Intervista a Gianluca Grignani. Nelle ultime settimane si è parlato parecchio di Grignani, artista con la A maiuscola tra i più controversi nel panorama musicale italiano.
Si è parlato di lui per il lancio del suo nuovo singolo, Non dirò il tuo nome, per l’annuncio di un progetto, Verde smeraldo, articolato in tre dischi, e si è parlato di lui anche per questioni extramusicali, ma quello è parte del gioco.
Il sottoscritto, prima di ideare questo sito, ha lavorato per sette anni con Gianluca. Essere il suo assistente personale è stato il mio primo vero lavoro in questo ambito.
Sette anni, dal 2000 al 2007, densi di esperienze, positive e negative, inutile negarlo, ma che sicuramente in qualche modo mi hanno formato anche nel condurre il lavoro che svolgo oggi.
Era da diverso tempo, forse due anni, che non sentivo Gianluca. La lettura di alcune interviste e gli eventi avvenuti nella sua sfera privata, di cui in qualche modo sono stato partecipe in passato, mi hanno spinto a sentirlo per capire come realmente stavano andando le cose.
Del resto è noto, noi che di lavoro scriviamo di musica spesso tagliamo le interviste per non renderle eccessivamente lunghe.
La nostra è stata una chiacchierata amichevole e, nel mentre, mi sono reso conto che Gianluca Grignani aveva da dire più di quello che avevo letto.
E allora gli ho chiesto di rendere quell’incontro telefonico un’intervista. Lui ha accettato senza troppi giri di parole. Unica condizione: pubblicare tutto, nessun taglio. E così è stato. Buona lettura.
Intervista a Gianluca Grignani
Gianluca, partiamo come sempre dalla musica. In un momento, sicuramente difficile per l’intera discografia, in cui lo streaming è diventato centrale per il mercato, tu decidi di lavorare a un triplo album, Verde smeraldo. Come mai questa scelta?
La mia è sicuramente una scelta anomala, ma del resto fin da La Fabbrica di plastica, come sai, mi sono spesso ingegnato per trovare nuove vie come il cd con all’interno anche il biglietto del concerto contenuto ne Il Re del niente.
In questo progetto non c’è nulla di deciso a tavolino, perché credo che oggi più che mai l’istinto prevalga sulla ragione quasi fosse una vera e propria regola del marketing.
Le case discografiche oggi non sono nemiche; al contrario, sono grandi distributori ed è proprio così che secondo il mio punto di vista dovrebbero essere viste.
Immagino, ma un triplo album, diviso in tre parti, è una scelta coraggiosa. Devi avere tante canzoni pronte…
Esatto, non pubblico un album di inediti dal 2014 ma ho scritto e preparato arrangiamenti, ho dato vita al mio studio. Per questo non sono certo rimasto senza musica.
Mi sono accorto di aver trovato un modo più leggero di scrivere, simile a quando buttai giù le canzoni di Destinazione paradiso, Fabbrica etc..
Certo lo stile è maturato ma questi brani mi hanno coinvolto, sono ispirati nel bene e, a volte, nel male; c’è “istinto”, ecco la parola esatta!
Ho studiato la ricerca del suono nell’ambiente come uno studente di fisica studia le basi e ho poi seguito e formulato teorie che ho anche esposto in una convention tra musicisti e tecnici per capire e capirmi. Ora sono pratico e sono abbastanza contento dei risultati che sto ottenendo.
In altre parole, sentivo il bisogno di sperimentare approfondendo il rock odierno mantenendo solide la basi del blues partendo da Robert Johnson sino ad arrivare a Clapton e altri.
E hai scelto di lavorare in proprio… le major oggi secondo te sono in difficoltà nel portare avanti un progetto musicale di questo tipo?
Guarda, io ho scelto di lavorare in autonomia con la mia nuova etichetta, Falco a metà, ma comunque sono in ottimi rapporti con le major.
Oggi dal mio punto di vista, è diverso il peso che esercitano come distributori, editori etc… hanno il loro significato per il mercato, diverso magari dal passato.
La musica oggi per me è veloce: passa direttamente da chi la produce (da una stanza con un pc e dei plug in) a chi la compra e la ascolta.
