Roberta Di Mario è una pianista sopraffina e il 13 ottobre ha pubblicato il suo album Illegacy che segna il suo ritorno alla musica strumentale e pianistica dopo due album da cantautrice.
L’abbiamo incontrata e con lei abbiamo realizzato una interessante intervista per scoprire meglio il suo mondo musicale.
Ciao Roberta, partiamo dal titolo, come mai hai deciso di chiamare il tuo album Illegacy?
E’ un titolo rubato alla fantasia. Si tratta di un termine inventato che è l’unione di due parole: ‘Illegal‘ e ‘Legacy‘. L’idea parte da un concetto di musica illegale, quella che ti ruba il cuore. proprio come è successo a me quando scrivevo questi pezzi. Suonandoli sento ancora oggi le stesse emozioni e le stesse vibrazioni e ho voluto dichiararlo in un titolo. Per essere originale e per dare un senso di ciò che rappresenta per me questo album ho unito il termine ‘Legacy‘ che significa radici, eredità. Per me è un ritorno alle origini, al pianoforte, alla musica strumentale, ai tasti bianchi e neri dopo due album in cui mi sono dedicata alle canzoni e al cantautorato anche se il pianoforte aveva comunque un ruolo da protagonista.
Il disco si apre con Illegal Song. Io interpreto la scelta come una chiara dichiarazione di intenti.
Infatti nel primo brano volevo che ci fosse il significato di tutto il disco. Una musica che ti rapisce, una musica che è salvezza e che ti porta via. In questo racchiudo il termine ‘Illegal‘. La musica, infatti, ti può far uscire dalle regole e ti può portare in una dimensione lontana. Illegal Song è un brano che mi fa vibrare e in genere è il primo brano che suono quando faccio live o opening act. E’ un brano potente.
A livello di suoni e arrangiamenti, si tratta di un album che contiene archi suonati dal vivo, ma anche strumenti campionati. Come mai questa scelta?
Questo è un discorso di budget… Siccome non potevamo permetterci l’orchestra ci siamo affidati a Federico Mecozzi, un polistrumentista straordinario (che lavora anche con Ludovico Einaudi) che ha arrangiato gli archi e ha programmato i suoni. E’ un ragazzo molto giovane e ha un talento straordinario. Visto che il progetto sta andando bene, si spera di avere in futuro un’orchestra dal vivo che possa seguire arrangiamenti e melodie dei brani.
Io suono il pianoforte che ha già un’orchestra in sé, ma poter suonare con l’orchestra è un’esperienza unica che ho provato quando studiavo al Conservatorio.
L’album è composto da 10 tracce accompagnate da 10 videoclip. Non è azzardato dire che l’immagine prende forma…
Illegacy può essere tranquillamente definito come un visual album. Avevo bisogno di supportare la mia musica con immagini per dare ancora più valore. La musica è l’altra metà del cinema e avevo bisogno di potere trasformare queste melodie in immagine. In questo periodo sto iniziando a lavorare nel mondo cinematografico collaborando a colonne sonore ed è un lavoro affascinante. Tornando al mio album, abbiamo iniziato con un video che è un vero e proprio cortometraggio di stampo francese ambientato a Parigi, ma poi siamo passati al colore.
Volevamo che l’ascoltatore fosse catapultato in mondo che non fosse soltanto di suoni, ma anche di immagini.
Al momento ne abbiamo realizzati 5 e il prossimo, girato a Venezia, arriverà a breve per accompagnare il periodo natalizio. Siamo contenti di questo percorso visual che da unicità al progetto.
Come cambia la promozione tra un progetto cantautorale e uno strumentale?
Le tecniche e le dinamiche sono le stesse così come sono le stesse le forme di interlocuzioni. Poi sono diversi gli interlocutori. Con i brani strumentali è più difficile passare in radio, ma è più semplice in televisione. Però l’eccezione è dietro l’angolo e il mio ultimo singolo è entrato in programmazione su Radio Montecarlo.
Negli anni c’è stato un notevole sviluppo legato a progetti pianistici sempre più vicini al pop e il merito è di Giovanni Allevi e del suo staff. Lui ha portato un messaggio potente grazie a un’intuizione geniale. Io sono dentro questo mondo e ciò che mi colpisce è che il pubblico è trasversale e composto da molti giovani che non si limitano ad ascoltare. Alcuni chiedono notizie del disco e degli spartiti. Hanno voglia di interagire con le mani dentro la mia musica. Riesco a comprendere che è un progetto che arriva.