lato più amaro e malinconico.

La produzione è stata curata da Takagi & Ketra, mentre il brano è stato mixato/masterizzato da Andrea Suriani.

Anche l’artwork rivela un aspetto importante. La copertina del singolo, realizzata dall’artista Francesco Torricella, ritrae un vodka tonic tenuto da una mano ingessata che vede in primo piano un tipico timbro da discoteca che riporta la scritta Enne Vodkatonic. La curiosità è che la mano è quella di Federico Laini, il produttore che ha seguito fin dall’inizio il progetto Enne.

Già i primi singoli autoprodotti, San Junipero e Al centro di una guerra, avevano mostrato le doti artistiche e compositive di Enne, che vengono ora confermate con Vodkatonic.

INTERVISTA A ENNE

Abbiamo contattato telefonicamente Enne e con lui ci siamo soffermati sul brano, il messaggio musicale e i progetti futuri. Ecco la nostra intervista.

Il singolo Vodkatonic è un inno al divertimento e ha parecchie influenze che rimandano all’estate soprattutto nel sound. Come mai hai scelto di uscire con questo brano?

Detto sinceramente il pezzo è stato scritto in primavera con l’idea di essere lanciato in estate, ma poi abbiamo ritardato anche per l’ingresso nella nuova etichetta. Così abbiamo deciso di posticipare a settembre / ottobre. La verità è che a livello artistico, secondo me, il pezzo è molto più da club e quindi per la stagione autunno inverno. Si colgono aspetti che rimandano alla discoteca, quindi un’ambientazione più fredda. In realtà ha dei suoni veramente estivi, però è un pezzo che può funzionare anche e soprattutto d’inverno nei club.

Esiste però un retrogusto malinconico. Nel brano qual è il limite tra il voler mostrarsi bene a tutti costi, piuttosto che la reale felicità?

E’ una domanda impegnativa… Il testo è stato scritto con l’intenzione di manifestare una sorta di solitudine che contrasta con il luogo in cui ti trovi.
Ho vissuto l’ambiente della discoteca e dei club per buona parte della mia adolescenza e post adolescenza, anche lavorando come promoter.
Sulla mia pelle ho vissuto questa condizione perenne di andare in discoteca per accontentare la tua compagnia. Spesso ci si va per non sentirsi in colpa. Ma quando ci vai ti trovi in una condizione in cui non sei a tuo agio.
La felicità… non si trova in discoteca. Lì si può trovare il divertimento, ma non la felicità.
Nel brano c’è un fondo di amarezza e soprattutto nelle strofe. Ed è l’effetto che ho voluto dare.

Enne

I tuoi brani hanno sempre al centro l’uomo e le sue frustrazioni e le fragilità. Quanto c’è di autobiografico?

Direi il 100%. Tendo a raccontare cose molto personali e lo faccio con l’intenzione di chi cerca il modo di distaccarsene.
San Junipero parla di una serie di Netflix, Black Mirror. La verità è che ho vissuto una storia sentimentale che mi ha portato molto a una puntata di questa serie e ho voluto metterci la mia esperienza. Ho voluto replicare quella puntata mettendoci quella che era la mia esperienza personale.
In generale nelle canzoni c’è sempre molto di me, anche se non è direttamente percepibile. Ci sono degli immaginari definiti, come per esempio gli anni ’80, le serie tv o alcuni oggetti, ma si parla sempre di una condizione che ho vissuto nella mia vita.
Nel secondo singolo, Al Centro di una Guerra, ho cercato di esprimere qualcosa di molto personale, se vuoi anche generazionale, cioè l’amore per l’odio. Quel sentimento che se non esistesse non esisterebbe l’amore. Tutti un po’ ci odiamo tra di noi.

Il brano è stato prodotto da Takagi & Ketra. Com’è nata la collaborazione?

La collaborazione è nata in maniera istintiva. Si sono affezionati al progetto, anche perché entrambi, in particolare Takagi, hanno sempre amato gli anni ’80. Dopo aver pubblicato Da Sola / In The Night c’è stato un link forte tra noi. Hanno ascoltato i miei singoli su Spotify e il provino di Vodkatonic, che in origine era molto più grezzo e hanno deciso clamorosamente di lavorarci sopra, quasi a mia insaputa. Quando, poi, sono arrivato nello studio dell’etichetta e ho ascoltato con il mio produttore il pezzo al quale avevano messo mano… sono impazzito dalla gioia! E’ andato tutto bene! Inizialmente doveva essere la collaborazione solo su un pezzo, ma poi il materiale è piaciuto e hanno deciso di farmi firmare un contratto e ora sono il primo artista della loro etichetta.

Dopo Vodkatonic cosa ci sarà?

Stiamo lavorando su altri pezzi e in futuro ci sarà un disco, ma ancora non sappiamo se sarà un Ep o un album. Visti i tempi non si capisce cosa è meglio fare in termini discografici. Nel nuovo materiale cercheremo di definire il sound perché mi piacerebbe trovare un mio spazio ben definito in un mondo che secondo me sta prendendo una piega un po’ strana. Ci sono tanti artisti che cercano di fare cose che hanno già fatto altri. Mi piacerebbe portare questo suono a un livello molto riconoscibile. E’ un progetto che si può portare avanti di canzone in canzone, ma sono certo di voler creare uno Stile Enne.

 

Foto dai Social di Enne