Questo è quello che credo oggi accada; nel mio caso io, personalmente, cerco di mettere insieme analogico e digitale in maniera moderna con macchine all’avanguardia adatte a questo tipo di produzioni.
Se vuoi sapere i dettagli vai sulla pagina Facebook dello studio La Fabbrica di plastica studios (potete trovarla qui).
Comunque, tralasciando i tecnicismi, quello che posso dirti è che il mio modo di scrivere mi porta ad osservare quello che mi accade intorno, è per questo che ho pensato che il modo migliore oggi per promuovere un triplo album sia la velocità stessa. Infatti ognuna delle tre parti di Verde smeraldo sarà un percorso in continuo divenire… singoli, prima parte dell’album, live e subito singolo della seconda parte del disco, live e poi ancora singolo che lancia Verde Smeraldo parte terza e ovviamente ancora live.
E quando uscirà la prima parte di Verde smeraldo?
Spero entro l’anno, emergenza sanitaria permettendo.
E il ritorno live, a causa delle restrizioni del governo, è fissato per il 20 marzo a Roma (Auditorium Parco della musica) e 27 marzo a Milano (Fabrique)…
Esattamente. Stare chiuso in studio mi ricorda quanto mi manca quel contatto che si crea dal palco con la gente. Ho imparato con sofferenza a stare sul palco, perché volevo essere il più possibile genuino e salirci come se non avessi neanche la pelle addosso.
Questo mi ha permesso di diventare un frontman oltre che un musicista e oggi non credo esista posto dove io mi senta veramente me stesso come on stage.
La sensazione è quella di essere nella tua unica e sola casa. Suonare la chitarra non è un impedimento per me ma, al contrario, mi aiuta ad esprimere anche fisicamente la performance, la canzone, lo stato d’animo delle gente che mi influenza sempre: questo è quello che ho imparato, stare insieme agli altri… Ecco, per me questo è il vero significato di suonare dal vivo: vivere gli altri.
Aspetto sempre con una certa gioiosa ansia il live: è un abbraccio caldo che mi concedo anche se a volte penso di non meritarmelo; ma tutti abbiamo bisogno di sfogare la nostra natura e quella è certamente la mia.
Senti Gian, ma io quella casa sulla collina che in un certo senso citi anche in Lacrime dalla luna la conosco molto bene. So con quanto amore l’hai praticamente ricreata e vi hai costruito dentro uno studio. È vero quel che ho letto in giro, ovvero che sarai “costretto a venderla”?
Assolutamente no. Te meglio di altri conosci l’investimento, economico ed emotivo, che ci ho messo per dar vita allo studio ed essere autonomo nelle mie produzioni.
Non ho in mente di vendere la casa, al momento, e, soprattutto, non sono costretto assolutamente a farlo.
Certo, come ho detto in un’intervista a RTL 102.5, magari non spiegandomi al meglio visto il periodo emotivamente intenso, vorrei spostare La Fabbrica di Plastica Studios per ingrandirla e provare così a dedicarmi anche a progetti di artisti emergenti e non solo.
Ma quindi, spiegami meglio, Grignani va salvato come Britney Spears o no?
Certo, come no… dai fessi (ride).
C’è un detto napoletano che dice: “i furbi muoiono in mano ai fessi” e a volte per troppa sincerità. Qualche problema con qualche fesso, appunto, l’ho avuto.
Ok, messaggio recepito. Come sai su All Music Italia non ci interessiamo delle vicende sentimentali degli artisti. In questo caso però faccio uno strappo alla regola perché abbiamo condiviso un lungo tratto di vita vicini e credo di poter affermare di conoscerti un po’.
Delle dichiarazioni che ho letto in giro, quello che più mi ha stupito è stata l’assenza di parole verso Francesca (sua moglie dal 2003, una storia finita negli scorsi mesi Ndr). L’ho trovato strano perché in vent’anni non hai mai mancato di elogiarla in quanto donna, moglie e madre…
E infatti non è stato così. Tu questo aspetto del mio lavoro, il contatto con la stampa, lo conosci meglio di me oggi.
