I Moseek sono una delle nuove realtà musicali italiane da tenere decisamente sott’occhio, capaci come sono di portare al grande pubblico, anche attraverso la felice scelta di partecipare ad X Factor, uno stile musicale, quello elettronico, che nel nostro paese viene sempre lasciato un po’ in disparte, relegato ad un pubblico di nicchia e lontano dai palcoscenici mainstream più importanti, salvo declinazioni molto commerciali. Il trio invece è riuscito a passare indenne le forche caudine della dura realtà televisiva a cui si piega il talent, a giungere fino alle semifinali dove ha potuto proporre anche l’inedito Elliott ed adesso a distanza di alcuni mesi è finalmente pronto alla pubblicazione del nuovo album. Il disco, ancora senza titolo ufficiale, vedrà la luce a fine Maggio ed Elisa, la carismatica e personale frontwoman della band, non sta più nei panni, tanto che accetta questa singolare intervista/chiacchierata nonostante sia reduce da un brutto incidente d’auto che ha costretto i Moseek tutti a posticipare di un paio di giorni la data di anteprima che era inizialmente programmata per il 27 di Aprile in quel di Milano.
Si un incidente davvero brutto perché inspiegabile. Ero in viaggio da Roma a Bologna e, presso la cosiddetta strada dei laghi, dove il limite di velocità è molto basso date le curve, un intelligentissimo pilota ha pensato bene di sfrecciare ad oltre 100 km orari, tagliando le curve. Per evitare il frontale ho sterzato finendo fuori strada. Inutile dire che non si è fermato nemmeno per accertarsi delle mie condizioni. Per fortuna però anche se un po’ ammaccata sono qui a raccontarlo.
Ed allora via i cattivi pensieri, parliamo di cose belle come tutto questo movimento che c’è attorno a voi, partendo proprio dagli albori della vostra carriera. Come vi siete incontrati ed avete capito che potevate iniziare un percorso assieme?
Io e Davide ci siamo conosciuti nel 2008 e l’alchimia è nata subito. Abbiamo iniziato a fare cose assieme, scrivere, arrangiare, ma senza darci probabilmente nessun punto di arrivo. Nel 2010 poi è arrivato Fabio e sia io che Davide abbiamo capito che il cerchio si era chiuso. Non avevamo più bisogno di cercare null’altro; con Fabio lo avevamo trovato e così dal Luglio 2010 sono ufficialmente nati i Moseek
Ricordi persino il mese!
Eh si per forza! E’ diventato tutto più facile. Loro combinati assieme hanno idee strepitose per gli arrangiamenti. Le canzoni arrivano invece da parte mia, che le compongo piano e voce o piano e chitarra. In linea di massima sono molto cantautorale come approccio di scrittura. Loro invece hanno un background musicale pazzesco. Conoscono tantissima musica non solo come musicisti, che è già tantissimo, ma anche come semplici ascoltatori. Ah dimenticavo che il cerchio effettivo lo ha poi chiuso Meid.
Una sorta di quarto Moseek?
E’ un producer giovanissimo e pieno di idee. Ha solo 21 anni eppure sembra che ne abbia almeno il triplo per approccio musicale e dedizione. Effettivamente ha iniziato da bambino ad occuparsi di musica. Lui è l’anima che ci consiglia, indirizza. Lui è colui che sa dirci anche no quando ci incaponiamo su qualcosa. Se ci pensi per un musicista le proprie composizioni sono come dei figli; anche quello brutto lo ami lo stesso. Ecco, lui sa invece anche dirci :”questa cosa è brutta”e ci stimola magari non a cestinarla ma a tornare a lavorarci su o metterla nel cassetto in attesa di nuove idee. Se questo vuol dire essere un quarto Moseek, allora direi proprio di si. Indubbiamente è fondamentale.
Non ci si può esimere però dal chiederti: “ma che significa Moseek”?
Moseek significa mo cerco!
Oddio! Per quanto musicale come nome, come vi è saltato in mente?