Io ho parlato molto di Francesca quando ho rilasciato interviste, però probabilmente quello che dicevo non creava per alcuni giornalisti un gancio per avere un titolo abbastanza d’effetto. Quindi grazie di darmi la possibilità di spiegarlo perché so che tu non taglierai nulla.
Ho un grande rispetto per Francesca, come è giusto che sia; è la madre dei miei figli, insieme abbiamo preso tempo fa la decisione di stare lontani; le persone a volte cambiano.
In quel periodo sono riuscito a guardarmi dentro in modo reale e coerente con il momento e ho trovato la forza di ammettere che era tempo di prendere una decisione definitiva. Sai quando di mezzo ci sono anche quattro figli che ami più di te stesso non è così facile. È giusto così!
Credo che Francesca sia stata da me difesa e spinta a non fare errori fino al punto che un uomo o padre dovrebbe fare ed ora il tempo è dalla mia parte (come dicevano gli Stones).
La musica sicuramente avvolgerà le mie giornate come sempre avrei voluto che fosse ma, forse per responsabilità, mentivo un po’ a me stesso sull’argomento.
Il desiderio di libertà che accomuna molti artisti non veniva prima del mio dovere: questo era il mio freno!
Francesca da tutto questo è uscita proprio come mi aspettavo e volevo. Del resto è sempre stata una donna forte e riservata. E spero che resti sempre così. Del resto in quanto madre dei miei figli con lei ho condiviso gran parte della mia vita, e questo non si dimentica.
Quello che so è che sia in qualità di marito, ma soprattutto di padre, ho tentato di trovare delle soluzioni per non guardarmi indietro e non smettere di avere rispetto per l’uomo che ero e, quindi, per l’uomo che sarò.
Penso di poter affermare, senza paura di essere smentito, che il ruolo di padre, dopo quello del musicista è qualcosa che mi viene spontaneo.
Ma l’uscita di Non dirò il tuo nome, il tuo ultimo singolo, dedicato alla stessa ragazza per cui hai scritto La mia storia tra le dita, ha un legame con tutto questo?
Sì e no. Il brano è nato un anno fa dalla necessità di ricevere ancora quello che la protagonista di quella canzone mi dava quando stavamo insieme.
Quello che non potevo prevedere allora è che l’uscita di Non dirò il tuo nome avrebbe accompagnato la situazione che sto, che stiamo vivendo.
Questo brano non è una canzone che guarda al passato e nemmeno al presente, ma al futuro. È la pagina finale di un capitolo importante della mia vita e, al tempo stesso, la prima pagina di quello nuovo.
Torniamo alla musica. Verde smeraldo sarà composto tra album, e nel giro di quattro anni, dal 2020 al 2023, tre tuoi album fondamentali, Destinazione paradiso, La Fabbrica di plastica e Campi di pop corn, festeggiano i 25 anni dall’uscita.
Ci sarà spazio anche per celebrarli in qualche modo?
Sì, con dei vinili e forse un concerto per ognuno di quegli album andando a creare lo spazio che quei suoni e quelle canzoni meritano.
Di Fabbrica di plastica si è parlato e si parla tutt’oggi molto. È stato un album di rottura, rivoluzionario, eletto da Rolling Stone Italia, in un sondaggio popolare, come il più bel disco di rock italiano. Tu sai invece che uno degli album della tua discografia a cui sono più legato è Campi di pop corn. Un disco del 1998 che trovo molto avanti anche oggi.
A mio modo di vedere se Fabbrica è stato il tuo grido di ribellione verso la discografia, Campi lo è stato verso l’amore, quasi un’anestesia necessaria in quel momento.
Perché parli così poco di quell’album?
Sinceramente io non ho un pensiero così preciso e attento quando parlo dei miei dischi. Ci farò caso ma, sicuramente per l’anniversario, vedrai che avremo modo di raccontarlo anche con delle grandi foto scattate in quei giorni a New York.
Parlando sempre di musica… qualche anno fa hai collaborato con Emis Killa per un tuo brano. Cosa ne pensi della musica rap e trap che spopola in questo momento nel nostro paese?
Trovo interessanti, e anche divertenti, i loro testi. La parte musicale invece è un po’ scarna, in Italia spesso secondaria. Ce ne sono alcuni, Emis Killa, Salmo, Gué Pequeno, per fare qualche nome, che fanno la differenza e questo si vede e si vedrà alla lunga, secondo me
Ma sbaglio o Salmo ti attaccò in un suo pezzo in passato?
Dici bene, in un feat. con Marracash per la precisione. Attaccò la mia persona più che l’artista, una cosa che a me non verrebbe naturale fare. Ho risposto a me stesso pensando che anche io avrei dovuto farmi furbo e usare la sua immagine per la mia causa ma, il giorno che dovevo incontrarlo al concerto del primo maggio e probabilmente giocare con lui in questo senso (ride), c’era solo la band alle prove.
Ci siamo sentiti in seguito e posso dire che credo sia un bravo ragazzo, anche se gli piace apparire molesto, e che abbia talento. Se non la pensassi così non lo citerei dopo quelle uscite su di me, uscite che in fondo fanno ridere ma è il loro mondo e devo dirti che non mi dispiace farne parte, anche se da lontano.
Cosa ti rimproveri degli ultimi anni, nello specifico di quel periodo in cui era più facile vedere apparire il tuo nome su siti di gossip per difficoltà umane, piuttosto che su siti di musica per le tue canzoni?
Io credo che se la gente potesse sapere tutta la verità un po’ riderebbe e forse sarebbe stata anche dalla mia parte. Ma ci vuole ancora tempo e acqua sotto i ponti perché io possa raccontare certe cose.
Ci tengo a me stesso e certe cose non le posso ancora raccontare, non posso dire altro e quindi mi assumo le mie responsabilità diversamente… il mio sano menefreghismo mi ha aiutato.
Mi sono anche svegliato con l’occhio sinistro aperto, che poi è quello che mi fa vedere meglio le cose essendo mancino. Fin da quando ero bambino e dovevo affrontare le cose in maniera diretta e risoluta, ho agito così, e quindi mi sono detto: “ora facciamo il gioco duro visto che di colpi ne hai presi abbastanza” e da lì sono partiti i cambiamenti: staff, etichette, studio e, per assurdo, le difficoltà personali hanno contribuito a farmi scrivere e analizzare la mia storia… così è nato Verde Smeraldo.
Prima di chiudere ho una domanda che in realtà è un po’ personale. Non te l’ho mai fatta in privato perché penso che sia giusto rivolgertela pubblicamente.
Nel 2014, quando uscì Rockstar a metà, il mio libro su di te, dichiarasti in diretta da Red Ronnie di non conoscermi e che non avevo mai lavorato con te. Come penso immaginerai, ci rimasti di stucco, anche male… del resto abbiamo condiviso un percorso di circa 7 anni. Mi sono sempre chiesto il perché….
Come tu ben sai a volte gli artisti sono circondati da personaggi che tendono a nascondere le persone valide che possono essere un vero aiuto per l’artista stesso, lo fanno per la paura da vigliacchi di perdersi nelle proprie mancanze; beh è stato un episodio di questa natura che mi ha allarmato stupidamente non vedendoti e non sentendoti da tempo.
Poi quando sono riuscito con malizia tecnica a dissolvere la nebbia dell’inutilità di questi personaggi è ovvio che ho rivisto il mondo e le persone per quelle che sono e non per come, per necessità, me le facevano digerire, ovviamente in maniera totalmente diversa.
Io penso che gli agnelli o conigli travestiti da tigri facciano sempre la stessa fine al momento decisivo… come in una comica scivolano su una buccia di banana. È sempre stato così e non mi preoccupo certo di incontrare ancora questa tipologia di persone perché ormai conosco il risultato dei loro affari e del loro destino con grande certezza.
Questo è il mio pensiero generale che volevo esprimerti perché non credere che io non ci abbia mai pensato. Ma il risultato è quello che ti ho detto, ne ho avuto la conferma più e più volte.
Ma dimmi la verità, poi quel libro lo hai letto?
Sì!
Ne parliamo però poi, se vuoi, prossimamente così mi spieghi certe cose (ride). Ti va? Visto che sono una rok star senza la c però’ (ride).
Foto articolo su gentile concessione di “Falco a metà”