Dovevamo partecipare ad uno spettacolo live con tanto di cartellone e l’organizzatore ci pressava perchè doveva includere il nome nella locandina. Continuava a ripetermi che dovevo dargli un nome, ma noi effettivamente non ci eravamo mai fermati a pensarne uno e poichè con la fretta non ci veniva gli risposi: “Mo cerco”. Pensa e ripensa da li il passo è stato breve. Lo abbiamo utilizzato prima come prova per quel cartellone, poi visto che suonava bene e la gente lo ricordava abbiamo deciso di adottarlo definitivamente.
Quanto è stato difficile farvi notare i primi anni, proprio per la vostra proposta così fuori standard?
Difficile e meraviglioso allo stesso tempo. Tutto è difficile, in ogni campo artistico proporre qualcosa di nuovo non è mai facile. All’inizio si è sempre guardati con il naso storto, però, se ci pensi, alla fine è come quando ami qualcuno che vive lontano da te. E’ difficile ma non smetti e vivi dell’adrenalina che ti da il solo pensiero di rivedersi, di starci assieme. Grazie a questa adrenalina abbiamo vinto serate in cui per suonare abbiamo montato e smontato finanche tre volte per sera gli strumenti, magari per cantare un quarto d’ora da una parte, poi una canzone sola da un’altra. Ed il giorno dopo si andava a lavorare… magari con due ore di sonno sulle spalle.
Che lavoro facevate?
Davide e Fabio sono insegnanti di musica entrambi mentre io lavoravo in una scuola di musica. L’argomento per fortuna era sempre quello.
Tanti i riferimenti nella vostra musica, ma se dovessi indicarmi l’artista simbolo per ognuno di voi tre chi mi diresti?
Sul fronte italiano la risposta è unanime: Jovanotti. Adoriamo quell’artista, le cose che fa, la maniera di stare sul palco, i suoi concerti che sono sempre eventi. Sul fornte internazionale i ragazzi hanno entrambi la passione per Radiohead e Muse, mentre il mio must è Skin, sia solista che con gli Skunk Anansie.
Cavolo! Hai potuto anche conoscerla benissimo con X Factor!
Infatti è stata una cosa meravigliosa poter anche verificare di persona che la persona Skin è bella quanto lo è l’artista.
Facciamo un gioco: non ti dico di rubarle qualcosa, perchè non si ruba a chi si ama, ma se ad esempio Skin non fosse mai esistita, cosa avresti voluto avere di suo di cui secondo te il pubblico non può fare a meno?
L’essere diretta e d’impatto. Skin è un’artista senza filtri in ogni canzone, in ogni nota. Live è sempre sul pezzo, tanto da lasciarti incantato mentre la guardi. E poi vogliamo parlare di come sta sul palco? Non può lasciare indifferenti.
Prima di diventare noti avevi mai provato a lavorare su pezzi suoi, riarrangiarli per portarli in giro live?
No assolutamente. Primo perchè non abbiamo mai avuto esigenza di fare cover, avendo sempre scritto molto e poi perchè sono del parere che qualcosa che reputi così bello non puoi toccarlo. Puoi anche provare a cantarlo ma non certo a riarrangiarlo. Fortuna che ad X Factor Fedez non ci abbia mai dato un pezzo suo. Credo avrei declinato.
Eppure vi siete presentati ad X Factor, dove l’esigenza primaria per andare avanti è realizzare delle cover…Quanto è stato complicato per voi misurarvi con la cosa?
E’ stato affascinante, come andare a scuola. La curiosità di sapere che pezzo ci veniva assegnato e poi studiare per renderlo nostro, affrontarlo e provare a vincerlo. Abbiamo sempre cercato di fare tutto a modo nostro ed in questo penso che ci siamo riusciti.
Sinceramente: non vi chiedono prima quali brani vorreste interpretare? E’ tutto così casuale?
Si, ti chiedono quali siano i tuoi riferimenti, dei pezzi che ti piacciono particolarmente, ma li sta la burla.. non te ne danno nemmeno uno! Certo ci ruotano attorno, però davvero, non ti danno nemmeno uno che sia uno dei brani o artisti segnalati. Noi poi ci siamo davvero confrontati con tante cose anche molto distanti da noi.
E tra le tante assegnazioni quale è stata quella che avete amato di più e quale di meno?
Di più probabilmente “The passengers”che inizialmente abbiamo pensato lontanissima da noi. Poi invece abbiamo trovato la nostra lettura ed è stato poi forse il pezzo che ci ha fatti notare, che ha dato il vero là alla nostra avventura. Di meno credo “Don’t speak” dei No Doubt, che è una canzone molto bella, che però ci mette tempo per esplodere.
Come ci siete arrivati voi ad X factor?
L’ultimo giorno! Pensa che non abbiamo nemmeno fatto le selezioni a Roma ma a Bologna. Non avevamo mai preso in considerazione l’idea, salvo poi all’improvviso decidere che poteva essere la strada. Quando abbiamo deciso di iscriverci era l’ultimo giorno possibile. Giusto in tempo per fortuna.
Cosa cercavate voi dallo show esattamente?
Nulla. Non credevamo nemmeno possibile arrivare a fare un percorso. Quello che volevamo era riuscire a fare uno o due passaggi in tv, anche solo ai provini. Non si ha idea di quanta gente riesce a lavorare non perchè è passata nei talent, ma perchè è stata vista ad un provino qui o ad uno li. Noi speravamo di portare a casa 5 minuti di gloria per fare poi serate con più facilità. Non pensavamo certo di arrivare fino alla semifinale, fino all’inedito.
Finalmente il vostro disco è finito. Quale è lo stile che avete scelto per questo importante traguardo?
Sicuramente il suo scheletro è elettropop. Dico pop anche perchè la stesura delle canzoni da me scritte rispetta quel canone con strofa/ inciso, strofa/inciso, bridge/inciso, ma chiaramente la matrice resta quella elettronica.
C’è già un singolo scelto a cui spetterà aprire le danze?
Lo sceglierà il nostro pubblico, i nostri fans.
Davvero? E in che modo?
Durante questi concerti di presentazione apriremo una linea whatsapp e coloro che sono presenti potranno inviarci messaggi con le loro preferenze ed impressioni. Il più acclamato sarà il nostro singolo ufficiale.
E’ una cosa carinissima!
Che non è la prima volta che facciamo. Anche per il video di “Elliott” avevamo ripreso i nostri fans sotto al palco ad un concerto. C’erano oltre 700 persone. E’ giusto che sia così. Vogliamo che siano vicini al nostro mondo ed alle nostre scelte sempre, o per lo meno il più possibile.
Cosa vorreste dicessimo noi critici del disco dopo la sua uscita?
Che si può considerare come la colonna sonora delle giornate delle persone. Io scrivo sempre cose relative alla mia vita e pensare che magari un giorno per strada qualcuno mi ferma per dire: “sai quella tua canzone ci ha fatto innamorare” oppure “quella canzone la non puoi capire quanto l’abbia cantata”, sarebbe la soddisfazione più grande.
Augurandovi i grandi spazi per il momento vi esibite ancora in piccoli club, spesso non attrezzati a sufficienza per proporre degnamente live una musica come la vostra. Come cercate di aggirare il problema?
Mamma quanto è vero! Diciamo che puntiamo a metterci del nostro. Per prima cosa a scegliere sempre un fonico all’altezza. Poi magari qualche strumento particolare lo portiamo noi e cerchiamo di non perdere mai le scenografie ed i giochi di luce che avvolgono il nostro palco. Pure 4 led, ma lo spettacolo deve essere completo, anche visivamente.
Ormai manca poco all’uscita del disco. Già puoi svelarci il titolo?
Non che non posso! Lo svelerò stasera durante il concerto. Anche in questo caso abbiamo dato indizi sui social, ma hanno indovinato solo una parola. L’altra è ancora nascosta!
Non ci resta che da augurare ad Elisa ed ai suoi Moseek di continuare a percorrere la strada della musica con la forza delle loro idee.